Sintesi per argomenti delle pronunce delle S.U. (01.06.2021-28.10.2021)

Sintesi per argomenti delle pronunce delle S.U.

(01.06.2021-28.10.2021  )

INDICE

Contrasti e questioni di massima ………………………………..   

Procedura in genere……………………………………………………….

Giurisdizione: il riparto …………………………………………………

  • Impiego e Sanità ………………………………………………………….. Espropriazioni, appalti, Servizi e beni pubblici …………………..
  • Corte dei conti  …………………………………………………………….
  • Tributario …………………………………………                         

Giurisdizione: diritto internazionale privato ……

Disciplinare avvocati e Albi  professionali       …………   

Disciplinare magistrati ………………………………………………….  

Acque pubbliche ……………………………………………………………..   

Contrasti e questioni di massima

n. 15911/21  – Rel. Napolitano

Processo civile – soppressione di Equitalia e istituzione di Agenzia delle entrate-Riscossione – notifica del ricorso al procuratore già costituito di Equitalia nel giudizio concluso con la sentenza impugnata – costituzione di Agenzia delle entrate-Riscossione – questione di massima di particolare importanza sollevata dalla Sesta Sezione con ordinanza interlocutoria n. 17710 del 2020 (RGN 25346/17). REL. 95/20.

Le Sezioni Unite dichiarano il ricorso inammissibile e, pronunciando su questioni di massima di particolare importanza, qualificano in termini di successione in universum ius la vicenda successoria intervenuta, a seguito dell’estinzione delle società del Gruppo Equitalia spa, tra Equitalia spa e Agenzia delle entrate Riscossione Spa, per effetto della quale l’Agenzia subentra nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del Gruppo Equitalia e assume la qualifica di agente della riscossione con i poteri e secondo le disposizioni di cui al titolo I, capo II e al titolo II, del dPR 602 del 1973, ed escludono che il suddetto fenomeno comporti la necessità dell’interruzione del processo, ai sensi degli artt. 299 e 300 c.p.c. Le SU danno inoltre continuità al principio, espresso da SU 4845 del 2021, secondo cui l’ultrattività del mandato in origine conferito al difensore dell’agente della riscossione, nominato e costituito nel giudizio concluso con la sentenza oggetto del ricorso per cassazione, non opera, ai fini della ritualità della notifica del ricorso avverso la sentenza pronunciata nei confronti dell’agente della riscossione originariamente parte in causa, poiché la cessazione di questo e l’automatico subentro del successore sono disposti da una norma di legge, qual è il d.l. n. 193 del 2016; pertanto, la notifica del ricorso eseguita al suo successore “ex lege”, cioè l’Agenzia dell’entrate – Riscossione, nei confronti di detto originario difensore è invalida ma tale invalidità integra una mera nullità, suscettibile di sanatoria, vuoi per spontanea costituzione dell’agenzia stessa, vuoi a seguito della rinnovazione della notifica, da eseguirsi, ove non già avvenuta, all’Agenzia stessa nella sua sede o al suo indirizzo pec.

n. 16080/21  – Rel. Stalla

Tributi – imposta di registro – negozio di cessione di cubatura – natura giuridica – individuazione – conseguenze impositive – questione di massima di particolare importanza sollevata dalla Sezione Sesta-trib. con ordinanza interlocutoria n. 19152 del 2020 (RGN 25485/18). REL. 6/21.

Le Sezioni Unite accolgono il ricorso e, pronunciando su questione di massima di particolare importanza, enunciano il principio secondo cui la cessione di cubatura, con la quale il proprietario di un fondo distacca in tutto o in parte la facoltà inerente al suo diritto dominicale di costruire nei limiti della cubatura assentita dal piano regolatore e, formandone un diritto a sé stante, lo trasferisce a titolo oneroso al proprietario di altro fondo urbanisticamente omogeneo, è atto immediatamente traslativo di un diritto edificatorio di natura non reale a contenuto patrimoniale; non richiedente la forma scritta ad substantiam ex art. 1350 c.c.; trascrivibile ex art. 2643, n. 2 bis, c.c.; assoggettabile ad imposta proporzionale di registro come atto “diverso” avente ad oggetto prestazione a contenuto patrimoniale ex art. 9 Tariffa Parte Prima allegata al dPR 131/86 nonché, in caso di trascrizione e voltura, ad imposta ipotecaria e catastale in misura fissa ex artt. 4 Tariffa allegata al d.vo 347/90 e    10, co. 2, del medesimo d.lvo.

n. 16084/21  – Rel. Torrice

Previdenza – trattamenti dei fondi pensionistici integrativi – erogazione da parte di datori di lavoro privati – cumulo degli accessori del credito – datore di lavoro sottoposto a liquidazione coatta amministrativa – natura privilegiata o meno del credito – questione rimessa dalla Prima Sezione, con ordinanza interlocutoria n. 10986 del 2020 (RGN 18592 del 2016), ai sensi dell’art. 374, terzo comma, cod. proc. civ., in dissenso rispetto a SU 6928 del 2018 (RGN 18592/16). REL. 109/20.

SU accolgono il primo motivo di ricorso e parzialmente il secondo rigettando il terzo, cassano e rinviano, risolvendo le questioni proposte dall’ordinanza interlocutoria della Prima Sezione n. 10986 del 2020 sulla base dei seguenti principi di diritto: (a) “nell’ambito della procedura della liquidazione coatta amministrativa, la mancata notifica da parte dell’opponente del decreto con il quale il giudice istruttore designato fissa, ai sensi dell’art. 87, comma 3, del d.lgs. 1 settembre 1993 n. 385, nel testo antecedente alle modifiche apportate dall’ art. 1, comma 29, del d.lgs. 16 novembre 2015, n. 181, l’udienza in cui i commissari e le parti devono comparire davanti a lui, e assegna il termine per la notificazione del ricorso e del decreto ai commissari e alle parti, non produce effetti preclusivi, allorché l’opponente non abbia avuto conoscenza del termine indicato per la notifica, perché la Cancelleria non gli ha comunicato il decreto citato”; (b) “i versamenti del datore di lavoro nei fondi di previdenza complementare – sia che il fondo abbia personalità giuridica autonoma, sia che consista in una gestione separata del datore stesso – hanno natura previdenziale e non retributiva.”; (c) “al credito correlato alle contribuzioni dei datori di lavoro ai Fondi di previdenza complementare, non è applicabile il divieto di cumulo di rivalutazione monetaria ed interessi previsto dall’art. 16, comma 6, della legge n. 412 del 1991, in quanto non è corrisposto da un ente gestore di forme di previdenza obbligatoria, ma da un datore di lavoro privato”; (d) “nella procedura della liquidazione coatta amministrativa, in virtù dell’art. 55 della L.F., dell’ art. 201 della stessa L.F., dell’ art. 83, comma 2, d.l.gs. 1° settembre 1993, n. 385, nel testo applicabile ratione temporis, il corso di interessi e di rivalutazione monetaria sui crediti non assistiti da privilegio deve arrestarsi alla data del provvedimento che ha disposto la liquidazione”.

n. 18486-18487-18488-18489-18490/21  – Rel. Conti

Immigrazione – protezione internazionale – procura alle liti apposta su foglio materialmente congiunto al ricorso – autenticazione del difensore limitata alla sottoscrizione dell’assistito – estensibilità alla data di rilascio – contrasto sollevato dalla Seconda Sezione con ordinanze interlocutorie n. 28208 e n. 28209 del 2020 (RGN 26228 del 2019 e RGN 25481 del 2019), nonché con ordinanze interlocutorie 29250 e 29251 del 2020 (RGN 21971 del 2019 e RGN 21970 del 2019)  e svariate altre.

Le Sezioni Unite hanno risolto il contrasto interpretativo insorto nella giurisprudenza della Corte, concernente le modalità di formulazione della procura speciale nei ricorsi per cassazione avverso sentenze concernenti il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria, ribadendo i seguenti principi, già enunciati da SU 15177 del 2021. L’art. 35 bis, c.13 d.lgs. n. 25/2008, nella parte in cui prevede che “La procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima”, ha richiesto, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, prevedendo una speciale ipotesi di “inammissibilità del ricorso”, nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore. La procura speciale per il ricorso per cassazione per le materie regolate dall’art. 35 bis, c. 13 d.lgs. n. 25/2008 e dalle disposizioni di legge successive che ad esse rimandano deve contenere in modo esplicito l’indicazione della data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato e richiede che il difensore certifichi, anche solo con una unica sottoscrizione, sia la data della procura successiva alla comunicazione che l’autenticità della firma del conferente. Le Sezioni Unite hanno osservato che la predetta interpretazione non può essere tacciata di formalismo alcuno, consentendo comunque di fare emergere il potere certificativo del difensore anche solo attraverso un’unica attestazione da parte del difensore, purché quest’ultimo abbia manifestato la volontà di asseverare formalmente che la procura rechi una data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato. Non occorre, infatti, che il difensore operi due autonome attestazioni, l’una relativa all’autentica della firma e l’altra alla certificazione della data, risultando sufficiente che anche solo attraverso un’unica asseverazione il difensore dia espressamente conto, anche senza l’uso di formule sacramentali, del fatto che la procura indichi una data successiva alla comunicazione, occorrendo soltanto che risulti in modo esplicito che detto difensore abbia asseverato l’esistenza di una data di rilascio in epoca successiva alla comunicazione del provvedimento. Le Sezioni Unite escludono la possibilità di una interpretazione diversa, a fronte della “lettera della norma” che “costituisce il limite cui deve arrestarsi anche l’interpretazione costituzionalmente orientata” e fugano anche ogni dubbio di compatibilità con il diritto dell’Unione Europea e con il diritto convenzionale. Infine, le Sezioni Unite enunciano l’ulteriore principio secondo cui il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dall’art. 13, comma 1-quater, d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla mancata presenza, all’interno della procura speciale, della data o della certificazione del difensore della sua posteriorità rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, va posto a carico della parte ricorrente e non del difensore, risultando la procura affetta da nullità e non da inesistenza.

n. 18298/21  – Rel. Napolitano

Tributi – definizione agevolata delle controversie – art. 6 del d.l. n. 199 del 2018 conv. in l. n. 136 del 2018 – ambito di applicazione – atto impositivo – nozione – cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato ex art. 36-bis d.p.r. n. 600 del 1973 – contrasto – sollevato dalla Sezione Tributaria con ordinanza interlocutoria n. 1913 del 2021 (RGN 26292 del 2013). REL. 18/21.

SU accolgono il ricorso della società controricorrente avverso il diniego di definizione agevolata della lite, dichiarando il giudizio estinto per cessazione della materia del contendere. A questa conclusione si perviene all’esito della risoluzione dell’evidenziato contrasto nella giurisprudenza della Sezione Tributaria, effettuata enunciando il seguente principio di diritto: “l’impugnazione della cartella di pagamento, con la quale l’amministrazione finanziaria liquida, in sede di controllo automatizzato, ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600/1973, le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dà origine a controversia definibile in forma agevolata, ai sensi dell’art. 6 del d.l. n. 119/2018, come convertito, con modificazioni, dalla legge n. 136/2018, quando detta cartella rappresenti il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente, essendo, come tale, impugnabile, ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. n. 546/1992, non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva”.

n. 19427/21  – Rel. Doronzo

Avvocato – compensi per prestazioni professionali – abrogazione del sistema delle tariffe professionali (d.l. n. 1 del 2012, conv. in l. n. 27 del 2012) – conseguenze – ammissibilità o meno del persistente ricorso al procedimento monitorio per richiedere i compensi professionali sulla base della parcella corredata dal parere di congruità rilasciato dal competente Consiglio dell’ordine – questione di particolare importanza – richiesta del Procuratore Generale della Corte di cassazione di enunciazione di principio nell’interesse della legge ex art. 363 cod. proc. civ. (RGN 21872/20). REL. 86/20.

SU decidendo sulla richiesta del Procuratore Generale della Corte di cassazione, ai sensi del primo comma dell’art. 363 cod. proc. civ. enunciano i seguenti principi di diritto: (a) in tema di liquidazione del compenso all’avvocato, l’abrogazione del sistema delle tariffe professionali per gli avvocati, disposta dal d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla legge 27 marzo 2012, n. 27, non ha determinato, in base all’art. 9 d.l. cit., l’abrogazione dell’art. 636 cod. proc. civ.; (b) anche a seguito dell’entrata in vigore del d.l. n. 1 del 2012, convertito dalla legge n. 27 del 2012, l’avvocato che intende agire per la richiesta dei compensi per prestazioni professionali può avvalersi del procedimento per ingiunzione regolato dagli artt.633 e 636 cod. proc. civ., ponendo a base del ricorso la parcella delle spese e prestazioni, munita della sottoscrizione del ricorrente e corredata dal parere della competente associazione professionale, parere che sarà rilasciato sulla base dei parametri per compensi professionali di cui alla legge 31 dicembre 2012, n. 247 nonché ai relativi decreti ministeriali attuativi.

n. 20691/21  – Rel. Lamorgese

Espropriazione per pubblica utilità – acquisizione sanante – disciplina ex art. 42 bis d.P.R. n. 327 del 2001 – occupazione senza titolo – importi dovuti al proprietario – natura indennitaria o risarcitoria – questione rimessa alle Sezioni Unite dalla Prima Sezione ai sensi dell’art. 374, terzo comma, cod. proc. civ. con ordinanza interlocutoria n. 29265 del 2020 (RGN 4216/17). REL. 22/21.

Le Sezioni Unite rigettano i ricorsi e, decidendo su questione di particolare importanza rimessa dalla 1 Sezione, enunciano i seguenti principi: 1) sono devolute al giudice ordinario e alla corte di appello, in unico grado, secondo una regola generale dell’ordinamento di settore per la determinazione giudiziale delle indennità espropriative, le controversie sulla determinazione e corresponsione dell’indennizzo dovuto per l’acquisizione del bene utilizzato dall’autorità amministrativa per scopi di pubblica utilità ex art. 42 bis t.u. del 2001, in considerazione della natura intrinsecamente indennitaria del credito vantato dal proprietario del bene e globalmente inteso dal legislatore, come un «unicum» non scomponibile nelle diverse voci, con l’effetto non consentito di attribuire una diversa e autonoma natura e funzione a ciascuna di esse; di conseguenza, l’attribuzione di una somma forfettariamente determinata a «titolo risarcitorio» (pari all’interesse del  cinque per cento annuo sul valore venale del bene, a norma del terzo comma dell’art. 42 bis) vale unicamente a far luce sulla genesi di uno degli elementi (il mancato godimento del bene per essere il cespite occupato «senza titolo» dall’amministrazione) che vengono in considerazione per la determinazione dell’indennizzo in favore del proprietario, il quale non fa valere una duplice legittimazione, cioè di soggetto avente titolo ora a un «indennizzo» (quando agisce per il pregiudizio patrimoniale, e non patrimoniale, conseguente alla perdita della proprietà del bene), ora a un «risarcimento» di un danno scaturito da un comportamento originariamente contra jus dell’amministrazione; appartengono invece alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie nelle quali sia dedotta la illegittimità in sé del provvedimento di acquisizione, per insussistenza dei requisiti previsti dalla legge, anche ai fini della valutazione delle attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che ne giustificano l’emanazione, in relazione ai contrapposti interessi privati e all’assenza di ragionevoli alternative alla sua adozione; 2) la ricostruzione in termini indennitari e le modalità di determinazione dell’indennizzo, anche per la pregressa occupazione illegittima del bene, nel procedimento di cui all’art. 29 d.lgs. n. 150 del 2011 dinanzi alla corte d’appello, in unico grado di merito, non sono suscettibili di arrecare un deficit di tutela né per l’amministrazione, per esserle preclusa la introduzione di azioni di rivalsa nei confronti di terzi, nell’ipotesi di concorso di più enti nella realizzazione dell’opera pubblica, trattandosi di una limitazione coerente con la natura del procedimento, ferma restando la facoltà di rivalersi in separato giudizio ordinario sul soggetto corresponsabile della pregressa occupazione illegittima; né per il privato, per essergli consentito di agire nei confronti della sola autorità che utilizza il bene immobile per scopi di interesse pubblico, essendo tale autorità, cui è affidato il pagamento dell’indennità, il suo creditore, né essendo precluso al privato di avviare un autonomo giudizio di danno, a tutela dei suoi diritti, per il periodo di occupazione illegittima, prima dell’adozione del provvedimento di cui all’art. 42 bis da parte della pubblica amministrazione; 3) la qualificazione in termini indennitari dell’indennizzo per la pregressa occupazione «senza titolo», nella misura del cinque per cento annuo sul valore venale del bene all’attualità, non è foriera di un deficit di tutela per le parti, avendo il legislatore previsto una clausola di salvaguardia che fa salva la prova di una diversa entità del danno, la cui applicazione è rimessa all’incensurabile valutazione del giudice di merito, il quale può modulare l’importo determinato dal legislatore in via forfettaria – in melius o in pejus – in sintonia con le istanze e le prove offerte dalle parti nel caso concreto.

n. 20761/21  – Rel. Scoditti

Edilizia residenziale pubblica – istanza di successione/subentro nell’alloggio – silenzio assenso – ammissibilità – presupposti e limiti – questione di massima di particolare importanza sollevata dalla Terza Sezione civile con          ordinanza interlocutoria n. 13856 del 2020 (RGN 10842/18). REL. 99/20.

Le Sezioni Unite rigettano il primo motivo di ricorso ed enunciano, su questione di massima di particolare importanza, il principio secondo cui, in relazione ad istanza di subentro nell’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica destinati all’assistenza abitativa e ampliamento del nucleo familiare, non trova applicazione l’istituto del silenzio-assenso previsto dall’art. 20 legge n. 241 del 1990, stante la natura di diritto soggettivo della posizione corrispondente al subentro nell’assegnazione, che fa escludere il rilievo della problematica del silenzio-assenso che è configurabile, in presenza di interessi legittimi, quando nel silenzio è configurabile un provvedimento tacito per il mancato esercizio dell’attività amministrativa, come si evince anche dal rinvio nell’art. 20 agli artt. 21 quinquies e nonies, rispettivamente, in tema di revoca e annullamento d’ufficio del provvedimento. Le SU rimettono alla sezione ordinaria l’esame degli altri motivi di ricorso.

n. 21761/21  – Rel. Valitutti

Separazione e divorzio – accordi di separazione e divorzio – trasferimenti diretti di beni immobili – ammissibilità o meno – verifica di conformità ipocatastale da parte del notaio – necessità o meno – questione di massima di particolare importanza sollevata dalla prima Sezione con ordinanza interlocutoria n. 3089 del 2020 (RGN 19396/17). REL. 8/21.

Le Sezioni Unite accolgono il ricorso con rinvio e, a risoluzione di una questione di massima di particolare importanza, affermano i seguenti principi di diritto: le clausole dell’accordo di divorzio a domanda congiunta, o di separazione consensuale, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni mobili o immobili, o di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi, o dei figli, al fine di assicurarne il mantenimento, sono valide; il suddetto accordo di divorzio o di separazione, in quanto inserito nel verbale di udienza redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è stato attestato, assume forma di atto pubblico ai sensi e per gli effetti dell’art. 2699 c.c. e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo la sentenza di divorzio resa ai sensi dell’art. 4, comma 16, della legge n. 898 del 1970 che, in relazione alle pattuizioni aventi ad oggetto le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici, ha valore di pronuncia dichiarativa, ovvero dopo l’omologazione che lo rende efficace, valido titolo per la trascrizione ex art. 2657 c.c.; la validità dei trasferimenti presuppone l’attestazione del cancelliere che le parti abbiano prodotto gli atti e rese le dichiarazioni di cui all’art. 29, comma 1 bis, legge n. 52 del 1985, mentre non produce la nullità del trasferimento il mancato compimento, da parte dell’ausiliario, dell’ulteriore verifica soggettiva circa l’intestatario catastale dei beni e la sua conformità alle risultanze dei registri immobiliari.

n. 21763/21  – Rel. Carrato

Processo civile – sospensione per pregiudizialità ex art. 295 cod. proc. civ. – giudizio pregiudicante deciso con sentenza impugnata non passata in giudicato – sospensione ex art. 337 cod. proc. civ. – sospensione necessaria e facoltativa – rapporti – differenze – questione di massima di particolare importanza sollevata dalla Sesta-3 Sezione con ordinanza interlocutoria n. 362 del 2021 (RGN 38285/19). REL. 31/21

Le Sezioni Unite dichiarano inammissibile il proposto regolamento di competenza ed enunciano, a norma dell’art. 363, co. 3, c.p.c., il principio di diritto secondo cui, salvi i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta da una disposizione normativa specifica, che richieda di attendere la pronuncia con efficacia di giudicato sulla causa pregiudicante, quando fra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità tecnica e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato non può ritenersi obbligatoria ex art. 295 c.p.c. (e, se disposta, può essere proposta subito istanza di prosecuzione ex art. 297 c.c.), ma può essere adottata, in via facoltativa, ai sensi dell’art. 337, comma 2, c.p.c.

n. 21764/21  – Rel. Marotta

Lavoro e previdenza – ufficio stampa ai sensi della legge n. 150 del 2000 – personale iscritto all’albo dei giornalisti – contributi previdenziali – versamento – ente previdenziale destinatario – INPS o INPGI – questione di massima di particolare importanza sollevata dalla Sezione lavoro con ordinanza interlocutoria n. 27173 del 2020 (RGN 12853/15). REL. 27/21

Le Sezioni Unite, a risoluzione di una questione di massima di particolare importanza, enunciano il principio di diritto secondo cui deve essere considerata giornalistica l’attività svolta nell’ambito dell’ufficio stampa di cui alla legge n. 150 del 2000 per la quale il legislatore ha richiesto il titolo dell’iscrizione all’albo professionale e previsto un’area speciale di contrattazione con la partecipazione delle oo.ss. dei giornalisti; in presenza dello svolgimento di attività giornalistica, l’iscrizione all’INPGI ha portata generale a prescindere dalla natura pubblica o privata del datore di lavoro e dal contratto collettivo applicabile al rapporto. Di conseguenza, le Sezioni Unite rigettano il ricorso avverso la sentenza impugnata che aveva condannato una Azienda USL a versare all’INPGI i contributi non versati dall’Azienda sul presupposto che l’attività di due lavoratori non fosse di tipo giornalistico.

n. 21765/21  – Rel. Perrino

Tributi – credito d’imposta – mancato esercizio del potere impositivo nel termine di decadenza – consolidamento del credito – esclusione – credito IVA – specificità dell’imposta – conseguenze – questione di massima di particolare importanza sollevata dalla Sezione Tributaria con ordinanza interlocutoria n. 15525 del 2020 (NRG 25961/16) e con ordinanza interlocutoria n. 20842 del 2020 (RGN 25785/15). REL. 92/20.

Le Sezioni Unite rigettano il ricorso e, a risoluzione di una questione di massima di particolare importanza, affermano il principio di diritto, secondo cui, in tema di rimborso dell’eccedenza detraibile di iva, l’amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente in dichiarazione, che non derivi dalla sottostima dell’imposta dovuta, anche qualora siano scaduti i termini per l’esercizio del potere di accertamento o di rettifica dell’imponibile e dell’imposta dovuta, senza che abbia adottato alcun provvedimento

n. 21766/21  – Rel. Perrino

Tributi – credito d’imposta – mancato esercizio del potere impositivo nel termine di decadenza – consolidamento del credito – esclusione – credito IVA – specificità dell’imposta – conseguenze – questione di massima di particolare importanza sollevata dalla Sezione Tributaria con ordinanza interlocutoria n. 15525 del 2020 (NRG 25961/16) e con ordinanza interlocutoria n. 20842 del 2020 (RGN 25785/15). REL. 92/20.

Le Sezioni Unite accolgono il ricorso con rinvio e, a risoluzione di una questione di massima di particolare importanza, affermano il principio di diritto secondo cui, in tema di rimborso dell’eccedenza detraibile di iva, l’amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente in dichiarazione, che non derivi dalla sottostima dell’imposta dovuta, anche qualora siano scaduti i termini per l’esercizio del potere di accertamento o di rettifica dell’imponibile e dell’imposta dovuta, senza che abbia adottato alcun provvedimento.

n. 21983/21  – Rel. Scarano

Circolazione stradale –  art. 122 codice ass. private – circolazione su aree equiparate alle strade di uso pubblico – nozione – estensione – questione di massima di particolare importanza sollevata dalla Terza Sezione con ordinanza interlocutoria n. 33675 del 2019 (RGN 4821/18). REL. 26/20.

SU − dichiarata l’inammissibilità del primo motivo per sopravvenuta carenza di interesse derivante dalla espressa rinuncia ad esso effettuata in udienza da parte dei difensori dei ricorrenti − accolgono gli altri motivi di ricorso. A tale conclusione si perviene affermandosi che ai fini dell’operatività della garanzia per R.C.A., l’art. 122 del codice delle assicurazioni private deve essere interpretato conformemente al diritto dell’Unione europea e alla giurisprudenza della Corte di giustizia UE nel senso che rientra nella nozione di circolazione dei veicoli in aree equiparate alle strade di uso pubblico quella effettuata in ogni spazio ove il veicolo possa essere utilizzato in modo conforme alla sua funzione abituale. Pertanto, ai fini della determinazione dell’estensione della copertura assicurativa per la R.C,A., è l’utilizzazione del veicolo in modo “conforme alla propria funzione abituale” ad assumere fondamentale rilievo costituendo, in luogo di quello del «numero indeterminato di persone», il criterio di equiparazione alle strade di uso pubblico di ogni altra area o spazio ove sia avvenuto un sinistro.

n. 24413/21  – Rel. Cosentino

Immigrazione – protezione internazionale – protezione umanitaria – presupposti – valutazione comparativa tra integrazione sociale raggiunta in Italia e situazione del Paese di origine – effettivo radicamento nel territorio italiano – rilevanza – questione di massima di particolare importanza sollevata dalla Sesta-1 Sezione civile con ordinanza interlocutoria n. 28316 del 2020 (RGN 10188/20). REL. 25/21

Le Sezioni Unite, pronunciando su questione di massima di particolare importanza, hanno affermato il seguente principio di diritto:

– In base alla normativa del T.U. Imm. anteriore alle modifiche introdotte dal d.l. n. 113 del 2018, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, occorre operare una valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta in Italia. Tale valutazione comparativa dovrà essere svolta attribuendo alla condizione soggettiva e oggettiva del richiedente nel Paese d’origine un peso tanto minore quanto maggiore risulti il grado di integrazione che il richiedente dimostri di aver raggiunto nel tessuto sociale italiano. Situazioni di deprivazione dei diritti umani di particolare gravità nel Paese d’origine possono fondare il diritto del richiedente alla protezione umanitaria anche in assenza di un apprezzabile livello di integrazione del medesimo in Italia. Per contro, quando si accerti che tale livello sia stato raggiunto, se il ritorno in Paesi d’origine rende probabile un significativo scadimento delle condizioni di vita privata e/o familiare, sì da recare un vulnus al diritto riconosciuto dall’art. 8 della Convenzione EDU, sussiste un serio motivo di carattere umanitario, ai sensi dell’art. 5 T.U. cit., per riconoscere il permesso di soggiorno.

24414/21  – Rel. Giusti

Lavoro – deliberato dell’assemblea degli studenti volto a garantire l’affissione del crocifisso durante lo svolgimento delle lezioni in un istituto professionale – disposizione del dirigente scolastico di rispettare il predetto deliberato – rimozione del crocifisso prima dell’inizio della lezione da parte del docente – legittimità o meno – valutazione – criteri – discriminazione indiretta derivante dalla predetta disposizione – configurabilità o meno – questione di massima di particolare importanza sollevata dalla Sezione lavoro con ordinanza interlocutoria n. 19618 del 2020 (RGN 11794/15). REL N. 106/21

Le Sezioni Unite, pronunciando su questione di massima di particolare importanza, hanno affermato i seguenti principi di diritto:

– In base alla Costituzione repubblicana, ispirata al principio di laicità dello Stato e alla salvaguardia della libertà religiosa positiva e negativa, non è consentita, nelle aule delle scuole pubbliche, l’affissione obbligatoria, per determinazione dei pubblici poteri, del simbolo religioso del crocefisso.

– L’art. 118 del r.d. n. 965 del 1924, che comprende il crocefisso tra gli arredi scolastici, deve essere interpretato in conformità alla Costituzione e alla legislazione che dei principi costituzionali costituisce svolgimento e attuazione, nel senso che la comunità scolastica può decidere di esporre il crocefisso in aula con valutazione che sia frutto del rispetto delle convinzioni di tutti i componenti della medesima comunità, ricercando un “ragionevole accomodamento” tra eventuali posizioni difformi.

– E’ illegittima la circolare del dirigente scolastico che, nel richiamare tutti i docenti della classe al dovere di rispettare e tutelare la volontà degli studenti, espressa a maggioranza in assemblea, di vedere esposto il crocefisso nella loro aula, non cerchi un ragionevole accomodamento con la posizione manifestata dal docente dissenziente.

– L’illegittimità della circolare determina l’invalidità della sanzione disciplinare inflitta al docente dissenziente per aver egli, contravvenendo all’ordine di servizio contenuto nella circolare, rimosso il crocefisso dalla parte dell’aula all’inizio delle sue lezioni, per poi ricollocarlo al suo posto alla fine delle medesime.

– Tale circolare, peraltro, non integra una forma di discriminazione a causa della religione nei confronti del docente, e non determina pertanto le conseguenze di natura risarcitoria previste dalla legislazione antidiscriminatoria, perché, recependo la volontà degli studenti in ordine alla presenza del crocefisso, il dirigente scolastico non ha connotato in senso religioso l’esercizio della funzione pubblica di insegnamento, né ha condizionato la libertà di espressione culturale del docente dissenziente.

n. 25478/21  – Rel. Cirillo

Esecuzione forzata – opposizione all’esecuzione – sopravvenuta caducazione del titolo – rilievo d’ufficio indipendente dai motivi di opposizione – cessazione della materia del contendere – regolazione delle spese processuali – esecuzione forzata intrapresa senza la normale prudenza – danni conseguenti – giudice competente all’accertamento – individuazione – contrasto e questione di massima sollevati dalla Terza Sezione civile con ordinanza interlocutoria n. 6422 del 2020 (RGN 3322/17). REL N. 53/20.

Le S.U. accolgono il ricorso incidentale, assorbito quello principale, cassano la sentenza impugnata senza rinvio perché il processo non poteva essere proseguito e compensano integralmente tra le parti le spese del giudizio di appello e quelle del giudizio di cassazione.

Risolvendo il contrasto di giurisprudenza e la questione di massima di particolare importanza rimesse dall’ordinanza interlocutoria, le S.U. enunciano nell’interesse della legge, ai sensi dell’art. 363 c.p.c., i seguenti principi di diritto:

«In caso di esecuzione forzata intrapresa sulla base di un titolo giudiziale non definitivo, la sopravvenuta caducazione del titolo per effetto di una pronuncia del giudice della cognizione (nella specie: ordinanza di convalida di sfratto successivamente annullata in grado di appello) determina che il giudizio di opposizione all’esecuzione si debba concludere non con l’accoglimento dell’opposizione, bensì con una pronuncia di cessazione della materia del contendere; per cui il giudice di tale opposizione è tenuto a regolare le spese seguendo il criterio della soccombenza virtuale, da valutare in relazione ai soli motivi originari di opposizione».

«L’istanza con la quale si chieda il risarcimento dei danni, ai sensi dell’art. 96, secondo comma, cod. proc. civ., per aver intrapreso o compiuto l’esecuzione forzata senza la normale prudenza, in forza di un titolo esecutivo di formazione giudiziale non definitivo, successivamente caducato, deve essere proposta, di regola, in sede di cognizione, ossia nel giudizio in cui si è formato o deve divenire definitivo il titolo esecutivo, ove quel giudizio sia ancora pendente e non vi siano preclusioni di natura processuale. Ricorrendo, invece, quest’ultima ipotesi, la domanda andrà posta al giudice dell’opposizione all’esecuzione; e, solamente quando sussista un’ipotesi di impossibilità di fatto o di diritto alla proposizione della domanda anche in sede di opposizione all’esecuzione, potrà esserne consentita la proposizione in un giudizio autonomo».

Procedura in genere

n. 15177/2021  –  Rel. Conti

Immigrazione – protezione internazionale – procura alle liti apposta su foglio materialmente congiunto al ricorso – autenticazione del difensore limitata alla sottoscrizione dell’assistito – estensibilità alla data di rilascio – contrasto sollevato dalla Seconda Sezione con ordinanze interlocutorie n. 28208 e n. 28209 del 2020 (RGN 26228 del 2019 e RGN 25481 del 2019), nonché con ordinanze interlocutorie 29250 e 29251 del 2020 (RGN 21971 del 2019 e RGN 21970 del 2019) e dalla Prima Sezione con ordinanze interlocutorie n. 5213 e n. 5214 del 2021 (RGN 17066 del 2019 e 17070 del 2019).

Le Sezioni Unite hanno risolto il contrasto interpretativo insorto nella giurisprudenza della Corte, concernente le modalità di formulazione della procura speciale nei ricorsi per cassazione avverso sentenze concernenti il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria, enunciando i seguenti principi. L’art. 35 bis, c.13 d.lgs. n. 25/2008, nella parte in cui prevede che “La procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima”, ha richiesto, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, prevedendo una speciale ipotesi di “inammissibilità del ricorso”, nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore. La procura speciale per il ricorso per cassazione per le materie regolate dall’art. 35 bis, c. 13 d.lgs. n. 25/2008 e dalle disposizioni di legge successive che ad esse rimandano deve contenere in modo esplicito l’indicazione della data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato e richiede che il difensore certifichi, anche solo con una unica sottoscrizione, sia la data della procura successiva alla comunicazione che l’autenticità della firma del conferente. Le Sezioni Unite hanno osservato che la predetta interpretazione non può essere tacciata di formalismo alcuno, consentendo comunque di fare emergere il potere certificativo del difensore anche solo attraverso un’unica attestazione da parte del difensore, purché quest’ultimo abbia manifestato la volontà di asseverare formalmente che la procura rechi una data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato. Non occorre, infatti, che il difensore operi due autonome attestazioni, l’una relativa all’autentica della firma e l’altra alla certificazione della data, risultando sufficiente che anche solo attraverso un’unica asseverazione il difensore dia espressamente conto, anche senza l’uso di formule sacramentali, del fatto che la procura indichi una data successiva alla comunicazione, occorrendo soltanto che risulti in modo esplicito che detto difensore abbia asseverato l’esistenza di una data di rilascio in epoca successiva alla comunicazione del provvedimento. Le Sezioni Unite escludono la possibilità di una interpretazione diversa, a fronte della “lettera della norma” che “costituisce il limite cui deve arrestarsi anche l’interpretazione costituzionalmente orientata” e fugano anche ogni dubbio di compatibilità con il diritto dell’Unione Europea e con il diritto convenzionale. Infine, le Sezioni Unite enunciano l’ulteriore principio secondo cui il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dall’art. 13, comma 1-quater, d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla mancata presenza, all’interno della procura speciale, della data o della certificazione del difensore della sua posteriorità rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, va posto a carico della parte ricorrente e non del difensore, risultando la procura affetta da nullità e non da inesistenza.

n. Ord. 19426/21  – Rel. Napolitano

Revocazione – sentenza delle SU n. 19366 del 2019 – ricorso per revocazione  del Fallimento Palcitric spa – controricorso del Ministero dell’economia (RGN 7060/20).

SU dichiarano il ricorso inammissibile. A tale conclusione si perviene sul principale rilievo secondo cui il ricorso proposto da parte ricorrente per la revocazione dell’ordinanza delle stesse SU n. 19366 del 2019, in sostanza, si traduce nella richiesta di un’ulteriore valutazione di merito rispetto a quella compiuta dal TSAP nella sentenza, sulla cui impugnazione è intervenuta la citata delle SU, laddove quest’ultima ebbe già a dichiarare inammissibile per “doppia conforme”, ai sensi dell’art. 348-ter, quinto comma, cod. proc. civ., in relazione al comma precedente della citata norma, il motivo, in quella sede addotto dall’attuale ricorrente avverso l’impugnata sentenza del TSAP, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.5, cod. proc. civ., nella sua formulazione attualmente vigente. Le SU sottolineano, altresì, che ciò è indirettamente confermato dalla avvenuta allegazione, da parte del ricorrente, di una relazione tecnica di un perito di parte di descrizione dello stato dei luoghi per cui è causa all’attualità, del pari inammissibile esulando dai limiti entro i quali la produzione di nuovi documenti è consentita, ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ., dinanzi alla Corte di cassazione, trattandosi di relazione tecnica redatta successivamente al giudizio conclusosi con l’ordinanza della quale impugnata per revocazione e non attinente alla valutazione dell’ammissibilità del ricorso.

n. 21985/21  – Rel. Criscuolo

Procedimento civile – amministrazione di sostegno – art. 720-bis cod. proc. civ. – competenza della corte d’appello in sede di reclamo – estensione ai soli provvedimenti decisori del giudice tutelare o anche a quelli ordinatori – rilevanza ai fini della ricorribilità in cassazione – contrasto sollevato dalla VI-1 Sezione con ordinanza interlocutoria n. 17833 del 2020. (RGN 18498/19)

SU, a soluzione dell’evidenziato contrasto di giurisprudenza, dichiarano la competenza della Corte d’appello di Catania per il reclamo proposto avverso il decreto del giudice tutelare del Tribunale di Siracusa in oggetto, davanti alla quale rimettono le parti. Si afferma che alle questioni complessivamente poste dall’ordinanza di rimessione della Sesta Sezione civile debba essere fornita una risposta articolata, e soprattutto diversificata, non potendo tout court accomunarsi sulla base del medesimo presupposto il profilo dell’’individuazione del giudice competente per il reclamo con quello della ricorribilità per cassazione del provvedimento emesso. La prima questione viene risolta sulla base del seguente principio di diritto: “i decreti del giudice tutelare in materia di amministrazione di sostegno sono reclamabili ai sensi dell’art. 720-bis, secondo comma, cod. proc. civ. unicamente dinanzi alla corte d’appello, quale che sia il loro contenuto (decisorio ovvero gestorio o misto)”. Tuttavia, l’affermazione circa la generalizzata competenza della Corte d’appello quale giudice del reclamo non implica altresì che debba trarsi dalla stessa la conclusione circa l’altrettanto generalizzata ammissibilità del ricorso per cassazione avverso tutti i decreti emessi in sede di reclamo, in quanto al diverso fine di individuare quali siano i provvedimenti ricorribili, la lettera della legge impone in ogni caso la verifica del carattere della decisorietà, quale tradizionalmente elaborato nella giurisprudenza della Corte di cassazione ed inteso quale connotato intrinseco dei provvedimenti suscettibili appunto di essere sottoposti al vaglio del giudice di legittimità.

Giurisdizione: il riparto

Impiego e sanità-previdenza ed assistenza

n. 15762/21  – Rel. Rubino

Pubblico impiego – magistrato ordinario con funzioni di Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Siracusa impugna decreto del Ministero della giustizia che dichiara la decadenza dall’impiego per assenza ingiustificata dal servizio per più di quindici giorni – il magistrato propone personalmente ricorso per cassazione affidato a tredici motivi (RGN 28671/2020).

SU dichiarano il ricorso inammissibile per plurime ragioni. In primo luogo, si rileva che il ricorso è stato proposto dalla parte personalmente mentre, per effetto della modifica dell’art. 613 cod.proc.pen., operata dall’art. 1, comma 63, della legge 23 giugno 2017, n. 103 (con decorrenza dal 3 agosto 2017), è stata eliminata la possibilità per la parte di presentare ricorso personalmente dinanzi alla Corte di cassazione. Tale modifica riguarda non solo la disciplina generale del codice di rito, ma anche le previsioni speciali contenute nel medesimo codice ovvero in altre leggi e quindi si applica anche alle impugnazioni dei provvedimenti disciplinari emessi nei confronti dei magistrati ordinari, regolati, in relazione alla fase introduttiva, dalle norme del codice di procedura penale, senza che ciò, peraltro, possa dar luogo a profili di violazione di norme costituzionali e convenzionali, visto che secondo quanto affermato dalla Corte di Strasburgo, gli Stati contraenti sono liberi nella scelta dei mezzi idonei per l’applicazione nel loro sistema giudiziario del diritto all’autodifesa stabilito dalla CEDU, onde garantirne la conformità con i principi dell’equo processo. A ciò si aggiunge – come ulteriore profilo di inammissibilità − che la ricorrente ha impugnato un provvedimento amministrativo, in particolare il decreto del Ministero della Giustizia, con il quale si è dichiarata la propria decadenza dall’impiego, per essere rimasta ingiustificatamente assente dall’ufficio per un periodo superiore a quindici giorni con la presupposta delibera del CSM di verifica della sussistenza dei presupposti di legge per la decadenza. Ebbene, per consolidata giurisprudenza, la pronuncia di decadenza non ha natura disciplinare. Ne consegue che la decadenza, pur dovendo essere adottata con le garanzie proprie dei procedimenti disciplinari, deve essere impugnata dinanzi al giudice amministrativo e non può invece essere impugnata dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di cassazione, che sono il giudice dell’impugnazione dei provvedimenti disciplinari adottati dalla Sezione disciplinare del CSM nei confronti dei magistrati. Da ultimo, si sottolinea che nel ricorso non è indicato chiaramente se vengono impugnati solo i provvedimenti amministrativi suddetti o se, accomunandoli nell’effetto pregiudizievole complessivo di averne determinato la decadenza dall’impiego, la ricorrente abbia inteso contestare anche la precedente misura cautelare facoltativa di sospensione dalle funzioni e dallo stipendio adottata dal CSM. Peraltro, rispetto a questo provvedimento, disciplinare, il ricorso sarebbe in ogni caso tardivo, perché notificato ampiamente oltre i dieci giorni dal relativo deposito.

n. Ord. 16086/21  – Rel. Torrice

Lavoro pubblico – azione proposta in sede cautelare davanti al G.O., da parte di un vincitore del concorso per dirigente scolastico, allo scopo di vedersi riconoscere il diritto, ai sensi dell’art. 33 della legge n. 104 del 1992, alla scelta della sede di destinazione nella Regione Campania o in una Regione viciniore – il ricorso viene accolto dal giudice in sede cautelare, ma il Tribunale in sede di reclamo ha accolto l’eccezione del MIUR e ha dichiarato la giurisdizione del giudice amministrativo – l’interessato promuove la causa di merito davanti al G.O. e richiede il regolamento preventivo di giurisdizione per ottenere il riconoscimento della sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario (RGN 25765/20).

SU dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario, dopo aver ribadito, in tema di ammissibilità del regolamento preventivo di giurisdizione, i consolidati principi secondo cui: (a) il regolamento preventivo di giurisdizione può essere proposto anche dall’attore in presenza di ragionevoli dubbi sui limiti esterni della giurisdizione del giudice adito, e, dunque, di un interesse concreto ed immediato alla risoluzione della questione in via definitiva, da parte delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, per evitare che vi possano essere successive modifiche della giurisdizione nel corso del giudizio, con conseguente ritardo della definizione della causa: (b) l’ammissibilità del regolamento preventivo non è esclusa dalla decisione del giudice ordinario in sede cautelare perché il provvedimento cautelare in corso di causa non costituisce sentenza, neppure quando risolva contestualmente la questione di giurisdizione, tranne che per i casi in cui la questione medesima sia stata riferita al solo procedimento cautelare e il regolamento sia stato proposto per ragioni che attengono ad esso in via esclusiva, evenienza questa che qui non si verifica perché la questione posta con il presente regolamento non è riferita al procedimento cautelare, ma riguarda il merito delle domande proposte dinanzi al giudice ordinario. Tale questione viene risolta nel senso della sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario, in continuità con un indirizzo già espresso dalle SU in analoga fattispecie, sul principale argomento secondo cui nella controversia in esame il thema decidendum non investe affatto la procedura concorsuale vittoriosamente superata dal ricorrente, ma la fase successiva, che attiene alla individuazione della sede di destinazione ed alla stipulazione del contratto di lavoro a tempo indeterminato, situazioni rispetto alle quali l’interessato fa valere il proprio diritto − che sorge con l’assunzione al lavoro e, dunque, in un momento successivo all’esaurimento della procedura concorsuale − alla scelta della sede di lavoro (più vicina al proprio domicilio).

n. 16489/21  – Rel. Garri

Impiego pubblico – Avvocatura generale dello Stato – procedura di nomina del Vice Avvocato Generale dello Stato – nomina dell’Avvocato Carlo Sica – il concorrente Avvocato Giuseppe Albenzio impugna – il Tar Lazio accoglie l’appello della Presidenza del Consiglio e rigetta l’appello incidentale – l’Avvocato Giuseppe Albenzio ricorre deducendo violazione dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa – la Presidenza del consiglio dei ministri e l’Avvocato Sica resistono con controricorsi (RGN 4693/19).

SU rigettano il ricorso. A tale conclusione si perviene ribadendo il consolidato principio secondo cui l’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore è configurabile solo qualora il giudice speciale abbia applicato non la norma esistente ma una norma da lui creata, esercitando un’attività di produzione normativa che non gli compete mentre non è tale l’esercizio della funzione propria del giudice (nella specie: amministrativo) di rinvenimento della regula juris applicabile, con la precisazione che l’eventuale mancata o inesatta applicazione di una norma di legge si configura, al più, come error in judicando come tale non comportante un’invasione della sfera di attribuzione del potere legislativo sindacabile dalla Corte di cassazione. SU precisano che, nella specie, il Consiglio di Stato ha esattamente ricostruito i termini di svolgimento della procedura di nomina dell’Avvocato generale aggiunto dell’Avvocatura dello Stato, specificando che il Consiglio degli Avvocati e Procuratori dello Stato aveva espresso il suo parere in senso conforme a quella che poi era stata la proposta dell’Avvocato generale. Tale ricostruzione è stata fatta sulla base di un procedimento di interpretazione del complesso meccanismo che la legge prevede per la suddetta nomina di cui è stata verificata l’applicazione in concreto sotto tutti i profili −ivi compresa l’anzianità di servizio – nell’esercizio dell’attività di interpretazione dei fatti e delle disposizioni di legge applicabili nel caso concreto che appartiene tipicamente all’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo, nella specie esercitata restando all’interno dei limiti che le sono propri

n. 20041/21  – Rel. Garri

Lavoro pubblico – impugnazione in G.A., da parte di avvocato dipendente del Comune di Castellamare di Stabia, del provvedimento col quale il Ministro dell’interno ha invitato il Sindaco del Comune a rimuovere quel dipendente dall’incarico di dirigente del primo settore comunale, con destinazione ad altro incarico, nonché degli atti conseguenti, ivi compresa la nomina di altro dipendente al posto precedentemente ricoperto – il TAR declina la giurisdizione, ritenendo sussistente la giurisdizione del G.O. – riassunto il giudizio, il Tribunale ordinario accoglie la domanda e la Corte d’appello riforma, declinando la giurisdizione in favore del G.A. – ricorso per conflitto negativo di giurisdizione (art. 362, secondo comma, n. 1, c.p.c.) (RGN 15099/19).

Le Sezioni Unite rigettano il ricorso del dipendente comunale e dichiarano la giurisdizione del giudice amministrativo su domanda di impugnazione degli atti amministrativi assunti dal Ministero dell’interno, sulla cui base un comune aveva disposto la revoca del dipendente da incarico dirigenziale e l’assegnazione ad altre funzioni, escludendo la possibilità di ravvisare un giudicato sulla giurisdizione del giudice ordinario nella sentenza non impugnata del giudice amministrativo che aveva declinato la giurisdizione, cui era seguita la riassunzione della causa dinanzi al giudice ordinario che, con sentenza della corte d’appello impugnata per cassazione, aveva declinato la giurisdizione a favore del giudice amministrativo.

n. Ord. 20821/21  – Rel. Tricomi

Consiglio di Stato – Decadenza dai ruoli dirigenziali del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali (MIPAAF) con contestuale risoluzione del rapporto individuale di lavoro di assunzione a tempo indeterminato con qualifica di Dirigente di II fascia, per inidoneità del titolo di studio posseduto – Proposizione di un primo ricorso al TAR Lazio, che si dichiara privo di giurisdizione – Tale pronuncia viene riformata dal Consiglio di Stato e il TAR Lazio, in sede di riassunzione, respinge il ricorso – Tale decisione viene confermata dal Consiglio di Stato con la sentenza cui si riferisce il presente ricorso – Con tale ricorso si denunciano il difetto assoluto di giurisdizione per “sconfinamento e invasione” nella sfera del merito amministrativo nonché diniego di giustizia ex art. 24 Cost. (RGN 5848/20).

SU dichiarano inammissibile il ricorso in quanto le censure proposte, lungi dal dimostrare la ricorrenza di un’ipotesi di travalicamento della giurisdizione amministrativa per invasione della sfera di potere della pubblica amministrazione, hanno ad oggetto le valutazioni operate dal giudice amministrativo in ordine alla legittimità del provvedimento di destituzione e all’individuazione del thema decidendum e della normativa da applicare. I vizi prospettati, pertanto, si riferiscono ad attività che costituiscono il proprium della funzione giurisdizionale e che, quindi, non possono dar luogo ad uno sconfinamento da parte del giudice amministrativo nell’area riservata alla discrezionalità della pubblica amministrazione.

n. Ord. 21966-21967/21  – Rel. Marotta

Consiglio di Stato – Insegnanti tecnico-pratici (ITP) domanda di inserimento nella II fascia delle graduatorie di circolo e di istituto – accoglimento del ricorso dei numerosi interessati da parte del TAR  Lazio – Il Consiglio di Stato riforma la sentenza di primo grado e respinge il ricorso introduttivo del giudizio – Con il presente ricorso si denuncia tale ultima sentenza principalmente per “denegata giustizia” (RGN 9286-9287/20).

SU dichiarano il ricorso inammissibile, nei vari profili della sua articolazione, risultando assorbente rispetto ad ogni altra questione la circostanza che, nella specie, sono state denunciate violazioni di legge (secondo le intestazioni dei motivi, sostanziale o processuale) concernenti il modo di esercizio della giurisdizione speciale e si è, pertanto, fuori dei motivi “inerenti alla giurisdizione” esclusivamente contemplati dall’art. 111, ultimo comma, Cost. Si sottolinea che, in particolare, sostanzialmente è stata contestata la statuizione del Consiglio di Stato secondo cui la disciplina relativa ai percorsi di abilitazione di cui al D.M. n. 19 del 2016 valeva solo per definire le classi di concorso a cattedra e non anche per l’inserimento nelle graduatorie d’istituto, sicché l’invocata norma transitoria di cui all’art. 22 del d.lgs. n. 59 del 2017 non poteva in alcun modo riverberare i suoi effetti in un ambito diverso e non sovrapponibile. I vizi che nel ricorso sono stati addebitati alla sentenza impugnata riguardano tutti errores in iudicando o in procedendo, attinenti esclusivamente alla legittimità del potere giurisdizionale esercitato nell’occasione dal Consiglio di Stato (rientrando in tale ambito sia la questione relativa al mancato riconoscimento del regime transitorio previsto dall’art. 22 del d.lgs. n. 59 del 2017 cit., sia quella, collegata alla prima, afferente la violazione del giusto processo sotto il profilo di un preteso sconfinamento dell’attività giurisdizionale nella sfera riservata alla legge, sia ancora la questione del giudicato e della esatta individuazione dell’ambito di efficacia soggettiva delle sentenza del TAR che ha annullato il D.M. n. 374 del /2017), senza, peraltro, che sia prospettata l’esistenza di alcuna ipotesi “estrema” di contrasto con le norme europee. Infatti, anche la denunciata violazione degli artt. 6 e 13 CEDU, dell’art. 1 del prot. 1 CEDU, dell’art. 47 della CDFUE come quella della violazione degli artt. 3, 24 111 e 113 Cost., in quanto ricondotte al mancato rispetto, da parte del Consiglio di Stato, dei principi del giusto processo ed all’indebito disconoscimento di un giudicato formatosi in merito all’illegittimità del mancato inserimento degli ITP (insegnanti tecnico-pratici) nella II fascia delle graduatorie d’istituto, riguardano con evidenza, e impropriamente, i limiti interni della giurisdizione amministrativa investendo il potere riservato al giudice dell’impugnazione, da esercitare in rapporto alle questioni esaminate in causa, suscettibile, come tale, di determinare solo errores in procedendo o in iudicando.

n. Ord. 21986/21  – Rel. Criscuolo

Lavoro pubblico – azione promossa in G.O., da parte di un gruppo di giudici di pace nei confronti del Ministero della giustizia, per ottenerne la condanna alla rideterminazione del trattamento economico e al riconoscimento della tutela previdenziale e assicurativa – il Ministero si costituisce ed eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, per essere la controversia spettante alla giurisdizione del giudice amministrativo – regolamento preventivo di giurisdizione richiesto dai ricorrenti per sentire dichiarare la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario – controricorso del Ministero iscritto con certificato negativo per mancato deposito del ricorso (RGN 5152/21).

SU dichiarano la giurisdizione del giudice amministrativo, dopo aver precisato che, data la peculiare natura dell’istanza di regolamento di giurisdizione − che non è un mezzo d’impugnazione e non presuppone una situazione di soccombenza, ma è uno strumento esperibile indifferentemente da ciascuna delle parti – l’improcedibilità dell’istanza per l’omesso deposito del ricorso per cassazione nel termine stabilito dall’art. 369 cod. proc. civ. (rilevabile anche di ufficio e non esclusa dalla costituzione del resistente) non preclude alla Corte la decisione della questione di giurisdizione ove, la controparte, in sede di controricorso, non abbia dedotto la suindicata improcedibilità, ma abbia preso posizione sulla questione medesima, configurandosi tale atteggiamento come impulso processuale idoneo perché sia pronunciata la decisione al riguardo (come già affermato dalle SU per le ipotesi di inammissibilità della istanza di regolamento di giurisdizione e di rinuncia al ricorso). Quanto alla questione di giurisdizione SU affermano che, in considerazione della permanenza della giurisdizione esclusiva del G.A. con riferimento ai rapporti di lavoro dei magistrati togati, rientra nella giurisdizione amministrativa anche la presente controversia avente ad oggetto la domanda di un giudice di pace, volta ad ottenere l’accertamento ai fini retributivi e previdenziali di un rapporto di impiego di fatto con il Ministero della Giustizia, per aver svolto le stesse funzioni giurisdizionali espletate dai magistrati togati.

n. Ord. 21987/21  – Rel. Crucitti

Lavoro pubblico – dirigente generale della Polizia di Stato collocato in quiescenza – impugnazione in G.A. del provvedimento con cui il Ministro dell’interno ha conferito al medesimo la promozione alla qualifica superiore, il giorno precedente il collocamento a riposo, ai soli fini giuridici, con esclusione dei conseguenti benefici economici – il TAR accoglie il ricorso – il Consiglio di Stato riforma la decisione e rigetta il ricorso originario – ricorso dell’interessato affidato ad un motivo per mancata osservanza dei limiti esterni della giurisdizione. (RGN 1606/21 e 1608/21).

SU dichiarano il ricorso inammissibile, rilevando che con esso è stata esclusivamente contestata la giurisdizione del Giudice amministrativo per il fatto che il Consiglio di Stato avrebbe assunto una decisione nella materia pensionistica, devoluta alla giurisdizione della Corte dei conti. Ma la contestata giurisdizione era tuttavia divenuta incontestabile per effetto della scelta dello stesso attore, in base al consolidato principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui allorché il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando, anche implicitamente la propria giurisdizione e le parti abbiano prestato acquiescenza, non contestando la relativa sentenza sotto tale profilo, non è consentito al giudice della successiva fase impugnatoria rivelare d’ufficio il difetto di giurisdizione, in quanto tale questione è ormai coperta dal giudicato implicito e rimane, altresì, precluso all’attore, rimasto soccombente nel merito, contestare la giurisdizione di quel giudice che egli stesso ha adito. Tali principi valgono, a maggior ragione, nel caso in specie in cui è il ricorrente che ha adito lui stesso il Giudice amministrativo in primo grado ed è risultato vittorioso.

n. Ord. 21972/21  – Rel. Crucitti

Lavoro pubblico – dirigente generale della Polizia di Stato collocato in quiescenza – impugnazione in G.A. del provvedimento con cui il Ministro dell’interno ha conferito al medesimo la promozione alla qualifica superiore, il giorno precedente il collocamento a riposo, ai soli fini giuridici, con esclusione dei conseguenti benefici economici – il TAR accoglie il ricorso – il Consiglio di Stato riforma la decisione e rigetta il ricorso originario – ricorso dell’interessato affidato ad un motivo per mancata osservanza dei limiti esterni della giurisdizione. (RGN 1606/21 e 1608/21).

SU dichiarano il ricorso inammissibile, rilevando che con esso è stata esclusivamente contestata la giurisdizione del Giudice amministrativo per il fatto che il Consiglio di Stato avrebbe assunto una decisione nella materia pensionistica, devoluta alla giurisdizione della Corte dei conti. Ma la contestata giurisdizione era tuttavia divenuta incontestabile per effetto della scelta dello stesso attore, in base al consolidato principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui allorché il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando, anche implicitamente la propria giurisdizione e le parti abbiano prestato acquiescenza, non contestando la relativa sentenza sotto tale profilo, non è consentito al giudice della successiva fase impugnatoria rivelare d’ufficio il difetto di giurisdizione, in quanto tale questione è ormai coperta dal giudicato implicito e rimane, altresì, precluso all’attore, rimasto soccombente nel merito, contestare la giurisdizione di quel giudice che egli stesso ha adito. Tali principi valgono, a maggior ragione, nel caso in specie in cui è il ricorrente che ha adito lui stesso il Giudice amministrativo in primo grado ed è risultato vittorioso.

n. Ord. 22745/21  – Rel. Esposito

Rigetto da parte dell’INPS della domanda di riscatto a fini pensionistici di periodi nei quali l’attuale ricorrente aveva svolto l’attività di docente con contratto a tempo determinato usufruendo di periodi di aspettativa senza assegni – Ricorso dell’interessato alla Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per il Friuli Venezia Giulia – La Corte adita preliminarmente afferma il proprio difetto di giurisdizione in favore del competente TAR – Con il presente regolamento preventivo di giurisdizione si chiede il riconoscimento della sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti, sull’assunto secondo cui la presente controversia inerisce al rapporto pensionistico che rappresenta l’elemento identificativo del relativo petitum sostanziale (RGN 27697/20).

SU accolgono il ricorso e dichiarano la giurisdizione del giudice contabile, sulla base del principio consolidato nella giurisprudenza delle SU secondo cui la giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti ricomprende tutte le controversie funzionali e connesse al diritto alla pensione dei pubblici dipendenti, incluse quelle attinenti al riscatto di periodi di servizio (quale è la presente), alla ricongiunzione di periodi assicurativi, agli assegni accessori, al recupero di somme indebitamente erogate.

n. Ord. 22746/21  – Rel. Esposito

Rivendicazione del diritto allo scorrimento della graduatoria di un concorso pubblico da parte di una idonea non vincitrice – Copertura di altri posti vacanti tramite selezione interna e non con lo scorrimento della graduatoria del concorso pubblico precedente – Il TAR per la Puglia ha declinato la propria giurisdizione in favore del giudice ordinario – Il Tribunale di Foggia non condivide tale soluzione ritenendo che, nella specie, si discuta della scelta discrezionale della PA di attingere a due graduatorie diverse, scelta da cui è originata l’estromissione della ricorrente (RGN 30692/20).

SU dichiarano la giurisdizione del giudice amministrativo, sulla base del principio secondo cui nelle controversie relative a procedure concorsuali nell’ambito del pubblico impiego c.d. privatizzato, quando la pretesa al riconoscimento del diritto allo scorrimento della graduatoria sia consequenziale alla negazione degli effetti del provvedimento che disponga di non coprire più (o di coprire diversamente) il posto resosi vacante anziché avvalersi dello scorrimento della graduatoria del concorso anteriormente espletato, si è in presenza d’una contestazione che investe l’esercizio del potere dell’amministrazione, cui corrisponde una situazione di interesse legittimo, tutelabile innanzi al giudice amministrativo ai sensi dell’art. 63, comma 4, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, che riserva alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nelle quali deve ritenersi compresa anche una controversia, come quella oggetto del presente giudizio, promossa da chi aspira all’assunzione e contesta la scelta della pubblica amministrazione di procedere ad altra selezione anziché allo scorrimento della graduatoria di un precedente concorso.

n. Ord. 22748/21  – Rel. Esposito

Impiego pubblico – l’ARPAM (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale delle Marche) bandisce un concorso pubblico per la copertura di un posto di dirigente amministrativo da assegnare al Servizio Risorse Umane e un posto da assegnare al Servizio Gestione Appalti e Contratti – Fabio Belfiori agisce in G.O. per fare riconoscere il proprio diritto all’assunzione per scorrimento della graduatoria in cui era iscritto come idoneo – l’ARPAM eccepisce il difetto di giurisdizione del G.O. e nel merito assume di avere motivato (v. legge regionale n. 37 del 2016, art. 13) sulle ragioni che impedivano lo scorrimento – l’ARPAM propone regolamento preventivo di giurisdizione con il quale chiede di dichiarare la giurisdizione del G.A. – il Belfiori resiste con controricorso (RGN 31036/19).

SU dichiarano la giurisdizione del giudice amministrativo, sulla base del consolidato principio secondo cui ai sensi dell’art. 63, comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001, le controversie relative al c.d. scorrimento delle graduatorie dei concorsi, quando la pretesa al riconoscimento del diritto all’assunzione sia consequenziale alla negazione degli effetti di un provvedimento amministrativo che motivatamente disponga di non coprire più (o di coprire diversamente, come nel caso di indizione di un nuovo concorso) i posti resisi vacanti, anziché avvalersi dello scorrimento della graduatoria del concorso anteriormente espletato sono devolute al giudice amministrativo. In esse, infatti, si propone una contestazione che − diversamente da quanto si verifica nell’ipotesi in cui si contestino le modalità di attuazione dello scorrimento della graduatoria − investe l’esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione, cui corrisponde una situazione di interesse legittimo.

n. Ord. 25044/21  – Rel. Marotta

Impiego pubblico – insegnanti in possesso del diploma di maturità magistrale conseguito entro il 2001/2002 – graduatorie ad esaurimento (GAE) per il personale docente ed educativo della scuola – non inserimento dei suddetti docenti in tali graduatorie – ricorso pendente in AGA – ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione. (RGN 16359/20)

SU dichiarano la giurisdizione del giudice amministrativo. A tale conclusione si perviene rilevandosi,  che essa è conforme alle molteplici decisioni delle Sezioni Unite nelle quali sono state esaminate le questioni poste nel presente regolamento di giurisdizione e, con ampia e diffusa disamina, è stato evidenziato che, le censure dei ricorrenti non investono direttamente le modalità di valutazione delle singole posizioni soggettive ma contestano in via principale le determinazioni espresse dal MIUR nel decreto n. 235/2014 (e nei successivi decreti ministeriali) attraverso la violazione del giudicato, dell’eccesso di potere e della violazione di legge, ossia di tipici vizi di legittimità dell’atto amministrativo quale espressione di esercizio della potestà pubblica, rispetto al quale gli interessati possono vantare solo una posizione di interesse legittimo.

n. Ord. 27888/21  – Rel. Tricomi

Lavoro pubblico – azione promossa in G.O., da parte di un dirigente ispettore dell’Autorità nazionale anticorruzione, per il recupero di differenze retributive asseritamente erogate in misura inferiore a quella riconosciuta ai colleghi dirigenti di pari fascia, aventi però titolarità di incarichi gestionali – l’ANAC si costituisce ed eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, per essere la controversia spettante alla giurisdizione del giudice amministrativo – regolamento preventivo di giurisdizione richiesto dal dirigente per sentire dichiarare la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario (RGN 27192/20).

Le Sezioni Unite dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario in causa proposta da un dipendente nei confronti dell’ANAC per differenze retributive, non essendo il personale di tale autorità assoggettato al regime di diritto pubblico per quanto riguarda i rapporti di lavoro.

n. Ord. 27889/21  – Rel. Tricomi

Mancato rinnovo del contratto di lavoro autonomo di componente delle Commissioni medico-legali dell’INPS – Contestazione da parte dell’interessato della correttezza della valutazione dei propri obblighi contrattuali da parte dell’INPS e della conseguente decisione dell’Istituto di non disporre il rinnovo del contratto – Il Tribunale di Roma adito declina la propria giurisdizione in favore di quella del giudice amministrativo – Il TAR Lazio, in sede di riassunzione, afferma l’insussistenza della propria giurisdizione in quanto, nella specie, non è in contestazione la clausola dell’avviso prevedente la possibilità del rinnovo del contratto in oggetto per due volte (RGN 403/21).

Le Sezioni Unite risolvono il proposto conflitto negativo di giurisdizione dichiarando quella del giudice ordinario, e non del giudice amministrativo, in causa in cui il dipendente si doleva del mancato rinnovo del contratto di lavoro stipulato con l’Inps all’esito di selezione pubblica per il reclutamento di medici per lo svolgimento di prestazioni libero-professionali nel settore medico-legale.

n. Ord. 27890/21  – Rel. Tricomi

Impiego pubblico – dirigente della Regione Siciliana impugna, dinanzi al Tribunale di Palermo, ingiunzioni di pagamento per la restituzione di somme indebitamente corrispostegli per lo svolgimento di incarichi presso la Riscossione Sicilia Spa e Sviluppo Italia Spa – il medesimo ricorrente propone istanza per regolamento preventivo di giurisdizione (indica la Corte dei conti come giudice avente la giurisdizione) – l’Assessorato delle Autonomie Locali e Funzione Pubblica della Regione Sicilia resiste con controricorso  (RGN 622/21).

SU dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario, in applicazione dell’orientamento consolidato delle stesse SU secondo cui nell’ipotesi in cui il dipendente di una P.A. abbia omesso di versare alla propria Amministrazione i corrispettivi percepiti nello svolgimento di un incarico non autorizzato, l’azione del Procuratore contabile – per responsabilità per danno erariale − e quella dell’Amministrazione di appartenenza − volta ad ottenere il riversamento delle somme percepite in assenza di autorizzazione nel conto del bilancio della Amministrazione medesima− non possono sovrapporsi. Pertanto, la legittimazione del Procuratore della Corte dei conti a promuovere l’azione per danno erariale sorge in caso di inerzia dell’Amministrazione e, viceversa, quella dell’Amministrazione è configurabile in caso di inerzia del Procuratore contabile. Ciò allo scopo di evitare un conflitto di giudicati. Nella specie, l’Amministrazione regionale ha agito in giudizio con il procedimento che disciplina l’ordinanza ingiunzione ex art. 3 del RD n. 639 del 1910, deducendo che gli incarichi conferiti al lavoratore già dirigente regionale dovevano ritenersi aggiuntivi ai sensi dell’art. 13, comma 4, della legge regionale n. 10 del 2000 e che in attuazione del principio di onnicomprensività del trattamento economico della dirigenza di cui alla legge regionale n. 19 del 2008, i relativi compensi andavano riversati nel conto del bilancio della Regione. L’Amministrazione, dunque, ha agito per l’adempimento di un’obbligazione gravante sul lavoratore che trova fondamento nel rapporto di lavoro, non rilevando il danno e la colpa del dipendente medesimo, ma la mera percezione di quanto andava devoluto al bilancio regionale, in assenza della preventiva promozione dell’azione di responsabilità per danno erariale da parte del Procuratore contabile.

n. Ord. 27893/21  – Rel. Tricomi

Impiego pubblico – dipendenti civili del Ministero della Difesa – accertamento del diritto di ottenere il beneficio dell’aumento figurativo del servizio prestato per l’impiego in lavorazioni insalubri – il Tribunale di Taranto, giudice del lavoro, declina la giurisdizione – riassunzione del giudizio dinanzi alla Corte dei conti, Sez. giurisd. Puglia, che solleva conflitto negativo di giurisdizione (RGN 1609/21).

SU dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario, Alla suddetta conclusione si perviene sulla base delle seguenti osservazioni: (i) in base a consolidati orientamenti delle SU, spettano in via esclusiva alla giurisdizione della Corte dei conti, a norma degli artt. 13 e 62 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, tutte le controversie concernenti la sussistenza del diritto, la misura e la decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti, comprese quelle in cui si alleghi, a fondamento della pretesa, l’inadempimento o l’inesatto adempimento della prestazione pensionistica da parte dell’ente obbligato; (ii) e in tale ultimo caso, la giurisdizione del giudice contabile è anche di merito e dispone degli stessi poteri – anche istruttori – del giudice ordinario per l’accertamento e la valutazione dei fatti; (iii) al giudice contabile deve essere devoluta anche la domanda relativa all’anzianità contributiva ed alla misura della pensione dei pubblici dipendenti e degli altri assegni che ne costituiscono parte integrante; (iiii) rientra invece nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia che abbia ad oggetto una domanda con la quale si chieda l’accertamento delle modalità di svolgimento del rapporto di lavoro e del diritto ad un diverso trattamento economico che, solo di riflesso, è destinato ad integrare il trattamento pensionistico in godimento da parte del lavoratore in quiescenza; (iiiii) nella specie i lavoratori, nell’adire il Tribunale, hanno dedotto che pur essendo state loro attribuite, per effetto della sopravvenuta disciplina normativa e contrattuale, nuove denominazioni del rispettivo profilo professionale erano tuttavia rimasti invariati i compiti di istituto assegnati loro fin dalla originaria assunzione in servizio il che comportava la perdurante adibizione, anche nei nuovi profili, a lavorazioni insalubri. Pertanto i ricorrenti chiedevano l’accertamento del diritto, parzialmente negato dall’Amministrazione, ad ottenere il beneficio dell’aumento figurativo del servizio prestato, di cui all’art. 25, comma 1, del dPR n. 1092 del 1973, in relazione al loro impiego in lavorazioni insalubri previste dal decreto luogotenenziale n. 1100 del 1919; (iiiiii) la domanda giudiziale ha, quindi, ad oggetto, ancor prima del profilo pensionistico, il vaglio della conformazione legale e contrattuale del rapporto di lavoro dei ricorrenti, così venendo ad incidere la decisione relativa al beneficio contributivo de quo sul rapporto di lavoro dei ricorrenti, peraltro ancora in atto, benché ciò non sia di per sé dirimente ai fini del radicamento della giurisdizione. Questo esclude la giurisdizione della Corte dei conti.

n. Ord. 27891/21  – Rel. Tricomi

Lavoro pubblico – azione promossa in G.O., da parte di una dirigente della Regione Calabria nominata titolare del Settore n. 6 “Delegazione di Roma – Sistema delle Conferenze e Rapporti istituzionali” (incarico di durata triennale), avverso il decreto della Giunta regionale della Calabria con cui, nell’ambito di un processo di riorganizzazione, era stato soppresso il posto di cui la dirigente era titolare, con contestuale domanda cautelare ai sensi dell’art. 700 c.p.c. – la Regione si costituisce ed eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, per essere la controversia spettante alla giurisdizione del giudice amministrativo – il Tribunale rigetta la richiesta di provvedimento cautelare – regolamento preventivo di giurisdizione richiesto dalla Regione per sentire dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo (RGN 1889/21).

SU dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario, in applicazione dei consolidati indirizzi delle stesse SU sul riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in materia di controversie relative al lavoro pubblico contrattualizzato, secondo cui – come regola generale – la giurisdizione del giudice amministrativo ha carattere residuale e riguarda soltanto le controversie in cui sia direttamente contestato il corretto esercizio del potere amministrativo mediante la deduzione della non conformità a legge degli atti organizzativi, attraverso i quali le P.A. definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici e i modi di conferimento della titolarità degli stessi (atti di macro-organizzazione). Nella specie, la dipendente inequivocabilmente ha fatto valere in giudizio la lesione di un diritto soggettivo asseritamente subita da parte dell’Amministrazione, quale datrice di lavoro, a seguito di atti di micro-organizzazione di gestione del rapporto, che hanno come mero presupposto atti di macro-organizzazione dell’ufficio, posti in essere nell’esercizio di potere amministrativo e che non sono stati affatto contestati. Infatti, la lavoratrice si è limitata a domandare la propria riassegnazione al settore al quale era originariamente assegnata il quale, a seguito della disposta riorganizzazione, dell’Amministrazione di appartenenza, era stato incluso nel Dipartimento “Segretariato Generale”, senza chiedere una diversa configurazione dell’assetto macro-organizzativo dell’Amministrazione stessa.

n. Ord. 29557/21  – Rel. Mancino

Impiego pubblico – compensi per attività non autorizzate (art. 53, co. 7, d.lgs. n. 165 del 2001) – la Provincia di Nuoro agisce contro una dipendente dinanzi al Tribunale di Nuoro, sezione lavoro – su azione del PM contabile la Corte dei conti dichiara la propria giurisdizione – la dipendente, pendendo il giudizio dinanzi al Tribunale di Nuoro, propone istanza per regolamento preventivo di giurisdizione (chiede di dichiarare la giurisdizione del giudice ordinario) (RGN 16471/20).

Le S.U. dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di giudizio civile di opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto, ai sensi dell’art. 53, comma 7, del d.lgs. n. 165 del 2001, dalla Provincia contro un suo dipendente per il riversamento dei compensi da questo percepiti nello svolgimento di attività extraistituzionale non previamente autorizzata.

n. Ord. 29558/21  – Rel. Mancino

Lavoro pubblico – impugnazione in G.A., promossa da parte di uno degli aspiranti, avverso il provvedimento col quale l’Assessorato alla salute della Regione Siciliana ha comunicato la sua esclusione dalla procedura di aggiornamento degli elenchi degli idonei alla nomina a direttore amministrativo e direttore sanitario delle aziende del Servizio sanitario regionale – l’Assessorato si costituisce ed eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, per essere la controversia spettante alla giurisdizione del giudice ordinario – regolamento preventivo di giurisdizione richiesto dal ricorrente per sentire dichiarare la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo (il ricorrente ha ottenuto nelle more un provvedimento cautelare favorevole da parte del CGARS) (RGN 1554/21).

SU dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario. Preliminarmente si afferma l’ammissibilità del regolamento preventivo di giurisdizione in oggetto, sulla base del consolidato orientamento delle SU secondo cui tale ammissibilità non è esclusa dalla decisione del giudice amministrativo in sede cautelare, atteso che il provvedimento cautelare in corso di causa non costituisce sentenza, neppure quando risolva contestualmente la questione di giurisdizione, tranne che la questione medesima sia stata riferita al solo procedimento cautelare e il regolamento sia stato proposto per ragioni che attengono ad esso in via esclusiva. Quanto alla questione di riparto di giurisdizione si afferma che essa deve essere risolta applicandosi la regola generale secondo cui, allorché sono controversi beni della vita non investiti dal potere amministrativo, la tutela è affidata al giudice ordinario, quale giudice naturale dei diritti soggettivi. Con riguardo alla nomina del direttore ammnistrativo delle aziende del Servizio sanitario il direttore generale cui essa compete deve obbligatoriamente attingere dagli elenchi regionali degli idonei appositamente costituiti e aggiorni ogni due anni. Anche la valutazione dei candidati deve avvenire secondo specifici criteri definiti con Accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e indicati nell’avviso pubblico. Analogamente nel procedimento per la formazione degli elenchi – di cui si discute – l’Amministrazione non esercita poteri discrezionali ma è chiamata, esclusivamente, a verificare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti normativamente previsti nello svolgimento di un’attività vincolata, di carattere meramente ricognitivo, della cui natura partecipa anche il giudizio tecnico concernente la verifica dell’esperienza dirigenziale e dei titoli professionali degli aspiranti. Ne deriva che l’aspirante all’inserimento nell’elenco degli idonei, in possesso dei requisiti per l’idoneità professionale disegnata dalla legge, è portatore di un diritto soggettivo perché la legge obbliga l’Amministrazione competente ad attuarlo, inserendo nell’elenco i soggetti in possesso dei requisiti inderogabilmente richiesti dalle disposizioni normative primarie e dagli atti amministrativi, restando escluso l’esercizio di poteri discrezionali.

   
   

                                Espropriazione, Appalti, Servizi e beni pubblici

n. Ord. 15569/21  – Rel. Di Marzio

Usi civici – impugnazione in G.A., da parte di società privata, dei provvedimenti con i quali il Comune di Cariati aveva disposto l’annullamento in autotutela delle delibere della Giunta con le quali era stata concessa l’affrancazione di alcuni terreni già soggetti ad usi civici – il TAR accoglie il ricorso – il Consiglio di Stato riforma la decisione e rigetta il ricorso di primo grado – ricorso della società privata affidato ad un motivo per eccesso di potere giurisdizionale (RGN 34474/19).

Le S.U. dichiarano inammissibile il ricorso, rilevando che nel caso in esame il Consiglio di Stato ha interpretato l’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 prospettando un’opzione ermeneutica di tale disposizione, senza sconfinare per questo nell’attività di creazione di una norma nuova o inesistente, eventualità che potrebbe dare luogo ad un eccesso di potere giurisdizionale.

n. Ord. 15570/21  – Rel. Di Marzio

Responsabilità amministratori di società e consorzi – il Consorzio Crescendo in liquidazione e Sviluppumbria Spa convengono in AGO gli ex amministratori e revisori contabili (chiedono di dichiararli responsabili per inadempimento nella formazione e tenuta della contabilità e di condannarli al risarcimento dei danni per il reintegro del loro patrimonio) – i convenuti eccepiscono il difetto di giurisdizione dell’AGO, in favore della Corte dei conti – il Consorzio e Sviluppumbria propongono regolamento preventivo di giurisdizione (chiedono di dichiarare la giurisdizione dell’AGO) – quattro dei sedici convenuti resistono con controricorsi (RGN 30857/19).

Le S.U. dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario e rimettono le parti davanti al Tribunale di Terni. Osserva l’ordinanza, richiamando numerosi precedenti sull’argomento, che non vi sono ostacoli alla contemporanea sussistenza della giurisdizione civile e di quella contabile, sebbene tra loro reciprocamente indipendenti, quando sia prospettabile, oltre al danno erariale, anche un danno oggetto di un giudizio risarcitorio di natura privatistica. Nel caso di specie, ferma la possibilità dell’eventuale esperimento dell’azione di responsabilità contabile, la causa va devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, perché le parti attrici hanno fatto valere la responsabilità solidale degli amministratori, dei revisori e del direttore generale del consorzio per inadempimenti di natura gestionale.

n. Ord. 15571/21  – Rel. Di Marzio

Sanzioni amministrative – occupazione di spazi e aree pubbliche – verbale di contestazione di violazione amministrativa – diffida al ripristino dei luoghi – società Temenos impugna in G.O. – il Tribunale di Agrigento declina la competenza e indica come competente per materia il Giudice di Pace di Agrigento, il quale declina la giurisdizione in favore del G.A. – il Tar Sicilia-Palermo solleva d’ufficio conflitto negativo di giurisdizione (RGN 15197/20).

SU dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario e la competenza del Giudice di Pace di Agrigento. SU rilevano che la declinatoria della giurisdizione, da parte del giudice di pace, è intervenuta quando sul punto si era ormai formato il giudicato implicito, a seguito della declinatoria di competenza da parte del Tribunale: e ciò perché ogni giudice, anche qualora dubiti della propria competenza, deve sempre verificare innanzitutto, anche di ufficio, la sussistenza della propria giurisdizione sicché la decisione sulla competenza presuppone l’affermazione, quantomeno implicita, da parte del giudice investito della causa, della propria giurisdizione, affermazione di giurisdizione non assoggettata ad impugnazione, con quel che segue. Peraltro, nella specie non possono esservi dubbi sulla sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario perché il petitum sostanziale spiegato dalla società originaria attrice aveva ad oggetto la caducazione della sanzione irrogata per occupazione abusiva di suolo pubblico, sia con riguardo al profilo pecuniario sia, soprattutto con riguardo alla sanzione accessoria consistente nell’obbligo del ripristino dello status quo ante, presumibilmente di maggior rilievo pratico per l’attrice, giacché tale da comportarne la cessazione dell’attività svolta in loco. L’art. 7 del d.lgs. n. 150 del 2011 stabilisce che le opposizioni alle sanzioni amministrative, anche accessorie, per violazioni del codice della strada si devono proporre al Giudice di Pace del luogo ove è stata commessa l’infrazione.

n. Ord. 15572/21  – Rel. Rubino

Produzione di energia – opposizione da parte della G.S.E. s.p.a. (Gestore servizi energetici) in G.O. avverso il decreto ingiuntivo emesso in favore di un privato per il pagamento di una somma sulla base di una convenzione stipulata tra le parti che riconosceva la fruizione di tariffe incentivanti per la produzione di energia elettrica da un impianto fotovoltaico – la G.S.E. s.p.a. richiede il regolamento preventivo di giurisdizione per ottenere il riconoscimento della sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo (art. 133, comma 1, lettera o, c.p.a.) (RGN 25949/20).

SU dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario. Si ricorda, in primo luogo, che per costante orientamento delle SU GSE s.p.a. è soggetto che, seppur nella veste di società per azioni − il cui azionista unico è il Ministero dell’Economia e delle Finanze − svolge funzioni di natura pubblicistica nel settore elettrico e in particolare in tema di incentivazione dell’energia elettrica da fonte rinnovabile, attendendo alla gestione del relativo sistema pubblico, anche mediante la concreta erogazione delle tariffe. Peraltro, sulla base della sentenza della Corte costituzionale n. 16 del 2017 e della successiva giurisprudenza delle SU, la presente controversia deve essere devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario perché in essa non è in contestazione alcun profilo autoritativo, ma si discute del semplice pagamento del corrispettivo meramente privatistico dovuto alla società produttrice di energie rinnovabili a titolo di incentivo alla produzione, senza che siano in discussione la misura delle tariffe o degli incentivi. Tale soluzione è conforme alle linee indicate dalla sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004, la cui applicazione comporta che appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia tra il gestore del servizio energetico e il soggetto privato produttore di energie rinnovabili, ogni qual volta la materia del contendere non riguardi le tariffe, né la materia della loro quantificazione, né la concessione degli incentivi, ma soltanto l’inadempimento contrattuale, peraltro nella specie neppure negato dal gestore per uno degli anni in contestazione, avendo GSE soltanto rappresentato di aver trattenuto le somme richieste dal privato in riferimento a tale annualità in compensazione di quanto a suo avviso precedentemente versato in eccedenza.

n. Ord. 15575/21  – Rel. Lamorgese

Espropriazione p.u. – progetto di ampliamento e sistemazione viaria – indennità di occupazione legittima ed espropriazione – somma offerta dalla Società Italiana per le Condotte d’Acqua spa – i proprietari rifiutano e agiscono dinanzi alla Giunta per le espropriazioni della Corte d’appello di Napoli che emette sentenza di condanna al pagamento dell’indennità di occupazione legittima e dichiarativa della improcedibilità della domanda concernente l’indennità di esproprio per mancata emissione del decreto – ricorso per cassazione della Società Italiana per le Condotte d’Acqua spa (con due motivi solleva questioni di legittimazione passiva e debenza della indennità di occupazione) – controricorso dei proprietari – ordinanza n. 3323 del 2021 della Sezione Prima di rimessione alle SU (RGN 17972/15).

Le Sezioni Unite rigettano il ricorso avverso la sentenza impugnata della Giunta Speciale per le Espropriazioni di Napoli. Le SU hanno dato continuità all’orientamento in tema di legittimazione passiva del concessionario per la realizzazione delle opere nell’ambito del piano di ricostruzione e sviluppo dei territori colpiti dagli eventi sismici, ai sensi degli artt. 80 e 81 della legge n. 219 del 1981, e giudicato inammissibile per difetto di interesse il motivo di ricorso della società concessionaria, concernente la liquidazione dell’indennità di occupazione legittima per un periodo rispetto al quale il credito dei privati espropriati era stato ritenuto prescritto.

n. Ord. 15576/21  – Rel. Giusti

Contenzioso elettorale – Consiglio di Stato – IV Commissione elettorale circondariale di Verbania, sede di Arona – Impugnazione da parte degli attuali ricorrenti della esclusione della loro lista derivata dalla violazione della legge n. 645 del 1952 (legge Scelba) – Rigetto del ricorso da parte del TAR per il Piemonte – Conferma di tale decisione da parte del Consiglio di Stato – Con il presente ricorso si sostiene l’assoluto difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato che avrebbe invaso la sfera di competenza del legislatore e del giudice penale (RGN 22683/20).

Le S.U. dichiarano inammissibile il ricorso, perché con esso sono prospettati meri errores in procedendo nella decisione del Consiglio di Stato.

n. Ord. 15577/21  – Rel. Giusti

Contenzioso elettorale – Consiglio di Stato – Sottocommissione Circondariale Elettorale di Novara – Impugnazione da parte degli attuali ricorrenti della esclusione della loro lista derivata dalla violazione della legge n. 645 del 1952 (legge Scelba) – Rigetto del ricorso da parte del TAR per il Piemonte – Conferma di tale decisione da parte del Consiglio di Stato – Con il presente ricorso si sostiene l’assoluto difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato che avrebbe invaso la sfera di competenza del legislatore e del giudice penale (RGN 22684/20).

Le S.U. dichiarano inammissibile il ricorso, perché con esso sono prospettati meri errores in procedendo nella decisione del Consiglio di Stato.

n. Ord. 15912/21  – Rel. Lamorgese

P.A. – acquisizione sanante ex art. 42 bis t.u. 327 del 2001 – contestazione della congruità dell’indennizzo – la Corte d’appello di Napoli declina la giurisdizione – il Tar Campania-Napoli, adito in riassunzione, solleva d’ufficio il conflitto di giurisdizione, ritenendo sussistere la giurisdizione del G.O. (RGN 24800/20).

Le Sezioni Unite risolvono il conflitto negativo di giurisdizione, sollevato dal TAR Campania, e dichiarano sussistente la giurisdizione del giudice ordinario, in fattispecie riguardante la contestazione e determinazione dell’indennità dovuta da e per conto di Amministrazioni pubbliche, in favore dei privati proprietari per l’acquisizione di aree utilizzate per la realizzazione di opere pubbliche, a norma dell’art. 42 bis t.u. espropri n. 327 del 2001.

n. Ord. 16082/21  – Rel. Marulli

Società (Chiara Mediazioni srl) svolgente attività di mediazione di prodotti ortofrutticoli propone dinanzi al GO domanda contro il MOF Spa (Società consortile per la gestione del Centro Agroalimentare all’ingrosso di Fondi) avverso il rigetto della richiesta di accesso al mercato all’interno del Centro agroalimentare all’ingrosso e per risarcimento danni – ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. – il MOF eccepisce il difetto di giurisdizione del GO in favore del GA – la Società propone ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione e chiede di confermare la giurisdizione del giudice adito – il MOF  chiede di dichiarare la giurisdizione del GA (RGN 17427/20).

Le S.U. dichiarano la giurisdizione del giudice amministrativo. Osserva l’ordinanza che l’attività di gestione del mercato ortofrutticolo di Fondi, svolta dalla società convenuta, oltre a rientrare nella materia dei pubblici servizi di cui all’art. 133, comma 1, lettera c), c.p.a., costituisce esercizio di un potere pubblico. Dall’atto di concessione in favore del gestore, infatti, letto alla luce della normativa della Regione Lazio, emerge che l’attività del concessionario non si esercita in modo libero, ma è disciplinata sulla base dei criteri di gestione definiti dal concedente, per cui anche il concessionario risulta gestore di un potere autoritativo che dà fondamento dell’appartenenza della giurisdizione al giudice amministrativo.

n. Ord. 16083/21  – Rel. Marulli

Urbanistica – atti comunali di cessione del diritto di superficie per la realizzazione di un programma costruttivo all’interno di un Peep – controversia sul corrispettivo – il Comune di Conselve conviene in giudizio lo Iacp (Ater) dinanzi al Tribunale di Padova, il quale declina la giurisdizione in favore del G.. – il Tar Veneto, successivamente adito, solleva d’ufficio il conflitto negativo di giurisdizione, sostenendo sussistere la giurisdizione del G.O. (RGN 18454/20).

Le S.U. dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario. L’ordinanza, dichiarata l’ammissibilità del conflitto negativo in esame, rileva che le controversie promosse, come nella specie, dall’ente concedente per il recupero degli oneri sottesi alla cessione del diritto di superficie nei confronti dei soggetti attuatori dei programmi di edilizia residenziale pubblica, di cui all’art. 35 della legge n. 685 del 1971, in quanto non comportanti la spendita di poteri pubblicistici, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario.

n. Ord. 16297/21  – Rel. Conti

Consiglio di Stato – Occupazione di urgenza preordinata all’esproprio – Immissione nel possesso della società Enel Green Power con una stazione elettrica collegata ad un impianto eolico – In seguito ad annullamento definitivo degli atti emanati dalla Regione Puglia in materia, il Consiglio di Stato condanna al risarcimento dei conseguenti danni, in favore dei privati, soltanto la suindicata società quale beneficiaria dell’illegittima occupazione – Ricorre la società stessa per eccesso di potere giurisdizionale derivante dalla mancata condanna risarcitoria nei confronti della P.A. espropriante (RGN 36942/19).

Le S.U. dichiarano inammissibile il ricorso. Osserva l’ordinanza che nel caso in esame il Consiglio di Stato aveva dichiarato inammissibile l’eccezione di difetto di giurisdizione in quanto tardivamente proposta. La mancata impugnazione, in sede di ricorso per cassazione, della ratio decidendi secondo cui quella questione era inammissibile per tardività determina che la stessa non sia più esaminabile nel giudizio davanti alle Sezioni Unite. Ciò premesso, le S.U. rilevano che anche il presunto eccesso di potere giurisdizionale prospetta una censura inammissibile perché, al di là del suo contenuto formale, si risolve nel tentativo di tornare a proporre la questione di giurisdizione, ormai non più esaminabile per le ragioni suddette.

n. Ord. 16298/21  – Rel. Conti

Ordine pubblico – società privata titolare di concessione demaniale marittima rilasciata dall’Autorità portuale di Gioia Tauro – impugnazione in G.A., da parte di tale società, di un primo provvedimento della Prefettura di Reggio Calabria col quale, ipotizzando un collegamento con ambienti mafiosi, veniva pronunciata un’interdittiva con contestuale ordine di sgombero – il TAR accoglie l’istanza di sospensiva – a seguito della sospensiva, la Prefettura di Reggio Calabria adotta una seconda interdittiva antimafia – ulteriore ricorso in G.A. da parte della società – il TAR accoglie il ricorso contro la prima interdittiva e rigetta quello contro la seconda – il Consiglio di Stato conferma – ricorso della società privata affidato a due motivi per eccesso di potere e rifiuto di giurisdizione (RGN 28464/20).

Le S.U. dichiarano inammissibile il ricorso. Esaminando l’articolata serie di censure proposte, le S.U. ribadiscono, come da costante orientamento, che non ricorre eccesso di potere giurisdizionale nel caso in cui il Consiglio di Stato, attenendosi al proprio compito di interpretazione delle norme, abbia desunto il significato complessivo delle stesse da una lettura del sistema nel suo insieme, nella specie in riferimento alla normativa antimafia. Nella sostanza, secondo le S.U., i motivi di ricorso, pur prospettando apparenti censure di eccesso di potere, finiscono col contestare la legittimità dei provvedimenti amministrativi adottati, la cui impugnazione era stata esaminata e respinta dal giudice amministrativo.

n. Ord. 17328/21  – Rel. Graziosi

Ambiente – ricorso per revocazione nei confronti dell’ordinanza delle S.U. n. 18829 del 2019 (rigetto del ricorso avverso una sentenza del Consiglio di Stato in materia di realizzazione di una seggiovia in ambiente protetto) (RGN 7305/20).

Le Sezioni Unite dichiarano inammissibile il ricorso per revocazione di sentenza della Cassazione (SU n. 18829 del 2019), che aveva rigettato il ricorso avverso sentenza del Consiglio di Stato deducente eccesso di potere giurisdizionale per invasione del cd. “merito amministrativo”, non denunciando il ricorso errori di fatto decisivi quanto, piuttosto, ipotetici errori valutativi neppure incidenti sull’esercizio della giurisdizione.

n. Ord. 17329/21  – Rel. Graziosi

Appalti pubblici – servizio di recupero e custodia di veicoli sequestrati – società aggiudicataria in via provvisoria del servizio è definitivamente esclusa dalla relativa gara – il Ministero dell’Interno agisce in via monitoria in AGO per escutere la polizza fideiussoria – il Tribunale di Venezia declina la giurisdizione – il Tar Veneto solleva d’ufficio conflitto negativo di giurisdizione (RGN 27115/20).

SU dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario, dopo aver dichiarato l’ammissibilità del proposto conflitto enunciando, al riguardo, il principio di diritto secondo cui in caso di tempestiva riassunzione davanti al giudice amministrativo della medesima controversia originariamente proposta dinanzi al giudice ordinario “l’elevazione del conflitto negativo di giurisdizione che il giudice ad quem compia ai sensi dell’articolo 11, terzo comma, c.p.a. è tempestiva pur se effettuata, senza previa esternazione di dubbi in tema e senza una espressa riserva pertinente, con la decisione che è l’esito della prima udienza di trattazione della causa, in quanto tale decisione costituisce ontologicamente la conclusione della trattazione, id est la prosecuzione della udienza come sua componente finale, ciò non ledendo il diritto di difesa delle parti”. Quanto al merito del conflitto si osserva che la presente controversia ha ad oggetto l’adempimento dell’obbligo del soggetto che ha deciso di concorrere alla gara pubblica di ricostituire la garanzia da esso prestata in una ipotesi in sia terminata la durata anteriormente all’aggiudicazione stessa, al fine di preservare l’esercizio del diritto all’escussione della garanzia dell’ente pubblico che ha emesso il bando. Tale situazione − nella quale si discute della domanda di risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale proposta da una P.A. − è chiaramente esterna al procedimento amministrativo che costituisce solo l’occasione dell’insorgenza del rivendicato obbligo di rinnovazione della garanzia, visto che l’ente pubblico non ha alcun potere di obbligare il soggetto privato a stipulare la garanzia perché ciò si effettua mediante un contratto di diritto privato tra quest’ultimo e chi possa assumere la funzione di garante. Di qui la soluzione del conflitto nel senso della sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario in applicazione del principio già affermato dalle SU secondo cui “la domanda di risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale proposta da una P.A., in qualità di stazione appaltante, nei confronti del soggetto affidatario di lavori o servizi pubblici appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di richiesta afferente non alla fase pubblicistica della gara ma a quella prodromíca, nella quale si lamenta la violazione degli obblighi di buona fede e correttezza. In tale ipotesi, infatti, il giudice predetto è chiamato a decidere di una controversia avente ad oggetto un diritto soggettivo la cui lesione sia stata non conseguente, bensì soltanto occasionata da un procedimento amministrativo di affidamento di lavori o servizi”. E, viene precisato che, per la sua natura intrinsecamente relazionale, la responsabilità precontrattuale è configurabile tanto nei confronti del privato quanto nei confronti del soggetto pubblico.

n. Ord. 18259/21  – Rel. Giusti

Urbanistica ed edilizia – impugnazione in G.A., da parte di privato, avverso il provvedimento dell’Ente Parco dell’Etna con cui era stato negato il nulla-osta per l’esecuzione di lavori abusivi nel fondo di proprietà del ricorrente, sito a Trecastagni in zona all’interno del Parco – il TAR di Catania rigetta e il CGARS conferma – ricorso del privato affidato ad un motivo per cattivo esercizio del potere giurisdizionale, in modo da non garantire piena tutela dei diritti (RGN 15190/20).

Le S.U dichiarano inammissibile il ricorso, sul rilievo che le doglianze articolate dal ricorrente non riguardano una violazione inerente all’essenza della giurisdizione o allo sconfinamento dai limiti esterni di essa, ma si risolvono nella denuncia di meri errores in iudicando asseritamente compiuti dal giudice speciale, come tali non sindacabili dalle Sezioni Unite. Le S.U. ribadiscono che il rifiuto di giurisdizione sindacabile nella presente sede è soltanto quello in astratto (frutto della negazione del potere in contrasto con la regula iuris che lo attribuisce), non quello in concreto (derivante dalla negazione della tutela alla situazione soggettiva azionata in conseguenza della ipotizzata inesatta interpretazione delle norme o della non corretta ricognizione e valutazione degli elementi in fatto).

n. 18491/21  – Rel. Scarpa

Appalti pubblici – impugnazione con ricorso straordinario al Capo dello Stato, da parte della società concessionaria della costruzione e gestione del traforo del Gran San Bernardo, del provvedimento, emesso dal Ministero delle infrastrutture e trasporti, con cui veniva approvata solo parzialmente una perizia di variante tecnica – il Presidente della Repubblica dichiara inammissibile il ricorso – ricorso della società titolare della concessione affidato ad un motivo per denegata giustizia (RGN 13556/19).

SU dichiarano il ricorso inammissibile. Si ricorda, in primo luogo, che l’art. 7, comma 8, c.p.a. dispone che il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica è ammesso unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa. Tuttavia, nella medesima logica restrittiva, il successivo art. 120, comma 1, c.p.a. ne esclude l’esperibilità avverso gli atti delle procedure di affidamento relative a pubblici lavori, servizi o forniture, “impugnabili unicamente mediante ricorso al tribunale amministrativo regionale competente”. Le SU hanno quindi rilevato che le suddette norme hanno evidenziato l’avvenuta “giurisdizionalizzazione” del ricorso straordinario sicché la relativa decisione presidenziale, conforme al parere del Consiglio di Stato, è come tale impugnabile in cassazione per motivi di giurisdizione o ai sensi dell’art. 362 c.p.c. e dell’artt. 110 c.p.a., ripetendo dal parere stesso la natura di atto giurisdizionale in senso sostanziale. Nella presente controversia il Consiglio di Stato nel proprio parere ha dichiarato l’inammissibilità della proposizione del rimedio straordinario del ricorso al Capo dello Stato, sottolineando che il predetto art. 120, comma 1, delinea una competenza funzionale ed inderogabile dei Tribunali amministrativi regionali in materia di procedure di affidamento relative a pubblici lavori, servizi o forniture, comprensiva anche delle controversie conseguenziali alla gara ed attinenti all’esecuzione dell’affidamento in senso stretto, quale, nella specie, quella relativa all’approvazione di una perizia di variante. Secondo questa ricostruzione interpretativa, la variante, pur inserendosi nella fase di esecuzione del contratto, è subordinata ad un procedimento autorizzatorio di natura non privatistica ma autoritativa, che incide direttamente sulla procedura pubblicistica di affidamento, sicché le contestazioni sulla sussistenza dei presupposti o sul diniego di autorizzazione della medesima variante opposto dalla stazione appaltante (quali quelle dedotte nel presente giudizio) finiscono per ricadere nella giurisdizione esclusiva ex art. 120, comma 1, del giudice amministrativo (che la giurisprudenza amministrativa ritiene applicabile anche alle procedure di affidamento di servizi in concessione). La società ricorrente sostiene che la propria domanda di annullamento del decreto ministeriale in contestazione rientrava non nell’ipotesi di cui all’art. 120, comma 1, c.p.a. ma nell’ipotesi generale delle controversie devolute alla giurisdizione amministrativa, per le quali è altresì ammesso dall’art. 7, comma 8, c.p.a. il ricorso straordinario al Capo dello Stato. Ne consegue che viene denunciato un cattivo esercizio della giurisdizione, che essendo attinente all’esplicazione interna del potere giurisdizionale conferito dalla legge al giudice amministrativo non è deducibile dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di cassazione ai sensi dell’art. 111, comma 8, Cost.

n. 18976/21  – Rel. Greco

Urbanistica – Convenzione tra il Comune di Scandicci e Società Cooperative assegnatarie in proprietà di lotti inseriti in un PEEP – previsione di “penalità” a  favore del Comune nel caso di prezzo praticato agli assegnatari degli alloggi superiore a quello dovuto in applicazione dei criteri indicati in convenzione – il Comune applica alle cooperative la “penale” per il superamento del prezzo massimo di cessione – cooperativa ricorre in G.A. – il Tar accoglie parzialmente per altro profilo ma afferma la legittimità delle penali inquadrate in termini privatistici e il Consiglio di Stato conferma con diversa motivazione (riconduce la penale all’esercizio di un potere pubblicistico sanzionatorio fondato sull’art. 35 della legge n. 865 del 1971, oltre che all’art. 1382 cod. civ.) – la cooperativa ricorre per eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera delle attribuzioni riservate al legislatore (assume la creazione di norma non presente nell’ordinamento, dietro apparente interpretazione dell’art. 35, la quale non conferirebbe all’amministrazione alcun potere, nemmeno pubblicistico, di applicare sanzioni pecuniarie nell’ambito delle convenzioni per la cessione di aree in diritto di proprietà) (RGN 29776/17).

SU dichiarano il ricorso inammissibile. A tale conclusione si perviene ribadendo il consolidato principio secondo cui l’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore è configurabile solo qualora il giudice speciale abbia applicato non la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando un’attività di produzione normativa che non gli compete. Pertanto tale situazione non ricorre quando il giudice speciale si sia attenuto al compito interpretativo che gli è proprio, ricercando la voluntas legis applicabile nel caso concreto, anche se questa abbia desunto non dal tenore letterale delle singole disposizioni, ma dalla ratio che il loro coordinamento sistematico disvela, tale operazione ermeneutica potendo dare luogo, tutt’al più, ad un error in judicando e non alla violazione dei limiti esterni della giurisdizione speciale. Tale ultima evenienza ricorre nella presente fattispecie nella quale ad escludere che nella sentenza impugnata l’attività interpretativa sia ridondata in attività creativa della norma giuridica si trova l’evidente mancato superamento dei canoni ermeneutici legali, applicati nella ricerca della voluntas legis, in particolare nel dettato dell’art. 35 della legge n. 865 del 1971 e dell’art. 1382 cod. civ., secondo un itinerario di cui il giudice d’appello dà ampiamente conto. Il Consiglio di Stato ha affermato la sussistenza di un potere sanzionatorio all’esito di scrupolosa attività interpretativa dell’art. 35 della legge n. 865 del 1971, condotta con applicazione congiunta del criterio ermeneutico “letterale” ‒ privilegiando un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma ‒ “sistematico” ‒ tenendo presenti le interrelazioní tra i commi 8, 13 e 14 del detto art. 35 e ricavando la sussistenza di un potere sanzionatorio “intermedio” dall’espressa previsione normativa di un potere più ampio ‒ nonché del criterio “logico”, reputando privo di razionalità il riconoscimento della sussistenza di un potere sanzionatorio per il mancato rispetto delle clausole della convenzione nel solo caso di quelle che prevedono la cessione di aree in diritto di superficie, negando al contempo la sussistenza dello stesso potere per il più rilevante caso delle convenzioni che prevedono la cessione di aree in diritto di proprietà, soluzione che finirebbe col creare una ingiustificata disparità di trattamento. Il Consiglio di Stato ha inoltre valutato la conciliabilità del risultato dell’operazione ermeneutica, condotta con applicazione dei canoni letterale, logico e sistematico, con i principi di tipicità dei casi oggetto di sanzioni amministrative, pervenendo argomentatamente ad un risultato positivo, come del pari argomentata è l’individuazione della portata precettiva dell’art. 1382 cod. civ.

n. 19244/21  – Rel. Perrino

Contenzioso elettorale – elezioni del 26 maggio 2019 per il rinnovo dei rappresentanti italiani nel Parlamento europeo – impugnazione in G.A., da parte di una candidata risultata prima dei non eletti, del procedimento di assegnazione dei seggi alle varie liste (ricorso fondato sulla presunta erronea individuazione delle norme da applicare) – il TAR rigetta – appello proposto da un cittadino elettore, cui aderisce l’originaria ricorrente – il Consiglio di Stato conferma, ribadendo il suo orientamento secondo cui devono trovare applicazione, in quanto posteriori, le norme del d.P.R. n. 361 del 1957 e successive modifiche (relative alle elezioni per la Camera dei deputati) anziché quelle della legge n. 18 del 1979 (dettate specificamente per le elezioni del Parlamento europeo) – ricorso del cittadino elettore affidato ad un motivo per eccesso di potere giurisdizionale consistito nell’asserita applicazione di una norma inesistente – due controricorsi (uno del Ministero dell’interno e dell’Ufficio centrale presso questa Corte e l’altro della candidata controinteressata risultata eletta) (RGN 25189/20).

Le Sezioni Unite hanno giudicato conforme al modello legale del ricorso per cassazione ex artt. 111, comma 8, Cost. e 362, comma 1, c.p.c. ma infondato nel merito il ricorso avverso sentenza del Consiglio di Stato, cui la prima dei non eletti alle elezioni per il rinnovo dei rappresentanti italiani del Parlamento Europeo imputava di avere applicato una norma inesistente, tratta dal dPR n. 361 del 1957 (che per le elezioni per la Camera dei deputati segue la disciplina di rappresentatività territoriale, art. 83), anziché l’art. 21, comma 1, n. 3, della legge n. 18 del 1979 (che prevede per le elezioni per il Parlamento Europeo il sistema di proporzionalità politica). Ad avviso delle SU, il Consiglio non si era sostituito al legislatore in una scelta ad esso riservata, essendosi limitato a colmare una lacuna normativa mediante interpretazione della normativa vigente. In particolare, il Consiglio aveva rilevato e superato l’antinomia tra le norme sulla base del criterio cronologico, ritenendo implicitamente abrogato l’art. 21 legge n. 18 del 1979 per incompatibilità, alla luce della riformulazione dell’art. 2 legge n. 18 del 1979 (ad opera dell’art. 1 legge n. 61 del 1984) e del rinvio nell’art. 51 legge n. 18 del 1979, alle disposizioni contenute nel t.u. del 1957, il cui art. 83, comma 1, n. 8, contiene un meccanismo di riequilibrio secondo l’indice relativo di circoscrizione.

n. 19244/21  – Rel. Scarpa

Contenzioso elettorale – elezioni del 26 maggio 2019 per il rinnovo dei rappresentanti italiani nel Parlamento europeo – impugnazione in G.A., da parte di una candidata risultata prima dei non eletti, del procedimento di assegnazione dei seggi alle varie liste (ricorso fondato sulla presunta erronea individuazione delle norme da applicare) – il TAR rigetta – appello proposto da un cittadino elettore, cui aderisce l’originaria ricorrente – il Consiglio di Stato conferma, ribadendo il suo orientamento secondo cui devono trovare applicazione, in quanto posteriori, le norme del d.P.R. n. 361 del 1957 e successive modifiche (relative alle elezioni per la Camera dei deputati) anziché quelle della legge n. 18 del 1979 (dettate specificamente per le elezioni del Parlamento europeo) – ricorso del cittadino elettore affidato ad un motivo per eccesso di potere giurisdizionale consistito nell’asserita applicazione di una norma inesistente – due controricorsi (uno del Ministero dell’interno e dell’Ufficio centrale presso questa Corte e l’altro della candidata controinteressata risultata eletta) (RGN 25189/20).

Le Sezioni Unite hanno giudicato conforme al modello legale del ricorso per cassazione ex artt. 111, comma 8, Cost. e 362, comma 1, c.p.c. ma infondato nel merito il ricorso avverso sentenza del Consiglio di Stato, cui la prima dei non eletti alle elezioni per il rinnovo dei rappresentanti italiani del Parlamento Europeo imputava di avere applicato una norma inesistente, tratta dal dPR n. 361 del 1957 (che per le elezioni per la Camera dei deputati segue la disciplina di rappresentatività territoriale, art. 83), anziché l’art. 21, comma 1, n. 3, della legge n. 18 del 1979 (che prevede per le elezioni per il Parlamento Europeo il sistema di proporzionalità politica). Ad avviso delle SU, il Consiglio non si era sostituito al legislatore in una scelta ad esso riservata, essendosi limitato a colmare una lacuna normativa mediante interpretazione della normativa vigente. In particolare, il Consiglio aveva rilevato e superato l’antinomia tra le norme sulla base del criterio cronologico, ritenendo implicitamente abrogato l’art. 21 legge n. 18 del 1979 per incompatibilità, alla luce della riformulazione dell’art. 2 legge n. 18 del 1979 (ad opera dell’art. 1 legge n. 61 del 1984) e del rinvio nell’art. 51 legge n. 18 del 1979, alle disposizioni contenute nel t.u. del 1957, il cui art. 83, comma 1, n. 8, contiene un meccanismo di riequilibrio secondo l’indice relativo di circoscrizione.

n. Ord. 20161/21  – Rel. Carrato

Differenze tra prestazioni erogate e fatturate e le somme corrisposte dalla ASP competente, in base a contratti sottoscritti dalla titolare di una impresa individuale per erogazione di prestazioni sanitarie a carico del Servizio sanitario della Regione Calabria – Ricorso dell’interessata al Tribunale ordinario – Il Tribunale ordinario declina la giurisdizione in favore del Giudice amministrativo, in conseguenza delle insopprimibili esigenze di bilancio della Regione – In sede di riassunzione il TAR per la Calabria solleva d’ufficio conflitto negativo di giurisdizione volto ad ottenere la dichiarazione della sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario (RGN 18453/20).

SU risolvono il sollevato conflitto di giurisdizione dichiarando la giurisdizione del giudice ordinario ritenendo applicabile al caso di specie il principio consolidato nella giurisprudenza delle SU secondo cui in tema di attività sanitaria esercitata in regime di cd. accreditamento, la domanda di condanna della Asl al pagamento del corrispettivo per le prestazioni eccedenti il limite di spesa, proposta dalla società accreditata sul presupposto dell’annullamento in via giurisdizionale dei provvedimenti amministrativi che avevano stabilito i ccdd. “tetti di spesa” e della conseguente invalidità, inefficacia o inoperatività parziale dell’accordo stipulato tra le parti limitatamente alle clausole che prevedevano la non remunerabilità delle predette prestazioni, rientra, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 104 del 2010, nella giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di controversia il cui petitum sostanziale investe unicamente la verifica dell’esatto adempimento di una obbligazione correlata ad una pretesa del privato riconducibile nell’alveo dei diritti soggettivi, senza coinvolgere il controllo di legittimità dell’azione autoritativa della P.A. sul rapporto concessorio.

n. Ord. 20539/21  – Rel. Giusti

Servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti – società agisce dinanzi al G.O. per fare accertare l’inadempimento del Comune di San Giorgio a Cremano all’obbligo di pagamento del corrispettivo – il Tribunale di Napoli declina la giurisdizione – adito in riassunzione il Tar Campania solleva conflitto negativo di giurisdizione. (RGN 32346/20)

Le S.U. dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario, giacché la controversia concerne una pretesa – il pagamento del corrispettivo correlato alla fase di esecuzione del servizio di raccolta di rifiuti solidi urbani – in relazione alla quale si pongono questioni di natura “negoziale” e a contenuto meramente patrimoniale, mentre non viene in rilievo alcun esercizio di potestà autoritativa da parte della pubblica amministrazione, per cui si è al di fuori dell’ambito della giurisdizione esclusiva in materia di gestione dei rifiuti, prevista dall’art. 133, lettera p), cod. proc. amm.

n. Ord. 20690/21  – Rel. Acierno

Sanità – liquidazione dell’Associazione anni verdi, titolare di autorizzazione ed accreditamento per attività di riabilitazione (nel 2006) – costituzione in sua vece di un consorzio tra società cooperative, finalizzato allo scopo di gestire in via eccezionale e transitoria i centri di riabilitazione della disciolta Associazione anni verdi – successive delibere regionali definiscono le modalità di pagamento delle prestazioni col sistema c.d. a tariffa – impugnazione in G.A., da parte di una delle associazioni componenti il consorzio, del decreto emesso dal Presidente della Regione Lazio, in qualità di commissario ad acta, avente ad oggetto il livello massimo di finanziamento erogato in favore delle strutture sanitarie accreditate, nella parte in cui non prevede la voce “accantonamento ex anni verdi” e impone la cessazione di ogni rapporto atipico non contrattualizzato – il TAR rigetta il ricorso – il Consiglio di Stato conferma – ricorso affidato ad un motivo per eccesso di potere giurisdizionale e violazione degli artt. 103 e 113 Cost. (RGN 25127/19).

Le Sezioni Unite dichiarano inammissibile il ricorso avverso sentenza del Consiglio di Stato, ritenendo inconfigurabile il vizio di eccesso di potere giurisdizionale per indebito esercizio di attività amministrativa nella determinazione del tetto di finanziamento per le prestazioni erogate da struttura sanitaria non ancora accreditata ma in predicato di esserlo, stante l’esigenza rilevata dal Consiglio di Stato, nell’esercizio incensurabile dell’attività interpretativa che gli è propria, di uniformare le diverse tipologie di operatori sanitari e di garantire un più efficace e uniforme controllo della spesa sanitaria.

n. Ord. 20692/21  – Rel. Scoditti

Raccolta e smaltimento dei rifiuti nella Regione Sicilia – misure compensative per i Comuni ove sono collocati gli impianti di smaltimento e trattamento dei rifiuti e i Comuni limitrofi – il Comune di Misterbianco, limitrofo a quello di Motta Sant’Anastasia, emette ingiunzione di pagamento nei confronti della Oikos spa per ottenere il pagamento degli oneri di mitigazione ambientale a carico del gestore della discarica – la Oikos resiste proponendo opposizione dinanzi al Tribunale ordinario di Catania e al TAR Catania e conviene in giudizio il Comune di Motta Sant’Anastasia al quale aveva versato per intero i suddetti oneri – il Comune di Motta Sant’Anastasia propone regolamento preventivo di giurisdizione e chiede di dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nel giudizio promosso da Oikos dinanzi al Tribunale di Catania – analoghe conclusioni sono formulate dal Comune di Catania (RGN 10131/19).

Le Sezioni Unite dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario in controversia tra il gestore di impianto di smaltimento di rifiuti e un comune per il pagamento della quota dei proventi dell’attività di smaltimento corrispondente ai c.d. oneri di mitigazione ambientale, trattandosi di un rapporto di debito-credito nel quale non viene in rilievo l’esercizio di poteri amministrativi, e ciò sia sulla domanda principale che su quella subordinata, concernente il risarcimento del danno invocato nei confronti di un ente regionale per la lesione dell’affidamento determinato da un provvedimento che aveva comportato il pagamento integrale degli oneri in favore del solo comune ricorrente.

n. Ord. 20822/21  – Rel. Grasso

Beni demaniali – alloggio in concessione a dipendente dello Stato – l’Agenzia del demanio ridetermina la misura del canone demaniale in applicazione dell’art. 32 della legge n. 724 del 1994 – ricorso dell’interessato al Tar che rileva profili di difetto di giurisdizione e rigetta istanza cautelare – ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione con il quale si chiede di dichiarare la giurisdizione del giudice amministrativo – controricorso dell’Agenzia del demanio (RGN 14996/20).

Le Sezioni Unite dichiarano improcedibile l’istanza di regolamento preventivo di giurisdizione per tardivo deposito e, ritenendo ammissibile l’istanza di regolamento avanzata dalla controricorrente Agenzia delle entrate, dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario in materia di debenza del canone per l’utilizzo di alloggio demaniale.

n. Ord. 20823/21  – Rel. Grasso

Contratto preliminare di compravendita stipulato dal Comune di Mercallo con gli attuali controricorrenti per la cessione al Comune si parte di un edificio di proprietà di questi ultimi, onde destinarla al nuovo municipio – Previsione, ad integrazione del compenso monetario, della sottoscrizione di una convenzione di lottizzazione volta al trasferimento dell’attività della società dei venditori con previsione della realizzazione di un edificio di 3 piani, con 53 parcheggi privati e destinazione in parte abitativa – Reiterate istanze del Comune di restituzione dell’acconto versato in conseguenza del mancato tempestivo inizio dei lavori pattuiti con la presentazione del progetto – Impugnazione da parte degli interessati dinanzi al TAR Lombardia, Milano delle suddette istanze – Eccezione preliminare del Comune relativa al difetto di giurisdizione del giudice amministrativo – Con il presente regolamento preventivo di giurisdizione si chiede il riconoscimento della sussistenza della giurisdizione della del giudice ordinario, sull’assunto secondo cui la presente controversia riguarda le previsioni di un contratto preliminare di compravendita, stipulato dal Comune iure privatorum (RGN 29080/20).

Le Sezioni Unite dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario su domanda volta ad accertare l’inadempimento del comune agli obblighi assunti con una convenzione di lottizzazione stipulata ad integrazione del compenso monetario spettante alla società proprietaria di un edificio da destinare a nuovo palazzo municipale, costituente oggetto di un contratto preliminare di compravendita, inerendo la controversia alla fase esecutiva del rapporto, senza coinvolgimento di alcun profilo riguardante l’esercizio di poteri autoritativi della p.a., e risolvendosi il petitum sostanziale nella denuncia di violazioni contrattuali, la cui verifica è estranea alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

n. Ord. 20824/21  – Rel. Grasso

Servizi pubblici – azione di privata cittadina in G.O., nei confronti dell’Azienda multiservizi e di igiene urbana del Comune di Genova (AMIU), per ottenere la cessazione di ogni comportamento idoneo a recare molestia e disturbo nel godimento dell’immobile in proprietà, nonché per il risarcimento dei relativi danni – il Tribunale ordinario declina la giurisdizione in favore del giudice amministrativo – il TAR solleva conflitto negativo di giurisdizione, ai sensi dell’art. 59 della legge n. 69 del 2009, ritenendo sussistente la giurisdizione del giudice ordinario, sul rilievo che la causa avrebbe ad oggetto dei meri comportamenti materiali, rispetto ai quali il cittadino è titolare di diritti soggettivi (RGN 29587/20).

Le Sezioni Unite dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario su conflitto sollevato dal Tar Liguria, adito dopo una declinatoria di giurisdizione del Tribunale di Genova, su domanda del privato che chiedeva di far cessare le molestie consistenti in intollerabili immissioni di rumori ed esalazioni maleodoranti provenienti da un vicino punto di raccolta per il conferimento dei rifiuti e di condannare l’azienda comunale al risarcimento del danno.

n. Ord. 21640/21  – Rel. Ferro

Edilizia – manufatto abusivo – ordinanza dell’Ente Parco Nazionale del Vesuvio di demolizione e ingiunzione di pagamento ex r.d. n. 639 del 1910 – privato agisce dinanzi al Tribunale di Nola che declina la giurisdizione – il Tar Campania, adito in riassunzione, solleva conflitto negativo di giurisdizione. (RGN 32344/20).

Le S.U. dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario, davanti al quale rimettono le parti, trattandosi di controversia avente ad oggetto il recupero delle spese per l’effettuazione d’ufficio, da parte della P.A., di opere oggetto di un’ordinanza rimasta non eseguita da parte del destinatario (nella specie, esecuzione c.d. in danno).

n. Ord. 21641/21  – Rel. Conti

Consiglio di Stato – Impugnazione da parte dell’attuale ricorrente del provvedimento del competente ufficio del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali di distruzione delle coltivazioni di OGM illecitamente piantate su alcuni terreni siti in provincia di Pordenone – Rigetto del ricorso da parte del TAR per il Friuli Venezia Giulia – Conferma di tale decisione da parte del Consiglio di Stato – Con il presente ricorso si sostiene che il Consiglio di Stato avrebbe principalmente violato numerose disposizioni del TFUE, della Carta dei diritti fondamentali e di plurime direttive e regolamenti UE per aver emanato la suindicata sentenza senza applicare correttamente il diritto europeo e senza effettuare il richiesto rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE, così travalicando i limiti della propria giurisdizione. (RGN 5402/21).

Le S.U. rigettano il ricorso. Osserva l’ordinanza che la censura aveva ad oggetto il mancato sollevamento, da parte del Consiglio di Stato, sia del c.d. rinvio pregiudiziale di validità che del c.d. rinvio pregiudiziale di interpretazione alla Corte di giustizia dell’UE. Quanto al rinvio pregiudiziale di validità, le S.U. ritengono la censura ammissibile ma infondata, avendo il Consiglio di Stato motivatamente escluso la ricorrenza dei presupposti del relativo rinvio. Quanto, invece, al rinvio pregiudiziale di interpretazione, le S.U. ritengono la censura inammissibile, confermando l’orientamento secondo cui una simile decisione assunta dal giudice amministrativo non supera i limiti esterni della giurisdizione, la cui sola violazione giustifica l’intervento della Corte di cassazione; tanto più che, nel caso di specie, il Consiglio di Stato aveva accuratamente illustrato le ragioni del mancato rinvio (in motivazione viene anche espressamente esclusa l’ipotesi di un contrasto con l’ordinanza n. 19598 del 2020 delle medesime S.U.).

n. Ord. 21650/21  – Rel. Conti

Decreto ingiuntivo emesso nei confronti della Regione Veneto in favore della società attuale ricorrente per una somma di denaro qualificata come saldo del contributo previsto per la realizzazione di alloggi di edilizia agevolata effettuata nell’ambito di un ampio progetto di riqualificazione urbana della città di Verona – In sede di opposizione la Regione eccepisce preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo, sul presupposto secondo cui il contributo in contestazione ha avuto come fonte il Protocollo di intesa intercorso tra la Regione, il Comune di Verona e la società – Nel presente ricorso la società chiede di confermare la sussistenza della giurisdizione dell’AGO, essendo in contestazione diritti soggettivi, mentre la Regione Veneto, in controricorso, insiste per la evoluzione della controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo (RGN 18213/20).

Le S.U. dichiarano la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulle domande proposte dalla SAR MAR S.p.A., quale mandataria dell’ATI costituita con le società COVECO e AITECO, nei confronti della Regione Veneto tesa ad ottenere, in via monitoria, il pagamento della frazione di finanziamento correlato alla realizzazione del progetto di riqualificazione concernente le ex caserme Passalacqua e Santa Marta in territorio del Comune di Verona per la realizzazione di n. 24 alloggi, ed a quelle proposte nel giudizio di opposizione della Regione Veneto. L’ordinanza osserva che la giurisdizione va così attribuita in quanto la pretesa avanzata dalla società mandataria dell’ATI trova il proprio fondamento nel Protocollo d’intesa concluso tra le parti e il Comune di Verona, avente ad oggetto l’attuazione del programma di riqualificazione urbana per alloggi a canone sostenibile, come tale rientrante negli accordi di cui all’art. 11 della legge n. 241 del 1990, devoluti appunto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

n. Ord. 21652/21  – Rel. Ferro

Finanziamenti e sovvenzioni – azione di società privata in G.O., nei confronti del Ministero per le attività produttive, con cui si chiede di accertare l’illegittimità del provvedimento di revoca del contributo concesso per la realizzazione di un programma di investimenti, revoca disposta a causa di un presunto inadempimento in fase di attuazione – il Ministero si costituisce ed eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice ordinario – il Tribunale dichiara il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo – la Corte d’appello riforma e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, rimettendo al primo giudice – ricorso del Ministero con cui si sostiene che la giurisdizione spetti al giudice amministrativo (RGN 36193/19).

Le S.U. rigettano il ricorso e rimettono al giudice di merito la liquidazione delle spese del procedimento. Osserva l’ordinanza che la controversia, pur collocandosi nell’ambito dell’attuazione di un patto territoriale, si trova a valle dello stesso, perché la società ricorrente era stata destinataria di una richiesta di restituzione di somme già percepite a titolo di contributo nell’ambito di un patto territoriale, e ciò per inadempimento rispetto alle condizioni presupposte in sede di erogazione. Tale revoca, quindi, non costituiva conseguenza dell’esercizio di un potere pubblico, bensì di una difformità tra gli obblighi previsti e il comportamento del beneficiario del finanziamento stesso.

n. Ord. 21651/21  – Rel. Ferro

Consiglio di Stato – Procedura di affidamento in appalto integrato di molteplici attività relative alla rifunzionalizzazione e all’adeguamento delle sezioni di trattamento dell’impianto di depurazione di Marcianise, previa acquisizione del progetto definitivo in sede di gara – Impugnazione degli atti davanti al TAR Campania da parte del Consorzio attuale ricorrente ed altra – Il Consiglio di Stato accoglie parzialmente l’appello del Consorzio medesimo – Con il presente ricorso si ipotizza la violazione dei limiti esterni della giurisdizione per essersi il Consiglio di Stato sostituito alla Stazione appaltante in una valutazione discrezionale e futura, con riferimento all’affermata insussistenza di un vantaggio competitivo per il Consorzio derivante dalla conoscenza anticipata della progettazione preliminare posta a base della gara de qua. (RGN16814/20).

Le S.U. dichiarano il ricorso inammissibile. Rileva l’ordinanza che il primo motivo è inammissibile in quanto volto a prospettare la violazione di norme processuali; il secondo ed il terzo motivo, invece, vengono ritenuti inammissibili in quanto non colgono la ratio decidendi del provvedimento impugnato. È stato parimenti escluso l’eccesso di potere per sconfinamento nella sfera del merito amministrativo, avendo il Consiglio di Stato esercitato le proprie prerogative di interpretazione senza incorrere nella valutazione concreta di opportunità e convenienza dell’atto.

n. Ord. 21762/21  – Rel. Valitutti

Concessione attività di progettazione esecutiva, costruzione e gestione del “Corridoio Intermodale Roma-Latina e Collegamento Cisterna-Valmontone” – gara indetta da Autostrade del Lazio e aggiudicata al Consorzio Stabile SIS – la concorrente Salini Impregilo propone ricorso che è rigettato dal Tar e accolto in appello dal Consiglio di Stato con sentenza n. 5374 del 2018 (impugnata dal Consorzio con ricorso per cassazione rg. 35964 del 2018) – Autostrade propone ricorso al Consiglio di Stato ex art. 112, co.5, c.p.a. per ottenere chiarimenti sulla ottemperanza della sentenza n. 5374 del 2018, con riferimento alla questione della percentuale di contributo a fondo perduto, costituente uno degli elementi di valutazione dell’offerta economica in sede di gara – il Consiglio di Stato con sentenza n. 8696 del 2019 rende i chiarimenti richiesti – il Consorzio propone ricorso deducendo travalicamento dai limiti esterni della giurisdizione amministrativa e denegata giustizia – Autostrade del Lazio e Salini Impregilo resistono con controricorsi (RGN 3840/2020).

Le Sezioni Unite dichiarano inammissibile il ricorso che denunciava eccesso di potere giurisdizionale da parte del Consiglio di Stato, per essere incorso in diniego di giurisdizione e usurpazione della funzione giurisdizionale, pronunciando in sede di ricorso dell’autorità aggiudicatrice (società Autostrade) ex art. 112, co. 5, c.p.c. per chiarimenti su precedente giudicato amministrativo (di annullamento dell’aggiudicazione di una gara per la concessione dell’attività di progettazione, costruzione e gestione di tratto autostradale, su ricorso della società non aggiudicataria), avendo le Sezioni Unite rilevato che il Consiglio si era limitato a interpretare il giudicato, sancendo l’obbligo dell’Amministrazione di rinnovare la gara predisponendo nuovamente una lettera di invito, con la conseguenza che tutti gli originari destinatari della lettera di invito erano legittimati a ripresentare le offerte.

n. Ord. 21768/21  – Rel. Valitutti

Urbanistica e edilizia –  azione proposta dal Consorzio Parco dell’Aniene in G.O., nei confronti di Roma Capitale e della s.p.a. Acea ATO 2, per il risarcimento dei danni conseguenti al mancato realizzo e alla mancata riparazione del sistema fognario preesistente alle realizzazioni edilizie effettuate dall’attrice, con conseguente mancato guadagno, perdita di valore dell’area e danno all’immagine – le convenute si sostituiscono e chiamano in manleva le proprie società di assicurazione, eccependo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo – regolamento preventivo di giurisdizione proposto dalla società attrice per sentire dichiarare che la giurisdizione spetta al giudice ordinario (RGN 25399/20)

Le Sezioni Unite, in sede di regolamento preventivo, dichiarano la giurisdizione del giudice amministrativo su domanda di risarcimento del danno nei confronti di Roma Capitale e Acea ATO 2 per la mancata realizzazione di opera pubblica (allaccio alla rete fognaria a servizio di un comparto privato), venendo in rilievo il mancato esercizio del potere sotteso alla cura di interessi pubblici, in relazione al quale il privato è titolare di interessi legittimi pretensivi.

n. Ord. 21769/21  – Rel. Valitutti

Autorizzazioni e concessioni  – azione proposta in G.O., da parte di privato titolare di concessione comunale per l’utilizzo di un’area prospiciente il lungomare, con l’obbligo di realizzazione di un chiosco di vendita alimenti e bevande, nei confronti del Comune di Gizzeria, per il risarcimento dei danni conseguenti allo smantellamento del chiosco, da parte del convenuto, a causa delle violente mareggiate – il Tribunale ordinario accoglie la domanda – appello  principale del Comune in punto di giurisdizione e di merito e appello incidentale del privato in ordine alla liquidazione del danno – la Corte d’appello rigetta l’appello principale e accoglie in parte quello incidentale, incrementando la liquidazione dei danni – ricorso principale del Comune (giurisdizione e merito) e ricorso incidentale del privato (RGN 30303/19)

Le Sezioni Unite rigettano il ricorso e dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario su domanda di risarcimento del danno per lo smantellamento, realizzato dal comune, di un chiosco edificato su suolo pubblico utilizzato dal privato in forza di concessione, non venendo in rilievo profili inerenti all’esercizio di poteri pubblicistici, non ravvisabili quando siano in discussione questioni inerenti all’adempimento o inadempimento del rapporto concessorio nella fase esecutiva. 

n. Ord. 21770/21  – Rel. Valitutti

Consorzi – decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale ordinario col quale viene ordinato al Comune di Cercemaggiore il pagamento, in favore del Consorzio per lo sviluppo industriale di Campobasso-Bojano, delle quote di gestione per i conferimenti annuali e per la realizzazione di un raccordo ferroviario – opposizione da parte del Comune – il Tribunale dichiara il difetto di giurisdizione e revoca il decreto ingiuntivo – la Corte d’appello conferma – ricorso del Consorzio affidato ad un complesso motivo in punto di giurisdizione (RGN 36966/19)

Le Sezioni Unite cassano e dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario, escludendo quella del giudice amministrativo in controversia introdotta in via monitoria da un Consorzio per lo sviluppo industriale con cui si intimava a un comune di pagare le quote di gestione per i conferimenti annuali e la realizzazione di un raccordo ferroviario. Le Sezioni Unite escludono la configurabilità (diversamente da quanto sostenuto dai giudici di merito) di un accordo tra pubbliche amministrazioni, ex art. 15 legge n. 241 del 1990 e 133, co. 1, lett. a), n. 2, c.p.a., sia per la mancanza di una convenzione formale tra le parti (ravvisandosi solo delibere non impugnate) sia, soprattutto, per la mancanza nella fattispecie del contenuto tipico di un tal genere di accordi, destinati a disciplinare e coordinare l’esercizio di potestà amministrative tra le pubbliche amministrazioni contraenti su oggetti di interesse comune, ma non a comporre conflitti o a regolare questioni meramente patrimoniali tra le parti, come nella specie, tanto più che il comune, contestando solo l’esistenza del potere del consorzio di pretendere i contributi richiesti, aveva inteso tutelare il proprio diritto soggettivo di non essere obbligato a prestazioni patrimoniali al di fuori dei casi previsti dalla legge.

n. 21957/21  – Rel. Falaschi

P.A. – azione in G.O. per la condanna del Comune di Velletri alla stipula ex art. 2932 c.c. di contratto di locazione di manufatto (chiosco bar) su suolo demaniale per un determinato canone di affitto – il Tribunale di Roma accoglie – il Comune propone appello eccependo il difetto di giurisdizione del G.O. – la Corte d’appello di Roma declina la giurisdizione in favore del G.A. (qualifica il rapporto come concessione di beni) – il privato ricorre per cassazione invocando la giurisdizione del G.O. – il Comune resiste con controricorso (RGN 34712/19).

SU accolgono il ricorso e dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario, rilevando che nella specie, non viene in considerazione la legittimità degli atti della procedura ad evidenza pubblica, bensì l’esercizio del diritto di prelazione fatto valere dall’attuale ricorrente e che, in particolare, la controversia attiene sostanzialmente alla posizione soggettiva del ricorrente di titolare del diritto di prelazione sull’immobile di cui si tratta, di cui andrà valutata la sussistenza o meno. Si sottolinea che tale conclusione è conforme alla giurisprudenza consolidata delle SU ove è stato anche precisato che la prelazione legale si configura come un diritto soggettivo potestativo, non suscettibile di essere degradato o affievolito da provvedimenti amministrativi, con la conseguenza che se la pubblica amministrazione bandisce l’asta pubblica per l’alienazione di un fondo agricolo, in relazione al quale esistano titolari del diritto di prelazione, la controversia promossa dal soggetto destinatario della proposta di aggiudicazione contro l’Amministrazione ed i prelazionari − benché introdotta da soggetto titolare di un mero interesse legittimo in quanto non aggiudicatario definitivo e prospettata sotto il profilo dell’illegittimità dei provvedimenti con cui l’ente pubblico ha disposto il successivo trasferimento del bene − rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, siccome l’azione esercitata tende a contestare il legittimo esercizio del diritto di prelazione del quale i convenuti sono titolari, nonché il diritto di proprietà sul dagli stessi acquisito.

n. Ord. 21958/21  – Rel. Falaschi

Autorizzazioni e concessioni – azione proposta in G.O. da società privata, titolare di un provvedimento di autorizzazione alla ristrutturazione, con sistemazione dell’assetto funzionale, di un impianto di distribuzione di carburanti, nei confronti della società partecipata dalla Regione Lazio (che aveva rilasciato l’autorizzazione), per il risarcimento dei danni conseguenti alla revoca del provvedimento di autorizzazione – la società convenuta si costituisce ed eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice ordinario per essere la causa appartenente alla giurisdizione del giudice amministrativo, in considerazione della sua natura di società interamente partecipata dalla Regione Lazio, nonché affidataria di compiti amministrativi riservati alla Regione – regolamento preventivo di giurisdizione richiesto dalla società convenuta (RGN 11604/20).

SU dichiarano la giurisdizione del giudice amministrativo, rilevando che nella presente controversia si discute della legittimità della revoca dell’autorizzazione alla esecuzione di lavori edilizi di ristrutturazione emessa dall’ASTRAL – Azienda Strade Lazio s.p.a., nell’esercizio di funzioni e compiti amministrativi in tema di vigilanza della rete viaria regionale, provvedimento posto a fondamento di una domanda di risarcimento del danno. Si controverte quindi di atti compiuti iure imperii da una società per azioni a partecipazione pubblica (in particolare, interamente partecipata dalla Regione Lazio) che, in quanto espressione di un potere pubblicistico autoritativo, devono essere esaminati dal giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva anche con riguardo al risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi della società interessata.

n. Ord. 21968/21  – Rel. Perrino

Società partecipate – sentenza del Consiglio di Stato nella quale vengono annullati gli atti di dismissione della partecipazione societaria della Città metropolitana di Torino nella s.p.a. SITAF (Società italiana per il traforo autostradale del Frejus), dismissione da attuare con la vendita in favore della società ANAS, in violazione delle procedure di evidenza pubblica – ricorso in ottemperanza proposto dalle società ATIVA (Autostrada Torino Ivrea Val D’Aosta), SIAS (Società Iniziative Autostradali e Servizi) ed altra – successivi motivi aggiunti con i quali si impugna la delibera del Consiglio metropolitano di Torino di dare esecuzione al giudicato con la dismissione in blocco delle quote di SITAF poi cedute ad ANAS – il Consiglio di Stato accoglie in parte, dichiara la nullità della delibera della Giunta comunale e la conseguente inefficacia della cessione azionaria, ordinando alla Città metropolitana di Torino di indire una procedura ad evidenza pubblica – ricorso dell’ANAS s.p.a. per eccesso di potere giurisdizionale in materia estranea alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (RGN 15939/20).

SU dichiarano il ricorso inammissibile, in applicazione del principio consolidato nella giurisprudenza delle SU secondo cui poiché nel giudizio di ottemperanza è attribuito al giudice amministrativo un sindacato anche di merito, per distinguere le fattispecie in cui il controllo sui limiti della giurisdizione è consentito da quelle in cui risulta invece inammissibile, è decisivo stabilire se con il ricorso per cassazione è censurato il “modo” in cui il potere giurisdizionale di ottemperanza è stato esercitato dal giudice amministrativo (profilo che attiene ai limiti interni della giurisdizione), oppure la “possibilità” stessa – in una determinata situazione – di fare ricorso al giudizio di ottemperanza, profilo che invece attiene ai limiti esterni. Nella specie il giudice amministrativo ha individuato gli effetti conformativi del giudicato, là dove ha evidenziato che la vendita in blocco della partecipazione di maggioranza assoluta in SITAF è la seconda fase del procedimento di dismissione azionaria originariamente previsto e reputato illegittimo perché realizzatosi a trattativa privata, in favore, tra l’altro, di un competitore nel mercato di riferimento. Di conseguenza, la pronuncia d’inefficacia della cessione azionaria ad ANAS è stata ritenuta ineludibile al fine di ripristinare in capo alla Città metropolitana di Torino l’originaria titolarità della sua partecipazione nella SITAF s.p.a (concessionaria dell’autostrada del Freius), in modo da dare piena attuazione al vincolo conformativo derivante dal giudicato di annullamento degli atti amministrativi sulla base dei quali l’alienazione ad ANAS era stata disposta. Di qui l’inammissibilità del ricorso.

n. Ord. 21969/21  – Rel. Perrino

Consiglio di Stato – cessione ad Anas spa delle partecipazioni azionarie detenute da Città di Torino (per il tramite di FCT Holding spa) e Provincia di Torino (Città Metropolitana) nella Sitaf spa (concessionaria per la progettazione, costruzione ed esercizio del Traforo del Frejus e dell’Autostrada A 32) in attuazione dell’obbligo di dismissione delle partecipazioni pubbliche non necessarie – il Consiglio di Stato, con sentenza n. 2424 del 2016 (passata in giudicato a seguito dell’inammissibilità dei ricorsi per cassazione con SU n. 2752 del 2019), annulla le delibere di autorizzazione alla vendita adottate dalle predette amministrazioni – in ottemperanza alla predetta sentenza il Consiglio di Stato, con sentenza 7393 del 2019, pronuncia l’inefficacia del contratto di cessione – l’Anas ricorre deducendo eccesso di potere giurisdizionale per avere il Consiglio dichiarato l’inefficacia del contratto di cessione di quote azionarie – la FCT Holding resiste con controricorso ed eccepisce l’inammissibilità del ricorso per acquiescenza alla sentenza impugnata (RGN 16502/20).

SU dichiarano il ricorso inammissibile, in applicazione del principio consolidato nella giurisprudenza delle SU secondo cui poiché nel giudizio di ottemperanza è attribuito al giudice amministrativo un sindacato anche di merito, per distinguere le fattispecie in cui il controllo sui limiti della giurisdizione è consentito da quelle in cui risulta invece inammissibile, è decisivo stabilire se con il ricorso per cassazione è censurato il “modo” in cui il potere giurisdizionale di ottemperanza è stato esercitato dal giudice amministrativo (profilo che attiene ai limiti interni della giurisdizione), oppure la “possibilità” stessa – in una determinata situazione – di fare ricorso al giudizio di ottemperanza, profilo che invece attiene ai limiti esterni. Nella specie il giudice amministrativo ha individuato gli effetti conformativi del giudicato, là dove ha evidenziato che la vendita in blocco della partecipazione di maggioranza assoluta nella SITAF s.p.a (concessionaria dell’autostrada del Freius) è la seconda fase del procedimento di dismissione azionaria originariamente previsto e reputato illegittimo perché realizzatosi a trattativa privata, in favore, tra l’altro, di un competitore nel mercato di riferimento. La pronuncia d’inefficacia della cessione azionaria ad ANAS è stata dunque ritenuta ineludibile al fine di ripristinare in capo al Comune di Torino l’originaria titolarità della sua partecipazione in SITAF, in modo da dare piena attuazione al vincolo conformativo derivante dal giudicato di annullamento degli atti amministrativi sulla base dei quali l’alienazione ad ANAS era stata disposta. Di qui l’inammissibilità del ricorso.

n. 21970/21  – Rel. Nazzicone

Società – fusione – società incorporata cancellata dal registro delle imprese – legittimazione processuale – contrasto assegnato alle Sezioni Unite su richiesta di parte (RGN 6178/19). REL N. 102/21.

SU rigettano il ricorso, enunciando il principio di diritto secondo cui: la fusione per incorporazione estingue la società incorporata, la quale non può dunque iniziare un giudizio in persona del suo ex amministratore, ferma restando la facoltà per la società incorporante di spiegare intervento volontario in corso di causa, ai sensi e per gli effetti dell’art. 105 cod. proc. civ. Peraltro, ove la fusione intervenga in corso di causa, non si determina l’interruzione del processo, che è esclusa ex lege dall’art. 2504 bis cod. civ.

n. Ord. 21971/21  – Rel. Nazzicone

Appalti pubblici – assegnazione in favore di una società di scopo, tramite procedura di project financing, dei lavori per il recupero, la ristrutturazione e la rifunzionalizzazione dell’edificio denominato “Vecchia dogana” nell’area portuale di Catania – successivo giudizio promosso in G.O., da parte della società assegnataria, per sentire dichiarare l’inadempimento dell’Autorità portuale in relazione ad una serie obblighi assunti contrattualmente – l’Autorità portuale si costituisce e chiede il rigetto della domanda – il G.I., sciogliendo la riserva assunta in ordine all’ammissione dei mezzi di prova, pone d’ufficio la questione di giurisdizione, rilevando la possibile esistenza anche di un potere discrezionale della P.A. – la società attrice chiede il regolamento preventivo di giurisdizione per sentire dichiarare la giurisdizione del giudice ordinario.

SU dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario. A tale conclusione si perviene ribadendosi il principio consolidato nella giurisprudenza delle SU secondo cui nel quadro normativo derivante dal d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, sussiste l’unica categoria della «concessione di lavori pubblici», non essendo più consentita la precedente distinzione tra concessione di sola costruzione e concessione di gestione dell’opera (o di costruzione e gestione congiunte), in quanto la gestione funzionale ed economica dell’opera non costituisce più un accessorio eventuale della concessione di costruzione, ma la controprestazione principale e tipica a favore del concessionario. Le controversie relative alle procedure di finanza a progetto di opere pubbliche (c.d. project financing, strumento la cui caratteristica consiste nel fatto che il concessionario viene remunerato con il diritto di gestire e sfruttare economicamente l’opera oggetto della concessione), in quanto riconducibili alla nozione normativa di concessione di lavori, di cui alla direttiva 14 giugno 1993, n. 93/37/CEE ed alla direttiva 18 luglio 1989, n. 89/440/CEE, competono – ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, cod. proc. amm. – alla giurisdizione ordinaria, se relative alla fase successiva, involgendo questioni riguardanti la delimitazione del contenuto del rapporto e l’adempimento delle relative obbligazioni, le quali si mantengono nell’ambito di un rapporto paritetico tra le parti e non implicano, pertanto, di regola, l’esercizio di un potere autoritativo pubblico.

n. Ord. 21984/21  – Rel. Falaschi

Beni pubblici – azione cautelare proposta in G.O. da privato titolare di concessione demaniale marittima, ai sensi dell’art. 700 c.p.c., nei confronti del Comune di Gizzeria e della Regione Calabria, per il risarcimento dei danni all’immagine ed all’attività di impresa asseritamente derivanti dalla restrizione dell’area in concessione conseguente a lavori eseguiti dal Comune convenuto con finanziamento regionale (soffolta) – il Tribunale ordinario declina la giurisdizione in favore del giudice amministrativo – il TAR solleva conflitto negativo di giurisdizione, ai sensi dell’art. 11 c.p.a., ritenendo sussistente la giurisdizione del giudice ordinario (RGN 13840.20).

SU dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario in quanto dall’atto introduttivo del giudizio risulta che il danno lamentato dalla società ricorrente è stato collegato eziologicamente alla errata progettazione ed esecuzione delle opere poste in essere negli anni 2010 – 2011 dal Comune convenuto finanziate dalla Regione Calabria nell’ambito del piano “Protezione e ricostruzione del litorale nella zona Capo Suvero nel Comune di Gizzeria” senza alcuna doglianza con riguardo alla ideazione delle opere stesse. Va quindi applicato il consolidato principio della giurisprudenza delle SU secondo cui, poiché nell’attuale assetto costituzionale, successivamente alla sentenza n. 204 del 2004 della Corte costituzionale, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo non è estensibile alle controversie nelle quali la P.A. non esercita alcun potere pubblico, deve essere riconosciuta la giurisdizione del giudice ordinario in tutte le controversie in cui si denunzino comportamenti configurati come illeciti ex art. 2043 cod. civ. e a fronte dei quali, per non avere la P.A. osservato condotte doverose, la posizione soggettiva del privato non può che definirsi di diritto soggettivo, restando escluso il riferimento ad atti e provvedimenti, di cui la condotta dell’amministrazione sia esecuzione, quando essi non costituiscano oggetto del giudizio, per essersi fatta valere in causa unicamente l’illiceità della condotta dell’ente pubblico, suscettibile di incidere sulla incolumità e i diritti patrimoniali del terzo.

nn. Ord. 24842-24843/21  – Rel. Cirillo

Consiglio di Stato – concessioni del demanio marittimo – stabilimento balneare – richiesta della “Società Balneare Fregene” di riduzione del 50% del canone per la minore utilizzazione dei beni a causa della forte erosione determinata da mareggiate (art. 3 d.l. 400 del 1993 conv. con mod. da art.1, co. 1, d.l. 494 del 1993, modificato da art. 1, co. 251, legge 296 del 2006) – il Tar rigetta – il Consiglio di Stato conferma – ricorso per cassazione per eccesso di potere giurisdizionale anche in relazione alla ritenuta (secondo la prospettazione difensiva) vincolatività del parere dell’Agenzia del Demanio – il Comune di Fiumicino è rimasto intimato. (RGN 19637-19638/20).

Le S.U. dichiarano inammissibile il ricorso. Rileva l’ordinanza che l’eccesso di potere giurisdizionale è da escludere in quanto il Consiglio di Stato, nella specie, ha compiuto un’attività interpretativa delle norme – compito che appartiene doverosamente ad ogni giudice – senza trasmodare in una creazione di norme inesistenti. È stato poi anche escluso l’eccesso di potere per sconfinamento nella sfera della discrezionalità amministrativa, richiamando la costante giurisprudenza in base alla quale tale vizio non è ipotizzabile in caso di una pronuncia di rigetto da parte del giudice amministrativo, perché la sentenza si esaurisce nella conferma del provvedimento impugnato.

n. Ord. 25041/21  – Rel. Napolitano

Masi chiusi – donazione immobiliare da privato A a privato B – azione del privato A in G.O., nei confronti del privato B, per l’ottenimento di una sentenza ex art. 2932 c.c. che disponga la retrocessione in suo favore di una parte degli immobili donati o, in subordine, dichiari la nullità della donazione – successiva presentazione, da parte del privato A, alla Commissione locale per i masi chiusi, di una richiesta di autorizzazione al distacco, dalla proprietà del maso chiuso del privato B, – della particella oggetto della domanda di retrocessione – la Commissione rigetta la richiesta con decisione confermata dalla Commissione provinciale, non impugnata davanti al giudice amministrativo – autorizzazione, da parte del giudice della causa pendente, alla presentazione della suindicata richiesta di distacco direttamente da parte del privato A (sebbene non proprietario del maso) – ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione da parte del privato B, il quale sostiene che il  provvedimento sarebbe stato emesso in difetto assoluto di giurisdizione o in ambito di giurisdizione del giudice amministrativo (RGN 7171/20).

Le S.U. dichiarano inammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione, osservando che nel caso in esame tale strumento era stato impropriamente utilizzato per censurare il provvedimento col quale il Tribunale di Bolzano aveva autorizzato l’attore a presentare alla Commissione dei masi chiusi una domanda in nome del convenuto. L’ordinanza ribadisce, poi, che anche in sede di regolamento preventivo di giurisdizione può essere proposta la domanda di risarcimento danni ai sensi dell’art. 96 del codice di rito civile.

n. 25042/21  – Rel. Terrusi

Concessione di costruzione e gestione di opera pubblica (autorimessa) – il Comune di Milano concedente agisce in Tar e chiede la risoluzione del contratto per grave inadempimento della Parkimed srl, concessionaria, nella gestione e la condanna alla restituzione dell’autorimessa – la società propone ricorso incidentale con cui svolge domande speculari – il Tar rigetta l’eccezione di difetto di giurisdizione e dichiara risolto il contratto ravvisando la volontà di entrambe le parti di risolverlo – il Consiglio di Stato, riuniti gli appelli, rigetta l’eccezione relativa alla giurisdizione e il gravame principale della società e, in accoglimento del gravame incidentale del Comune di Milano, accoglie il ricorso principale svolto dal Comune in primo grado – la Parkimed propone ricorso riproponendo l’eccezione di difetto di giurisdizione del g.a. – il Comune di Milano non ha svolto attività difensiva (RGN 5996/20).

Concessione di costruzione e gestione di opera pubblica (autorimessa) – la Parkimed srl e il sig. Angelo Mascheroni (esecutrice e gestore dell’opera) agiscono, dinanzi al Tribunale di Milano, contro il Comune di Milano per farne accertare l’inadempimento ed il risarcimento dei danni nell’esecuzione del rapporto –  il Comune propone domanda riconvenzionale – il Tribunale declina la giurisdizione in favore della giurisdizione del giudice amministrativo – la Corte di appello rigetta il gravame – la Parkimed propone ricorso per cassazione deducendo la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario – il Comune di Milano resiste con controricorso (RGN 5190/19).

Le Sezioni Unite dichiarano inammissibili i ricorsi deducenti la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario declinata dalla corte d’appello (con sentenza impugnata in questa sede) e il difetto della giurisdizione del giudice amministrativo che il Tar ha esercitato nel merito con sentenze non impugnate in appello sul capo relativo alla giurisdizione, per intervenuto giudicato sulla giurisdizione (amministrativa) formatosi nel giudizio conclusosi con sentenza del Consiglio di Stato impugnata in questa sede, costituendo inoltre una preclusione alla proposizione della questione di giurisdizione ex art. 360 n. 1 c.p.c. la circostanza che il giudizio amministrativo era stato introdotto dalla stessa parte ricorrente che instava per fare dichiarare la giurisdizione del giudice ordinario (fattispecie in tema di adempimento e pagamento dei corrispettivi di una concessione di costruzione e gestione di autorimessa).

. Ord. 25043/21  – Rel. Terrusi

Consiglio di Stato – gara indetta da Consip per l’affidamento di servizi in immobili di pubbliche amministrazioni – provvedimento di esclusione di Ma.ca. srl, in proprio e quale mandataria di RTI, in conseguenza della risoluzione per inadempimento di altra “Convenzione Pulizia Scuole” e di contratto di appalto relativo ai servizi di pulizia presso una Asl di Roma e violazione della normativa in tema di tracciabilità dei flussi finanziari – il Tar rigetta il ricorso – il Consiglio di Stato conferma (motivando sull’infondatezza delle censure che deducevano la non riferibilità degli inadempimenti alla Consip o ad altra stazione appaltante e la carenza di istruttoria, essendo decisivo il convincimento maturato sull’inaffidabilità professionale della Ma.ca. ecc.) – il ricorso per motivi di giurisdizione sotto il profilo del rifiuto di giurisdizione – l’ANAC resiste con controricorso (RGN 12493/20).

Le Sezioni Unite dichiarano inammissibile il ricorso deducente rifiuto di giurisdizione ma in realtà un erroneo apprezzamento da parte del Consiglio di Stato delle circostanze determinative di vari inadempimenti contestati alla società ricorrente esclusa da una gara di appalto, venendo in rilievo incensurabili errores in iudicando.

n. Ord. 25046/21  – Rel. Marotta

Servizi pubblici in genere – Asl Savonese espleta procedura di gara ad evidenza pubblica per individuare il partner privato incaricato di svolgere attività di sperimentazione di un progetto di recupero della mobilità passiva ortopedica per i cittadini liguri – gara aggiudicata alla RTI cui subentra la GSL srl – la Regione Liguria interrompe la sperimentazione per mancato raggiungimento dell’obiettivo (ridurre il tasso di fuga dei cittadini liguri fuori regione per le cure) e la Asl dispone la risoluzione del contratto – ricorso di GSL in G.A. – il Tar declina la giurisdizione sulla risoluzione del contratto – il Cons. di Stato rigetta il gravame – ricorso di GSL per motivi di giurisdizione (deduce la sussistenza della giurisdizione amministrativa) – controricorsi della Regione Liguria e dell’Asl 2 Savonese che preliminarmente eccepiscono la tardività e dunque inammissibilità del ricorso ex art. 92 c.p.a. (sentenza del Cons. di Stato notificata via PEC ai legali di GSL il 18 ottobre 2019, ricorso per cassazione notificato il 10 giugno 2020). (RGN 16064/20)

SU dichiarano estinto il giudizio per sopravvenuta rinuncia al ricorso.

n. Ord. 25047/21  – Rel. Marotta

Consiglio di Stato – Giudizio di non idoneità dell’attuale ricorrente al servizio nella Guardia di Finanza per motivi di salute – accoglimento da parte del TAR del Lazio del ricorso dell’interessato con conseguente annullamento del  provvedimento di inidoneità impugnato – il Consiglio di Stato accoglie l’appello delle parti pubbliche rilevando l’erroneità della decisione del TAR laddove ha attribuito rilievo alla inesistenza attuale di limitazioni funzionali perché gli esiti della patologia in questione “hanno carattere escludente ai sensi della normativa tecnica di settore” – ricorso dell’interessato avverso tale ultima pronuncia per prospettato eccesso di potere giurisdizionale da parte del Consiglio di Stato per invasione della sfera riservata alla Pubblica Amministrazione (RGN 16917/20)

SU dichiarano il ricorso inammissibile in quanto tutte le censure non configurano alcun eccesso di potere giurisdizionale con sconfinamento nell’area propria della P.A., come tale denunciabile con il ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, ma, in ipotesi, solo meri errores in judicando. Infatti, viene contestata la valutazione in diritto − effettuata dal Consiglio di Stato nell’esercizio del proprio potere giurisdizionale − in base alla quale si è ritenuto che l’idoneità psico-fisica richiesta per l’arruolamento dei militari nelle Forze Armate non consiste nella mera assenza di patologie implicanti disturbi funzionali, ma nel possesso di una particolare prestanza fisica e psicologica (ragionevolmente esigibile proprio in relazione alle caratteristiche particolari di impiego operativo di tale particolare categoria di personale) che ben può essere esclusa anche da alterazioni od imperfezioni organiche di carattere non patologico le quali magari non sarebbero esimenti per altro tipo di servizio ma che non danno il necessario affidamento in prospettiva per l’espletamento di mansioni che spesso attingono livelli di estrema gravosità.

n. Ord. 25165/21  – Rel. Terrusi

Appalti pubblici – impugnazione in G.A., da parte di concorrente non utilmente classificato in graduatoria, del bando di gara indetto dal Comune di Venezia per l’assegnazione di dodici licenze di taxi per l’area urbana di Mestre e della graduatoria finale del concorso – il TAR accoglie e annulla i provvedimenti, con decisione confermata dal Consiglio di Stato (sentenza n. 6397 del 2009) – impugnazione in G.A., da parte del medesimo concorrente, della successiva delibera del Consiglio comunale di Venezia con cui, previa interpretazione autentica di una norma del Regolamento comunale per l’esercizio dell’attività di taxi, erano state rilasciate dodici licenze di taxi a sanatoria del precedente annullamento – il TAR dichiara il ricorso inammissibile per tardività, con decisione confermata dal Consiglio di Stato (sentenza n. 1547 del 2018) – successivo ricorso promosso dal medesimo concorrente per l’ottemperanza al giudicato di cui alla sentenza n. 6397 del 2009 – il TAR dichiara il ricorso inammissibile, ma il Consiglio di Stato riforma la decisione e accoglie la domanda, annullando i provvedimenti di concessione delle suindicate licenze a sanatoria – ricorso proposto dai beneficiari delle licenze poi annullate affidato ad un motivo per eccesso di potere giurisdizionale (RGN 15404/20).

SU dichiarano il ricorso inammissibile, in applicazione del principio consolidato nella giurisprudenza delle SU secondo cui le decisioni del Consiglio di Stato emanate in sede di giudizio di ottemperanza − nel quale è attribuito al G.A. un sindacato anche di merito – sono soggette al sindacato delle SU soltanto quando le censure pongano in discussione la spettanza o meno in sé, nel caso concreto, del relativo potere giurisdizionale, con la peculiare estensione che lo caratterizza, spettasse o meno a detto giudice (riguardando i limiti esterni della giurisdizione stessa) mentre non lo sono quando viene in contestazione il “modo” in cui il potere giurisdizionale di ottemperanza è stato esercitato dal G.A. (perché in tal caso si discute di questioni attinenti ai limiti interni della giurisdizione). Pertanto, quando l’ottemperanza sia stata esperita a fronte di comportamenti elusivi del giudicato o manifestamente in contrasto con esso, la denuncia di eventuali errori asseritamente commessi dal G.A. nell’individuazione degli effetti conformativi del giudicato, nella ricostruzione della successiva attività della P.A. e nella valutazione di non conformità di questa agli obblighi derivanti dal giudicato afferisce ai limiti interni della giurisdizione, la cui violazione è sottratta al sindacato delle SU. Quest’ultima è la situazione che si verifica nella specie in quanto i ricorrenti hanno contestato l’interpretazione del giudicato effettuata dal Consiglio di Stato al fine di individuare il comportamento della Pubblica Amministrazione da considerare doveroso in sede di ottemperanza.

n. Ord. 25166/521  – Rel. Crucitti

Consiglio di Stato – proprietà privata – lottizzazione abusiva da parte dei proprietari di un fondo (costruzione di un fabbricato senza titolo edilizio) – provvedimento sanzionatorio emesso dal Comune di Giugliano in Campania – ricorso in Tar e Consiglio di Stato che lo rigettano – ricorso deducente errores in iudicando (concernenti la valutazione di abusività) prospettati come inerenti alla giurisdizione – controricorso del Comune. (RGN 27464/20)

SU dichiarano il ricorso inammissibile, essendo esso finalizzato, nella sua portata sostanziale, a denunciare, solo (e, peraltro, genericamente) un cattivo esercizio da parte del Consiglio di Stato della propria giurisdizione, cioè un vizio che attiene all’esplicazione interna del potere giurisdizionale conferito dalla legge al Giudice amministrativo, per costante giurisprudenza delle SU.

n. Ord. 25167/521  – Rel. Giusti

Cimiteri – diritto di sepolcro – erede agisce in AGO contro il Comune di San Donaci in forza di concessione di suolo cimiteriale rilasciata al de cuius – il Giudice di Pace con sentenza declina la giurisdizione – ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione – controricorso del Comune che eccepisce la inammissibilità per ragioni intrinseche (ex art. 41 c.p.c.) e di tardività (in quanto proposto dopo il passaggio in giudicato della sentenza impugnata) e la infondatezza del ricorso (RGN 6753/20).

Le S.U. dichiarano inammissibile il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, perché proposto per insorgere contro una sentenza declinatoria della giurisdizione emessa dal Giudice di pace e perciò al di fuori dei casi previsti dall’art. 41 cod. proc. civ.

n. Ord. 25168/521  – Rel. Giusti

Contributi pubblici – quote latte – intimazione di pagamento di somme portate da cartella – l’interessato agisce dinanzi alla CTP di Torino che declina la giurisdizione in favore del giudice amministrativo – l’interessato propone “ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione” – l’Agenzia delle Entrate Riscossione deduce la inammissibilità e infondatezza del ricorso (RGN 28502/20).

Le S.U. dichiarano inammissibile il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, perché proposto per insorgere contro una sentenza declinatoria della giurisdizione emessa dalla Commissione tributaria provinciale  e perciò al di fuori dei casi previsti dall’art. 41 cod. proc. civ.

n. 25476-25477/21  – Rel. Napolitano

Credito – risparmio – sanzioni amministrative – annullamento di atti amministrativi e/o regolamentari prodromici e strumentali rispetto al procedimento sanzionatorio di competenza della Consob nei confronti di membri del collegio sindacale della società Bioera spa – costoro ricorrono al Tar Lazio che declina la giurisdizione in favore del giudice ordinario – il Consiglio di Stato riforma e dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo con rinvio al primo giudice – la Consob ricorre per motivi di giurisdizione (chiede di dichiarare il difetto assoluto di giurisdizione o la giurisdizione del giudice ordinario) – i componenti dell’organo amministrativo resistono non controricorso (RGN 26811/19-28947/19).

Le Sezioni Unite cassano l’impugnata sentenza del Consiglio di Stato e dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario, in fattispecie in cui erano impugnati gli atti presupposti, anche regolamentari, afferenti al procedimento sanzionatorio promosso dalla Consob nei confronti dei membri del collegio sindacale di una società per violazione del dovere di vigilanza ex art. 149, comma 1, t.u.f., dando continuità all’indirizzo inaugurato dalle SU 24609 del 2019, secondo cui tali atti costituiscono la concreta e diretta ragione giustificativa della potestà sanzionatoria esercitata nel caso concreto ed incidono pertanto su posizioni di diritto soggettivo del destinatario.

n. 26555/21  – Rel. Lamorgese

Giunta Speciale per le Espropriazioni presso la Corte appello di Napoli – sentenza – due motivi di ricorso per cassazione proposti dai proprietari (in tema di criteri di determinazione della indennità di occupazione temporanea di un terreno e dei compensi professionali di avvocato) – la Copin spa resiste con controricorso – ordinanza della 1 Sez. di rimessione alle SU (ex art. 19, co. 3, della legge n. 219 del 2019) (RGN 25867/15).

Le Sezioni Unite rigettano il ricorso che infondatamente imputava a sentenza della Giunta speciale espropriazioni di avere erroneamente determinato l’indennità di occupazione temporanea in misura corrispondente agli interessi legali sull’indennità virtuale di espropriazione, anziché secondo il criterio di cui all’art. 20, comma 3, legge n. 865 del 1971.

n. 26556/21  – Rel. Lamorgese

Servizi pubblici – azione promossa in G.O. da parte dei genitori di un minore affetto da invalidità al 100 per cento, nonché dal diretto interessato, nei confronti dei Comuni di Teano e di Mignano Monte Lungo per la condanna degli stessi all’attivazione del servizio di trasporto scolastico finalizzato a consentire al ragazzo di raggiungere la scuola – il Tribunale accoglie la domanda e condanna i Comuni anche al risarcimento dei danni – la Corte d’appello conferma – ricorso del Comune di Mignano Monte Lungo affidato a due motivi per difetto di giurisdizione del giudice ordinario (RGN 5621/20).

Le Sezioni Unite cassano senza rinvio l’impugnata sentenza della corte d’appello che, decidendo nel merito, aveva ordinato ad un Comune di attivare il servizio di trasporto scolastico gratuito in favore di alunno disabile con condanna al risarcimento del danno, in accoglimento del primo motivo di ricorso del Comune che aveva eccepito il giudicato formatosi su sentenza del Consiglio di Stato anteriormente emessa nella medesima vicenda, che aveva integralmente soddisfatto le medesime pretese azionate dinanzi al giudice ordinario per il medesimo anno scolastico.

n. Ord. 26557/21  – Rel. Lamorgese

Convenzione di lottizzazione – Controversia avente ad oggetto l’escussione, da parte del Comune di Napoli, di una polizza fideiussoria concessa dalla società attuale ricorrente a garanzia di somme dovute per oneri di urbanizzazione e a titolo di penali pattuite nella convenzione – Il TAR Campania, Napoli originariamente adito, declina la propria giurisdizione in favore di quella del giudice ordinario, escludendo che la controversia rientri nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di urbanistica ed edilizia in quanto la PA agisce nell’ambito di un rapporto privatistico senza esercitare, neppure indirettamente, pubblici poteri – La società escussa propone regolamento preventivo di giurisdizione per ottenere il riconoscimento della sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo (RGN 20561/20).

Le Sezioni Unite dichiarano inammissibile il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione emesso nell’ambito e in relazione ad un procedimento cautelare ante causam pendente dinanzi al giudice ordinario.

n. Ord. 26841/21  – Rel. Mercolino

Urbanistica ed edilizia – impugnazione in G.A., da parte di società privata, 1) del provvedimento col quale il Comune di San Biagio di Callalta aveva avviato un procedimento per sanzionare l’esecuzione, da parte della ricorrente, di opere realizzate in assenza di titolo edilizio, nonché 2) del successivo provvedimento, del medesimo Comune, col quale, dandosi atto dell’inadempienza all’ordinanza di demolizione, si dichiarava che vi era titolo per l’immissione in possesso con relativa trascrizione – il TAR rigetta entrambi i ricorsi e il Consiglio di Stato conferma – ricorso della società affidato a due motivi per difetto assoluto di giurisdizione e violazione di legge (RGN 9542/20).

SU dichiarano il ricorso inammissibile, escludendo la configurabilità del denunciato eccesso di potere giurisdizionale per sconfinamento nella sfera del merito amministrativo. A tale conclusione si perviene sul principale argomento secondo cui nella specie non risultano neppure prospettati i vizi per i quali, in base alla consolidata giurisprudenza delle SU, può ricorrere la suddetta ipotesi di eccesso di potere giurisdizionale in quanto la ricorrente si è limitata a far valere l’omessa pronuncia del Giudice amministrativo in ordine ad una parte delle doglianze formulate con l’atto di appello, riguardanti vizi di legittimità del provvedimento impugnato, senza considerare che l’omessa pronuncia in ordine ai motivi d’impugnazione dell’atto amministrativo non è deducibile con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. e dell’art. 362 cod. proc. civ., risolvendosi in un mero error in procedendo, a meno che il Giudice amministrativo non abbia giustificato il proprio rifiuto di decidere adducendo l’estraneità delle questioni sollevate dal ricorrente all’ambito delle proprie attribuzioni giurisdizionali: ipotesi, quest’ultima, che, oltre a non ricorrere nella fattispecie in esame, si tradurrebbe non già in una invasione da parte del Giudice amministrativo dell’ambito riservato alle valutazioni di convenienza ed opportunità dell’Amministrazione, ma in un diniego di giurisdizione, il quale postula che il ricorrente sia stato privato della possibilità di accedere alla tutela giurisdizionale.

n. Ord. 26840/21  – Rel. Mercolino

Consiglio di Stato – Sentenza del Consiglio di Stato nella quale è stato affermato che l’espressa convocazione dell’atleta attuale ricorrente alla World Championship di Alguebelette del 29 agosto 2015 nella qualità di generica di “riserva pesi leggeri” non poteva essere valutata come partecipazione al campionato mondiale in oggetto in applicazione del bando del concorso per l’accesso nel ruolo dei Vigili del Fuoco in contestazione, essendo l’interessata stata convocata come riserva e non avendo di fatto gareggiato – Ricorso dell’atleta avverso tale pronuncia per prospettato eccesso di potere giurisdizionale da parte del Consiglio di Stato per invasione della sfera riservata alla Pubblica Amministrazione (RGN 10584/20).

SU dichiarano il ricorso inammissibile, escludendo la configurabilità del denunciato eccesso di potere giurisdizionale per sconfinamento nella sfera del merito amministrativo. A tale conclusione si perviene sulla base del consolidato orientamento delle SU con il quale, in materia di concorsi pubblici, è stata esclusa la ricorrenza del suddetto vizio non solo in riferimento alla verifica effettuata dal GA del possesso dei requisiti prescritti dal bando (la quale si risolve nell’accertamento dei presupposti di fatto del provvedimento conclusivo della procedura concorsuale, volta a stabilire se la legge consenta all’Amministrazione di adottarlo), ma anche in riferimento all’effetto costitutivo della decisione, che comporta la modificazione dei risultati della procedura, essendo stato precisato che l’auto-esecutività della pronuncia di annullamento rappresenta soltanto la conseguenza dell’interpretazione della norma di legge applicabile al caso concreto. Infatti, il sindacato spettante alle Sezioni Unite della Corte di cassazione in sede d’impugnazione delle decisioni dei giudici speciali per motivi inerenti alla giurisdizione è circoscritto al controllo dell’eventuale superamento dei limiti esterni della giurisdizione medesima, e non può quindi essere esteso anche al modo in cui la stessa è stata esercitata e quindi alle scelte ermeneutiche compiute dal Giudice amministrativo, quale, nella specie, il mancato rispetto dell’orientamento consolidato della giurisprudenza amministrativa, secondo cui il bando costituisce la lex specialis del concorso, prospettato dalla ricorrente. Tali scelte, infatti, possono comportare eventualmente errori in iudicando o in procedendo, confinati entro i limiti interni della giurisdizione amministrativa.

n. 26920/21  – Rel. Graziosi

Rg. 6668/2020

AGCM, accertato che la società Novartis AG e la sua controllata Novartis Farma nonché la Hoffmann La Roche Ltd e la controllata Roche hanno posto in essere una intesa restrittiva della concorrenza (al fine di favorire per la cura di patologie oculari le vendite del farmaco più costoso Lucentis e di ostacolare l’acquisto e l’impiego da parte del Servizio Sanitario nazionale del farmaco Avastis, sviluppato da società del gruppo Roche), inibisce la prosecuzione dell’intesa e irroga sanzioni pecuniarie ad entrambe le società – il Tar Lazio rigetta i ricorsi delle società coinvolte, rilevando tra l’altro la sostituibilità dei due farmaci e la loro equivalenza terapeutica – il Consiglio di Stato dispone rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia Ue (sentenza 23.1.2018, C-179/16) e, decidendo sul gravame, con sentenza 4990 del 2019 lo rigetta – Novartis AG propone ricorso sulla base di due motivi deducenti eccesso di potere giurisdizionale sotto vari profili e istanza di rimessione alla Corte costituzionale per valutare la compatibilità costituzionale dell’interpretazione dei motivi inerenti alla giurisdizione nel senso di escludere la censurabilità delle sentenze del Consiglio di Stato in contrasto con sentenza della Corte di giustizia Ue – controricorsi di AGCM, Regione Lombardia e Regione Emilia Romagna, SOI AMOI Società Oftalmologica Italiana e Società Medici Oculisti Italiani, AIUDAPDS.

Rg. 6697/2020

AGCM, accertato che la società Novartis AG e la sua controllata Novartis Farma nonché la Hoffmann La Roche Ltd e la controllata Roche hanno posto in essere una intesa restrittiva della concorrenza (al fine di favorire per la cura di patologie oculari le vendite del farmaco più costoso Lucentis e di ostacolare l’acquisto e l’impiego da parte del Servizio Sanitario nazionale del farmaco Avastis, sviluppato da società del gruppo Roche), inibisce la prosecuzione dell’intesa e irroga sanzioni pecuniarie ad entrambe le società – il Tar Lazio rigetta i ricorsi delle società coinvolte, rilevando tra l’altro la sostituibilità dei due farmaci e la loro equivalenza terapeutica – il Consiglio di Stato dispone rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia Ue (sentenza 23.1.2018, C-179/16) e, decidendo sul gravame, con sentenza 4990 del 2019 lo rigetta – Roche Spa propone ricorso sulla base di quattro motivi deducenti eccesso di potere giurisdizionale sotto vari profili, anche sotto il profilo dello stravolgimento delle norme europee e di sentenza della Corte di giustizia Ue – controricorsi di AGCM, Regione Emilia Romagna, SOI AMOI Società Oftalmologica Italiana e Società Medici Oculisti Italiani, AIUDAPDS.

Rg. 6359/2020

AGCM, accertato che la società Novartis AG e la sua controllata Novartis Farma nonché la Hoffmann La Roche Ltd e la controllata Roche hanno posto in essere una intesa restrittiva della concorrenza (al fine di favorire per la cura di patologie oculari le vendite del farmaco più costoso Lucentis e di ostacolare l’acquisto e l’impiego da parte del Servizio Sanitario nazionale del farmaco Avastis, sviluppato da società del gruppo Roche), inibisce la prosecuzione dell’intesa e irroga sanzioni pecuniarie ad entrambe le società – il Tar Lazio rigetta i ricorsi delle società coinvolte, rilevando tra l’altro la sostituibilità dei due farmaci e la loro equivalenza terapeutica – il Consiglio di Stato dispone rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia Ue (sentenza 23.1.2018, C-179/16) e, decidendo sul gravame, con sentenza 4990 del 2019 lo rigetta – Hoffmann La Roche propone ricorso sulla base di quattro motivi deducenti eccesso di potere giurisdizionale sotto vari profili (anche per radicale stravolgimento di sentenza della Corte di giustizia) – controricorsi di AGCM, Regione Lombardia e Regione Emilia Romagna, SOI AMOI Società Oftalmologica Italiana e Società Medici Oculisti Italiani, AIUDAPDS.

Rg. 6672/2020

AGCM, accertato che la società Novartis AG e la sua controllata Novartis Farma nonché la Hoffmann La Roche Ltd e la controllata Roche hanno posto in essere una intesa restrittiva della concorrenza (al fine di favorire per la cura di patologie oculari le vendite del farmaco più costoso Lucentis e di ostacolare l’acquisto e l’impiego da parte del Servizio Sanitario nazionale del farmaco Avastis, sviluppato da società del gruppo Roche), inibisce la prosecuzione dell’intesa e irroga sanzioni pecuniarie ad entrambe le società – il Tar Lazio rigetta i ricorsi delle società coinvolte, rilevando tra l’altro la sostituibilità dei due farmaci e la loro equivalenza terapeutica – il Consiglio di Stato dispone rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia Ue (sentenza 23.1.2018, C-179/16) e, decidendo sul gravame, con sentenza 4990 del 2019 lo rigetta – Novartis Farma propone ricorso sulla base di due motivi deducenti eccesso di potere giurisdizionale sotto vari profili e istanza di rimessione alla Corte costituzionale per valutare la compatibilità costituzionale dell’interpretazione dei motivi inerenti alla giurisdizione nel senso di escludere la censurabilità delle sentenze del Consiglio di Stato in contrasto con sentenza della Corte di giustizia Ue – controricorsi di AGCM, Regione Lombardia e Regione Emilia Romagna, SOI AMOI Società Oftalmologica Italiana e Società Medici Oculisti Italiani, AIUDAPDS.

SU rigettano tutti i ricorsi. A tale conclusione si perviene principalmente rilevandosi che in base a consolidati orientamenti delle SU: (i) non si può far confluire l’asserita inadeguatezza di attività istruttorie e/o valutazioni fattuali nella fattispecie del diniego della giurisdizione da parte del Consiglio di Stato; (ii) non sussiste, d’altronde, alcun radicale stravolgimento delle norme da parte del Giudice amministrativo, il quale ha compiuto l’accertamento fattuale di propria competenza, indicato come necessario per una corretta applicazione dell’art. 101 TFUE, seguendo le indicazioni della CGUE; (iii) in ogni caso, la violazione di norme UE non produce peculiari effetti sulla funzione di riparto della giurisdizione sancita dall’articolo 111, ottavo comma, Cost., rimanendo inclusa nel paradigma degli errores in iudicando, sussistendo peraltro nell’ordinamento strumenti di tutela qualora in tale errore sia incorso il giudice nel suo plesso apicale, (c.d. giudice di ultima istanza); (iiii) il sindacato spettante alle Sezioni Unite della Corte di cassazione in sede d’impugnazione delle decisioni dei giudici speciali per motivi inerenti alla giurisdizione è circoscritto al controllo dell’eventuale superamento dei limiti esterni della giurisdizione medesima, e non può quindi essere esteso anche al modo in cui la stessa è stata esercitata e quindi alle scelte ermeneutiche compiute dal Giudice amministrativo, che restano confinate entro i limiti interni della giurisdizione; (iiiii) non è configurabile alcun eccesso di potere giurisdizionale con superamento dei limiti esterni della giurisdizione per invasione nella sfera dei poteri amministrativi di AGCM, in quanto la statuizione del Consiglio di Stato secondo cui il compendio probatorio ha fornito la dimostrazione dell’esistenza di un accordo diretto a “enfatizzare i rischi derivanti dall’uso intra-vitreale del meno costoso Avastin”, rispetto al farmaco Lucentis è del tutto coincidente con la contestazione di AGCM e, d’altra parte, il Giudice amministrativo non ha certamente modificato in modo radicale l’imputazione mossa dall’Autorità antitrust in quanto, rigettando tutti gli appelli ha confermato in toto il provvedimento amministrativo non sulla base della nuova imputazione per responsabilità indiretta, bensì confermando la responsabilità diretta tanto delle società madri quanto delle filiali; (iiiiii) è irrilevante la sopravvenienza di una sentenza penale, divenuta definitiva nell’autunno scorso, che ha assolto dall’imputazione di aggiotaggio due persone fisiche, tanto più che nella presente vicenda sono state sanzionate non le persone fisiche che in sede penale hanno rivestito il ruolo di imputate, bensì le quattro società qui ricorrenti; (iiiiiii) le prospettate questioni di legittimità costituzionale sono prive di rilevanza perché fondate sul preteso inadempimento, da parte del Consiglio di Stato, dei principi dettati dalla CGUE, risultato insussistente; (iiiiiiii) parimenti priva di fondamento è l’ulteriore richiesta, avanzata dalle ricorrenti, di rinvio ai sensi dell’articolo 267 TFUE ancora alla CGUE, basata  sul medesimo erroneo presupposto; (iiiiiiiii) ai fini di un eventuale rinvio pregiudiziale non hanno rilievo né l’ordinanza di rinvio pregiudiziale di queste SU n. 19598 del 2020 che le ricorrenti intenderebbero in sostanza replicare (visto che la presente causa non manifesta affinità contenutistica con quella in cui è stata emessa la suddetta ordinanza) né il rinvio pregiudiziale ex articolo 267 TFUE disposto con ordinanza n.2327 del 2021 del Consiglio di Stato nel giudizio di revocazione promosso avverso la medesima sentenza qui impugnata, considerata l’evidente differenza ontologica e quindi anche teleologica dei due giudizi, ancorché abbiano per oggetto la sentenza stessa.

n. Ord. 27324/21  – Rel. Rubino

Ambiente – installazione del sistema di comunicazione satellitare MUOS che prevede la realizzazione, nella zona della riserva naturale “Sughereta di Niscemi”, di tre antenne paraboliche, due antenne elicoidali ad altissima frequenza e vari altri manufatti – il Comune di Niscemi esprime in un primo tempo parere favorevole e poi revoca in autotutela il precedente nulla-osta (per la necessità di verificare l’impatto delle onde elettromagnetiche) – l’ARTA esprime in via sostitutiva un parere favorevole – tale provvedimento è impugnato in G.A. dal Comune di Niscemi – in seguito, la Giunta regionale dispone la revoca dei provvedimenti autorizzatori, con provvedimento impugnato in G.A. dal Ministero della difesa – l’ARTA dispone, infine, la revoca delle revoche, con atto impugnato in G.A. da Legambiente – il TAR di Palermo accoglie i ricorsi contro la revoca delle revoche e rigetta i ricorsi del Ministero della difesa – appello principale del Ministero e appelli incidentali del Comune di Niscemi e di Legambiente – il CGARS pronuncia sentenza non definitiva (n. 581 del 2015) con cui conferma l’illegittimità della revoca delle revoche e stabilisce l’illegittimità anche dei provvedimenti di annullamento d’ufficio, poi ritirati, affermando che l’esame si riduce in tal modo al solo ricorso originario proposto dal Comune di Niscemi, che viene respinto in parte, mentre viene accolto in parte il ricorso incidentale del Ministero – con la successiva sentenza definitiva (n. 133 del 2016) il CGARS rigetta anche i residui motivi di ricorso del Comune – ricorso del Comune di Niscemi affidato a due motivi per eccesso di potere giurisdizionale – due controricorsi adesivi al ricorso, da parte di Legambiente e del Comune di Ragusa – controricorso del Ministero della difesa. (RGN 21639/16).

Le Sezioni Unite dichiarano inammissibile il ricorso che imputava al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana eccesso di potere giurisdizionale per usurpazione delle competenze del legislatore, in ordine alle modalità (rispetto del contraddittorio e del diritto di difesa) in cui si erano svolte le operazioni di verificazione dei dati tecnici utilizzati per l’esercizio del potere di autotutela da parte dell’Amministrazione competente che illegittimamente aveva revocato un parere favorevole di V.i.a., e per indebito sconfinamento nel merito amministrativo in materia (ambientale) non ricompresa tra quelle in cui la giurisdizione del giudice amministrativo è estesa al merito, non avendo il Consiglio superato i limiti esterni della propria giurisdizione.

n. Ord. 27541/21  – Rel. Perrino

Atto di citazione del Comune di Longobardi proposto davanti al Tribunale di Paola per ottenere la condanna della Regione Calabria, previa affermazione del suo inadempimento contrattuale ovvero della sua responsabilità extracontrattuale, derivanti dalla mancata liquidazione dell’importo residuo del finanziamento concesso con decreto dell’Assessore regionale dei lavori pubblici per i lavori di recupero e ristrutturazione di un edificio comunale da destinare ad Edilizia residenziale pubblica – Giudizio introdotto dopo che avverso in sede esecutiva il Comune era stato obbligato a pagare le competenze spettanti ai tecnici incaricati dei suddetti lavori – La Regione convenuta ha, preliminarmente, eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore di quello amministrativo, sul presupposto che la controversia riguarda un accordo intercorso tra due Pubbliche amministrazioni – Il Comune di Longobardi propone regolamento preventivo di giurisdizione per ottenere il riconoscimento della sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario. (RGN 26133/20).

Le Sezioni Unite dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario in causa avente ad oggetto il pagamento dell’importo residuo di un finanziamento concesso dalla Regione Calabria e il relativo risarcimento del danno, non essendo coinvolto l’agire autoritativo della pubblica amministrazione né l’esistenza di accordo integrativo o sostitutivo di un provvedimento amministrativo.

n. Ord. 27542/21  – Rel. Scarpa

Giudizio instaurato dinanzi al Tribunale ordinario di Bolzano dalla società attuale ricorrente nei confronti della Provincia Autonoma di Bolzano al fine di ottenere quanto dovuto per i servizi svolti a favore della convenuta dal 2009, nella qualità di concessonaria dei trasporti di persone funiviari e funicolari nella Provincia – eccezione di insussistenza della giurisdizione del giudice ordinario in favore di quello amministrativo, proposta dalla convenuta nella comparsa di costituzione in giudizio – Con il presente ricorso si chiede di confermare la giurisdizione del giudice ordinario in quanto nella presente controversia si discute del diritto (soggettivo) di credito vantato dalla società nei confronti della Provincia per aver reso servizi di pubblico interesse, diritto che ha la sua fonte normativa nel Reg. CE n. 1370/2007 (RGN 24675/20).

Le Sezioni Unite dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario in causa avente ad oggetto la domanda proposta nei confronti di un’Amministrazione provinciale da una concessionaria di servizi pubblici di trasporto all’equa remunerazione del servizio attraverso la copertura dei relativi costi netti derivanti dall’adempimento degli obblighi di servizio per la tutela di un ragionevole margine di utile d’impresa, come previsto da normativa comunitaria (reg. Ce 23 ottobre 2007, n. 1370/2007), non venendo in rilievo una questione relativa all’esercizio di un potere pubblico autoritativo che possa far radicare la giurisdizione amministrativa.

n. Ord. 27545/21  – Rel. Scarpa

Consiglio di Stato – compensi professionali – giudicato del Tribunale di Locri ingiunge ad Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria il pagamento di sorte capitale ed interessi legali a titolo di compenso dovuto al difensore avvocato – giudizio di ottemperanza dinanzi al Tar Calabria che rigetta la domanda di pagamento degli interessi moratori a tasso maggiorato – il Consiglio di Stato rigetta il gravame – ricorso per revocazione giudicato inammissibile da successiva sentenza del Consiglio di Stato – ricorso per cassazione proposto dall’interessato prospettante motivi di giurisdizione. (RGN 1619/21)

SU dichiarano il ricorso inammissibile. A tale conclusione si perviene rilevandosi che, nel ricorso, si sostiene che nella sentenza impugnata il Consiglio di Stato, a fronte del giudicato esplicito contenuto nel decreto ingiuntivo emesso in favore del ricorrente per ottenere il pagamento di compensi professionali, per la parte riguardante la condanna al pagamento degli interessi di legge non avrebbe potuto procedere in via integrativa del titolo, essendo gli interessi compiutamente regolati dall’art. 1284, quarto comma, cod. civ. Secondo un consolidato orientamento delle SU in sede di ricorso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato (o della Corte dei Conti) pronunciate su impugnazione per revocazione, può sorgere questione di giurisdizione soltanto con riferimento al potere giurisdizionale relativo alla statuizione sulla revocazione medesima, mentre resta comunque esclusa la possibilità di rimettere in discussione detto potere giurisdizionale sulla precedente decisione di merito. Nella specie, il ricorrente non pone affatto in discussione la sussistenza o meno del potere giurisdizionale di operare la valutazione delle condizioni di ammissibilità dell’istanza di revocazione proposta (che è stata correttamente effettuata dal GA) e, quindi, non denuncia una violazione dei suindicati limiti esterni alla giurisdizione del giudice amministrativo, ma denuncia soltanto un cattivo esercizio della propria giurisdizione da parte del Consiglio di Stato nel verificare i presupposti della revocazione, o, ancor più a monte, contesta la possibilità di procedere all’ottemperanza, nonché le modalità della stessa, in rapporto alle indicazioni contenute nel giudicato.

n. Ord. 27546/21  – Rel. Scarpa

Urbanistica ed edilizia – ricorso proposto da società cooperativa in G.A. avverso la delibera del Comune di Napoli con la quale era stata risolta, ai sensi dell’art. 1456 c.c., la convenzione urbanistica stipulata tra le parti per la cessione del diritto di superficie su di un’area da destinare alla realizzazione di un parcheggio pertinenziale ai sensi della legge n. 122 del 1989 – il TAR accoglie il ricorso e annulla la delibera – il Consiglio di Stato riforma la sentenza e rigetta il ricorso originario  – ricorso della società cooperativa affidato ad un motivo per difetto o eccesso di potere giurisdizionale, diniego di giustizia e stravolgimento delle norme. (RGN 1793/21).

Le Sezioni Unite dichiarano inammissibile il ricorso che, seppur denunciando il superamento dei limiti esterni della giurisdizione del Consiglio di Stato, deduceva incensurabili errores in procedendo (vizi di omessa pronuncia e declaratoria di inammissibilità di domanda risarcitoria tardiva).

n. Ord. 27967/21  – Rel. Terrusi

Consiglio di Stato – procedura indetta dalla Regione Abruzzo per la selezione dei gruppi di azione (GAL) e delle strategie di sviluppo locale di tipo partecipativo, in attuazione del Programma di Sviluppo Rurale Abruzzo 2014-2020 – termine per la presentazione delle domande di accesso alla selezione fissato al 9.9.2016, differito al 12.9.2016 – la soc. consortile Gran Sasso Laga ed altri impugnano la determina di proroga del suddetto termine, e gli atti successivi, per carenza ed eccesso di potere da parte del Direttore del Dipartimento che l’aveva assunta – il Consiglio di Stato, riformando la sentenza del Tar impugnata, rigetta il ricorso di Gran Sasso Laga – quest’ultima propone ricorso per cassazione deducendo superamento dei limiti esterni della giurisdizione, per macroscopica illegittimità del provvedimento di proroga del termine, ecc. – il GAL Terreverdi Terramane soc. cons. e la Regione Abruzzo resistono con controricorsi (RGN 13943/20).

Le S.U. dichiarano inammissibile il ricorso. L’ordinanza – dopo aver ricordato i limiti entro i quali è denunciabile una sentenza del Consiglio di Stato per eccesso di potere – rileva che nel caso di specie il Giudice amministrativo si era limitato ad esprimere un giudizio di legittimità dell’atto amministrativo impugnato, in base ad una valutazione di conformità della deliberazione assunta alla disciplina legale relativa alla sfera di competenza dell’organo deliberante.

n. 28638/21  – Rel. Carrato

Concessione di progettazione, costruzione e gestione di un cimitero – il Comune di Taranto concedente contesta inadempimenti alla e dichiara la decadenza della concessionaria Erregiesse, dispone la risoluzione di diritto della convenzione accessoria e ordina il rilascio – la Erregiesse propone azione di reintegra nel possesso – il Tribunale di Taranto declina la giurisdizione – la Corte d’appello di Lecce, sez. dist. Taranto, conferma – ricorso per motivi di giurisdizione – il Comune non svolge difese (RGN 9235/20).

Le Sezioni Unite cassano la sentenza impugnata e dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario su domanda di reintegrazione nel possesso proposta da società di progetto per la progettazione, costruzione e gestione di un cimitero, a fronte della risoluzione di diritto del contratto deliberata dal Comune di Taranto per inadempimento della società stessa, alla quale veniva ordinato il rilascio della struttura cimiteriale con provvedimento non costituente espressione di potere autoritativo neppure ex art. 823, comma 2, c.c., ma rimedio afferente alla fase privatistica a valle della risoluzione del contratto di concessione.

n. Ord. 28639/21  – Rel. Carrato

Controversia relativa alla corretta quantificazione dei canoni demaniali derivanti da un rapporto concessorio intercorrente tra gli attuali ricorrenti proprietari di un manufatto edificato su area demaniale nonché titolari della concessione che ne legittima l’occupazione e il Comune di Forte dei Marmi, con rivendicazione del diritto di proprietà superficiaria – Giudizio instaurato dinanzi al Tribunale di Firenze – Con il presente ricorso si chiede la conferma della sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario (RGN 19026/20).

Le Sezioni Unite dichiarano, in sede di regolamento preventivo, la giurisdizione del giudice ordinario su domanda di accertamento della proprietà superficiaria di manufatto insistente su area demaniale costituente oggetto di concessione marittima e di determinazione della esatta misura del canone, in relazione ai criteri di cui all’art. 1, commi 252 ss., legge n. 296 del 2006.

n. Ord. 28643/21  – Rel. Perrino

Consiglio di Stato – Gara bandita da CONSIP per l’affidamento del “Servizio integrato di energia per le Pubbliche Amministrazioni”, lotto 2, Lombardia – Aggiudicazione della gara a SIRAM confermata dal TAR Lombardia – Il Consiglio di Stato annulla tale aggiudicazione ordinando il subentro della società cooperativa CNS – Successivamente il Consiglio di Stato, in accoglimento del ricorso per revocazione di SIRAM, conferma la suindicata sentenza del TAR con conseguente aggiudicazione definitiva della gara a SIRAM – Con il presente ricorso si impugna tale ultima sentenza per eccesso di potere giurisdizionale per invasione nella sfera di potere della P.A. nonché per violazione dei limiti della giurisdizione esclusiva di AGA e della giurisdizione ordinaria in tema di valutazione degli effetti negoziali dei contratti. (RGN 22780/20).

Le S.U. dichiarano inammissibile il ricorso, rilevando che la stessa parte ricorrente, nel censurare la sentenza impugnata, prospetta che il Consiglio di Stato sarebbe incorso in errori di interpretazione delle norme, non considerando che l’attività di interpretazione costituisce il proprium della funzione giurisdizionale, non potendosi perciò invocare il superamento dei limiti esterni della giurisdizione.

n. Ord. 29297/21  – Rel. Giusti

Immigrazione – impugnazione proposta da cittadina del Brasile in G.O. avverso il decreto col quale è stata dichiarata inammissibile la sua istanza volta ad ottenere la concessione della cittadinanza italiana – il Ministero dell’interno si costituisce ed eccepisce il difetto di giurisdizione del G.O., per essere la causa appartenente alla giurisdizione del giudice amministrativo – regolamento preventivo di giurisdizione proposto dalla cittadina brasiliana ricorrente, per sentire dichiarare sussistente la giurisdizione del giudice ordinario. (RGN 12521/20).

Spetta al giudice amministrativo conoscere della controversia vertente sull’accertamento dei requisiti previsti per l’acquisto della cittadinanza italiana per naturalizzazione da parte dello straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.

n. Ord. 29298/21  – Rel. Criscuolo

Possesso – azione proposta da privato in G.O., nei confronti di una società titolare di impianto di pale eoliche, per far valere la reintegrazione nel possesso, in qualità di proprietario di fondi rustici limitrofi, lamentando l’asserita invasione dei suoi fondi da parte del braccio di sostegno e delle pale eoliche – il Tribunale ordinario declina la giurisdizione in favore del giudice amministrativo – il TAR solleva conflitto negativo di giurisdizione, ai sensi dell’art. 11 c.p.a., ritenendo sussistente la giurisdizione del giudice ordinario, sul rilievo che la causa avrebbe ad oggetto la lesione del possesso e non l’esercizio di poteri pubblici (RGN 7380/21).

Le S.U. dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario. Osserva l’ordinanza che nella specie la domanda proposta dal privato ha ad oggetto la tutela del diritto di proprietà e, prima ancora, del possesso, e non l’annullamento del provvedimento di autorizzazione alla realizzazione dell’impianto eolico; per cui la causa non investe l’illegittimità del provvedimento esplicativo del potere pubblico, quanto invece i comportamenti materiali della parte convenuta.

n. Ord. 30111/21  – Rel. Giusti

Urbanistica e edilizia – azione promossa da privato in G.O. nei confronti di due società private per sentire dichiarare che l’impianto eolico costruito dall’una e ceduto all’altra, in agro di Bisaccia, viola le distanze legali previste dal codice civile e dai regolamenti comunali – le società convenute si costituiscono ed eccepiscono preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice ordinario – il Tribunale dichiara il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo – la parte attrice propone regolamento preventivo di giurisdizione per sentire dichiarare la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario – una delle due parti convenute si costituisce ed eccepisce l’inammissibilità del regolamento (RGN 2380/21).

SU dichiarano inammissibile il ricorso per regolamento preventivo, perché proposto per insorgere contro una ordinanza declinatoria della giurisdizione emessa a definizione di un giudizio svoltosi con il rito sommario di cognizione.

n. 30580/21  – Rel. Nazzicone

Appalti pubblici – contratto di appalto, stipulato tra una società privata e la Presidenza della Regione Siciliana e l’Assessorato regionale per il turismo, la comunicazione e i trasporti della Regione, per l’allestimento di uno stand istituzionale per la partecipazione della Regione alla Borsa italiana del turismo di Milano – annullamento del contratto in autotutela da parte dell’Amministrazione – giudizio proposto dalla società aggiudicataria in G.O. per il pagamento di prestazioni inerenti al contratto annullato (emissione di decreto ingiuntivo) – la Presidenza della Regione e l’Assessorato propongono opposizione al decreto ingiuntivo – il Tribunale dichiara il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo e revoca il decreto – la Corte d’appello conferma – ricorso della società privata affidato a due motivi in punto di giurisdizione. (RGN 26797/19).

Le Sezioni Unite cassano l’impugnata sentenza della corte d’appello e dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario, in relazione a un contratto di appalto di servizi nel corso del quale era sopravvenuto l’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione da parte del committente pubblico, essendo devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le sole controversie aventi ad oggetto la contestazione diretta della legittimità dell’esercizio del potere di annullamento o revoca, spettando invece al giudice ordinario valutare gli effetti del provvedimento di annullamento sul contratto, come nella fattispecie in cui era stato chiesto dall’appaltatrice il pagamento delle prestazioni rese in forza del contratto che aveva avuto parziale esecuzione.

n. Ord. 30581/21  – Rel. Nazzicone

Appalti pubblici – bando di gara indetto dall’Azienda ospedaliera Policlinico Vittorio Emanuele di Catania per l’affidamento quadriennale, col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, dei servizi di supporto assistenziale e di ausiliariato – impugnazione in G.A., da parte di società privata A classificatasi al secondo posto, del provvedimento di indizione della gara e di quello di aggiudicazione in favore della società privata B – il TAR Catania accoglie il ricorso e annulla il provvedimento di aggiudicazione e il susseguente contratto – il CGARS, su appello della stazione appaltante e della società B aggiudicataria, accoglie il gravame e, in riforma della sentenza, respinge l’originario ricorso di primo grado – ricorso della società privata A affidato a due motivi per diniego ed eccesso di giurisdizione – due controricorsi (RGN 25608/20).

Le Sezioni Unite dichiarano inammissibile il ricorso che impropriamente denunciava eccesso di potere giurisdizionale da parte del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, sotto il profilo dell’indebito esercizio di poteri valutativi inerenti al merito amministrativo riservati all’amministrazione, in particolare concernenti la congruità dell’offerta della società aggiudicataria di una gara per l’affidamento di servizi e i requisiti di ammissione alla gara da parte della stessa.

n. Ord. 30582/21  – Rel. Nazzicone

Produzione di energia – impugnazione in G.A., da parte di società privata ammessa a fruire delle incentivazioni per la nuova costruzione di un impianto termoelettrico alimentato a biogas, del provvedimento del Gestore Servizi Energetici s.p.a. che aveva revocato in autotutela l’attribuzione della qualifica di IAFR (Impianto alimentato da fonti rinnovabili), contestualmente chiedendo la restituzione della somma di euro 3.532.360,12 indebitamente percepita – il TAR rigetta il ricorso e il Consiglio di Stato conferma – ricorso della società privata affidato a due motivi per eccesso di potere giurisdizionale – si costituisce il G.S.E. con controricorso (RGN 31939/20).

Le Sezioni Unite dichiarano inammissibile il ricorso che impropriamente denunciava eccesso di potere giurisdizionale da parte del Consiglio di Stato, sotto il profilo dell’indebito esercizio di poteri valutativi inerenti al merito amministrativo riservati all’amministrazione, per avere confermato la sentenza impugnata di rigetto dell’impugnazione del provvedimento di annullamento in autotutela dell’attribuzione di qualifica energetica all’impianto della società ricorrente, con conseguenziale restituzione delle somme ricevute a titolo di incentivo.

Corte dei conti

n. Ord. 15573/21  – Rel. Rubino

Corte dei conti – citazione a giudizio nei confronti dell’ex Presidente della Provincia autonoma di Bolzano e di alcuni funzionari della Provincia per il danno erariale consistito nell’illecito ed illegittimo utilizzo di somme stanziate in bilancio alla voce “spese riservate” del Presidente della Provincia, nonché per la connessa illecita appropriazione di energie lavorative del personale dipendente – la Sezione giurisdizionale accoglie in parte e, dichiarata la prescrizione quinquennale parziale, condanna il solo Presidente al pagamento della somma di euro 385.890,36, rigettando invece la domanda contro gli altri funzionari – la Sezione giurisdizione centrale di appello conferma – ricorso dell’ex Presidente affidato ad un solo complesso motivo per violazione delle norme sulla giurisdizione in relazione all’esercizio della stessa in pendenza del processo penale per i medesimi fatti (RGN 31939/19).

Le Sezioni Unite dichiarano inammissibile il ricorso prospettato per ragioni di giurisdizione avverso sentenza della Corte dei conti, cui si imputavano incensurabili errores in procedendo e in iudicando, per la mancata sospensione del processo e l’omessa valutazione delle risultanze di sentenze penali di assoluzione della persona ritenuta responsabile per danno erariale, per vicende relative allo svolgimento dell’incarico di presidente della Provincia autonoma di Bolzano.

n. Ord. 16081/21  – Rel. Marulli

Corte dei conti – domanda di miglior trattamento pensionistico di guerra – la Sezione Lazio lo accoglie e riconosce il diritto dell’interessato a percepire l’assegno di super-invalidità E/A per “cecità assoluta e permanente” – la Corte in appello accoglie il gravame del MEF per vizio di motivazione (apparente) – l’interessato ricorre per cassazione per eccesso di potere giurisdizionale (omesso rilievo della tardività e inammissibilità dell’appello) e diniego di giurisdizione (stravolgimento delle norme sul giusto processo) (RGN 19226/19).

Le Sezioni Unite dichiarano inammissibile il ricorso prospettato per ragioni di giurisdizione avverso sentenza della Corte dei conti, sez. giurisd. d’appello, cui si imputava tuttavia un incensurabile error in procedendo, per la ritenuta tempestività del gravame proposto dal MEF (accolto dal giudice di appello) avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda del ricorrente di integrazione della pensione di cui godeva per aggravamento della patologia in atto.

n. 16490/21  – Rel. Garri

Corte dei conti – citazione a giudizio, nei confronti dell’amministratore di una società privata, per danno erariale conseguente alla stipulazione, con una ASL di Roma, di tre atti di transazione non rispondenti al vero – la Sezione giurisdizione regionale condanna e la Sezione giurisdizionale centrale d’appello conferma – successivo ricorso per revocazione – la Sezione giurisdizionale centrale d’appello dichiara inammissibile la richiesta – ricorso del condannato affidato a quattro motivi (RGN 12739/19).

SU dichiarano il ricorso inammissibile, dopo aver precisato che la questione relativa all’esistenza della giurisdizione contabile, sottesa a molte censure formulate con il presente ricorso, è stata definitivamente risolta in senso affermativo dalle SU con la sentenza n. 473 del 2015 riguardante proprio la presente vicenda. Viene sottolineato poi che, nel caso in esame, la Corte dei Conti non ha affatto affermato l’estraneità dalla propria giurisdizione della domanda di revocazione ex art. 395, primo comma, n. 1, cod. proc. civ. ma ha escluso l’esistenza dell’errore revocatorio in esito all’analisi delle articolate censure in quella sede formulate. Con le presenti censure si critica la decisione sulla revocazione nei termini in cui questa ha escluso l’errore di fatto e si ripropongono i motivi del ricorso per revocazione, ipotizzando errores in judicando che attengono semmai alle questioni controverse nel giudizio contabile oggetto dell’esclusiva ed insindacabile valutazione della Corte dei Conti che non mettono in nessun modo in discussione la giurisdizione in materia del giudice contabile.

n. OI 17327/21  – Rel. Graziosi

Corte dei conti – citazione a giudizio, da parte della Procura regionale della Corte dei conti, nei confronti di alcuni privati, titolari di incarichi di direzione e amministrazione all’interno della s.p.a. Acquedotto lucano, per il danno erariale derivante dalla creazione e perdurante gestione, nel tempo, di un’altra società, interamente partecipata dalla prima, alla quale venivano affidati la progettazione e la direzione degli interventi relativi alle risorse idriche di competenza – la Sezione giurisdizionale regionale dichiara il difetto di giurisdizione, ritenendo non sussistente il modello della società in house – la Sezione giurisdizionale centrale di appello riforma la decisione, ritiene sussistente la giurisdizione contabile e rimette al giudice di primo grado – due separati ricorsi dei privati in punto di giurisdizione – si costituisce il Procuratore generale contabile con due controricorsi (RGN 14713/20-13286/20).

Le Sezioni Unite, giudicando su ricorso in tema di giurisdizione della Corte dei conti per responsabilità per danno erariale, imputata dal PG contabile agli amministratori dell’Acquedotto Lucano Spa, pluripartecipata da enti locali per la gestione del servizio idrico integrato della Regione Basilicata, dispongono il rinvio a nuovo ruolo, ravvisando l’esigenza di un approfondimento in ordine ai requisiti del cd. controllo analogo, anche sotto forma di controllo congiunto, sulla gestione delle società in house, al fine di individuare il preciso significato di tale requisito e, in particolare, se esso debba differenziarsi rispetto al paradigma del controllo sugli amministratori delle società di capitali ovvero se possa anche eventualmente riflettersi in una fattispecie di fungibilità rispetto a tale paradigma, differenziandosene soltanto in relazione alla peculiarità del sotteso interesse di tutela rispetto alle condotte idonee a generare danno erariale.

n. Ord. 17330/21  – Rel. Graziosi

Corte dei conti – azione promossa davanti alla Corte dei conti da parte di un ex brigadiere capo dei Carabinieri, insignito di medaglia d’argento al valor militare per fatti non di guerra, avverso il provvedimento che aveva disposto la decorrenza della relativa provvidenza economica dalla data della proposta del Ministro della difesa al Presidente della Repubblica anziché da quella del fatto – la Sezione giurisdizionale regionale rigetta il ricorso e la Sezione giurisdizionale centrale d’appello conferma – ricorso dell’interessato per eccesso di potere giurisdizionale per sconfinamento nella sfera di attribuzione del legislatore (RGN 29747/19).

Le S.U. dichiarano inammissibile il ricorso, rilevando che la Corte dei conti, nella specie, non è incorsa in eccesso di potere giurisdizionale, avendo svolto il proprio compito di interprete della normativa regolante il conferimento delle onorificenze per valore militare; per cui il motivo di ricorso è, in sostanza, una censura per violazione di legge, del tutto estranea al controllo esterno rimesso alle S.U. in punto di giurisdizione.

n. Ord. 18258/21  – Rel. Doronzo

Corte dei conti – citazione a giudizio, nei confronti dei legali rappresentanti di una società privata ammessa a finanziamento della Regione Calabria con l’obbligo di attivare percorsi formativi e di assumere un certo numero di lavoratori, per il danno erariale conseguente al mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati – la Sezione giurisdizionale regionale condanna al pagamento della somma di euro 476.000, pari all’intero contributo pubblico concesso – proposto appello, gli appellanti avanzano istanza di definizione agevolata – la Sezione giurisdizionale centrale d’appello dichiara inammissibile l’appello per tardività – ricorso affidato a vari motivi (difetto di giurisdizione e plurime violazioni di legge) (RGN 27380/19).

Le Sezioni Unite dichiarano inammissibile il ricorso avverso sentenza della Corte dei conti di condanna per responsabilità erariale di una società che aveva gestito irregolarmente il contributo pubblico ricevuto in attuazione del POR (Programma operativo regionale) Calabria, cui si imputavano l’omesso esame dell’istanza di definizione agevolata del processo ed errori interpretativi nella valutazione della prescrizione e degli elementi costitutivi dell’illecito per asserita assenza dell’elemento psicologico e del danno, non ravvisando un superamento dei limiti esterni della giurisdizione.

n. Ord. 18492/21  – Rel. Scarpa

Corte dei conti – PG contabile agisce per danno erariale nei confronti di componenti del CNEL per danno erariale (affidamento diretto di convenzioni di ricerca senza l’effettuazione di procedure comparative e senza verificare la presenza di personale qualificato interno all’ente) – la Corte dei conti in grado di appello ribadisce la propria giurisdizione e li condanna al risarcimento – un componente ricorre per cassazione deducendo il difetto assoluto di giurisdizione della Corte (assenza di norma specificativa dell’illecito contabile fonte del danno erariale, insindacabilità nel merito degli atti del CNEL, disconoscimento del ruolo di organo di rilevanza costituzionale dello stesso ente) – il PG contabile resiste con controricorso (RGN  36954/19).

Corte dei conti – PG contabile agisce per danno erariale nei confronti di componenti del CNEL per danno erariale (affidamento diretto di convenzioni di ricerca senza l’effettuazione di procedure comparative e senza verificare la presenza di personale qualificato interno all’ente) – la Corte dei conti in grado di appello ribadisce la propria giurisdizione e li condanna al risarcimento – un componente ricorre per cassazione deducendo eccesso di potere giurisdizionale della Corte per sconfinamento nelle attribuzioni del legislatore – il PG contabile resiste con controricorso (RGN 37692/19).

SU dichiarano i ricorsi inammissibili. A tale conclusione si perviene ribadendo che spetta alla giurisdizione della Corte dei conti nell’ambito del giudizio di responsabilità amministrativa, e non integra alcun precluso sindacato di merito delle scelte amministrative, l’accertamento dell’operato dell’amministrazione in caso di conferimento d’incarichi a soggetti esterni al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 7 del d.lgs. n. 165 del 2001, trattandosi di controllo giurisdizionale fondato sui canoni della razionalità, efficienza ed efficacia rilevanti sul piano della legittimità e non della mera opportunità dell’azione amministrativa. Questo principio trova applicazione anche nei confronti del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL) in quanto la natura di organo di rilevanza costituzionale da esso rivestita (art. 99 Cost.), pur connotandone la posizione in senso differenziato rispetto alla nozione di “amministrazioni pubbliche” di cui al secondo comma dell’art. 1 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, non esonera lo stesso, alla stregua dell’art. 70, comma 4, del medesimo testo (che richiama, fra le altre, la legge 30 dicembre 1986, n. 936, recante norme sul Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro), dall’obbligo di adeguare il proprio ordinamento ai principi di cui al Titolo I del decreto legislativo n. 165/2001. Non è, dunque, il carattere di organo di rilievo costituzionale del CNEL argomento ex se idoneo a perimetrare l’ambito del controllo giurisdizionale della Corte dei Conti sugli atti e provvedimenti che importino esborsi di denaro pubblico, costituendo essi comunque attività amministrative strumentali alimentate con risorse finanziarie tratte dal bilancio statale o di atti gestionali finanziati nello stesso modo. Ciò ha portato la Corte dei Conti a ravvisare, con riguardo agli incarichi ed ai contratti oggetto di giudizio, la violazione dei presupposti di cui all’art. 7, commi 6 e ss., del d.lgs. n. 165 del 2001, attenendosi al doveroso compito interpretativo di ricercare la voluntas legis applicabile nel caso concreto. Si tratta di una operazione ermeneutica che potrebbe, al più, dare luogo ad un eventuale error in judicando, ma non alla violazione dei limiti esterni della giurisdizione speciale.

n. Ord. 19027/21  – Rel. Doronzo

Corte dei conti – Azione di responsabilità per danno erariale cagionato allo Stato e alla UE nei confronti degli amministratori di alcune Cooperative di produttori di latte piemontesi (qualificate come “prime acquirenti”) nonché di una società finanziaria, per omesso versamento all’AGEA del c.d. superprelievo supplementare da splafonamento delle quote latte – La Corte dei conti in primo grado condanna i convenuti e tale sentenza viene confermata in appello, con parziale riduzione dell’importo da versare – Nel presente ricorso la suindicata sentenza di appello viene censurata in primo luogo con riguardo alla statuizione con la quale è stata affermata la sussistenza della giurisdizione del giudice contabile e anche per asserita violazione di norme sostanziali e processuali – In subordine si formula istanza di rinvio pregiudiziale interpretativo alla CGUE in merito alla normativa nazionale sulle quote latte, in particolare con riferimento alla figura del “primo acquirente” e alla relativa qualificazione come incaricato di fatto di un pubblico servizio o assimilato (RGN 25988/19).

SU rigettano il ricorso. Si precisa che il sistema creato con i vari regolamenti europei susseguitisi nel tempo prevedeva l’attribuzione all’acquirente (c.d. “primo acquirente”) del compito di registrare e trasmettere agli organi pubblici competenti i dati relativi ai quantitativi di latte a lui consegnati permettendo così di tracciare il latte commercializzato da ogni produttore. Contestualmente si stabiliva che lo Stato membro, attraverso le sue articolazioni, incamerasse il prelievo supplementare dai produttori – quale disincentivo alla produzione di latte oltre la soglia fissata ‒ e poi lo versasse ai competenti organi UE (prima CEE). Tale impostazione di base, rimasta nel tempo, si collegava ad un sistema di controllo UE molto rigoroso, basato sull’obbligo del primo acquirente di riversare alla pubblica amministrazione la trattenuta dopo averla effettuata. Infatti, il primo acquirente è stato configurato come il soggetto più adatto ad effettuare le operazioni necessarie alla riscossione del prelievo supplementare presso i produttori e poi a versarlo all’organismo pubblico competente. Ciò comporta che il primo acquirente sia stato concepito come parte del sistema pubblico di contabilizzazione e gestione dei prelievi supplementari, svolgendo un’attività di rilievo pubblicistico ed essendo quindi legato alla P.A. da un vero e proprio rapporto di servizio. Gli attuali ricorrenti avendo operato le trattenute senza riversarle nelle casse dello Stato (o delle sue articolazioni competenti) hanno per ciò solo frustrato le finalità per le quali erano autorizzati ad operare. Di qui la sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti, in base alla consolidata giurisprudenza delle SU in materia di responsabilità per danno erariale, ricorrendo tutti gli elementi per la qualifica dei ricorrenti come agenti contabili, con la relativa responsabilità per il risarcimento del danno cagionato allo Stato per effetto dell’omesso riversamento del prelievo supplementare cui erano tenuti quali “primi acquirenti”, come si è detto.

n. OI 19620/21  – Rel. Ferro

Corte dei conti – Società Umbria TPL e Mobilità SpA partecipata dalla Regione e da altri enti pubblici – gestione del servizio di trasporto pubblico locale e della manutenzione dell’infrastruttura ferroviaria di proprietà regionale – il PM contabile agisce nei confronti degli amministratori della società, regionali e provinciale per danno erariale (mala gestio) – la Corte dei conti, in primo grado e in appello, declina la giurisdizione (assenza di società in house, assenza di rapporto concessorio tra la società e il soggetto pubblico, rapporto di servizio tra la Regione e la società e non con i soci) – il PM contabile propone ricorso per cassazione e chiede di dichiarare la giurisdizione della Corte dei conti (danno causato direttamente al socio pubblico per avere vanificato la partecipazione degli enti pubblici nella società, irrilevanza della questione inerente alla società in house) – ventitré convenuti nel giudizio resistono con separati controricorsi. (RGN15248/20).

Le Sezioni Unite hanno rimesso la causa a nuovo ruolo con richiesta al Massimario di relazione tematica in materia di giurisdizione della Corte dei conti, in caso di azione del PG contabile nei confronti degli amministratori di società partecipata da soggetti pubblici, non in house, per atti di mala gestio nella gestione di un servizio pubblico, riferibili alla società e a condotte tenute dagli enti pubblici territoriali nell’esercizio delle prerogative di socio e per approfondire la configurabilità, in astratto, di un danno diretto in capo ai medesimi enti pubblici-soci, tali da integrare una responsabilità contabile autonoma e diversa rispetto a quella discendente dall’ipotetica flessione della partecipazione sociale in sé.

n. Ord. 20688/21  – Rel. Acierno

Corte dei conti – danno erariale da disservizio imputato ai concessionari del servizio di gestione del gioco lecito in denaro per la ritardata attivazione della rete informatica e, in generale, per il ritardato adempimento degli obblighi di convenzione – la Corte dei conti condanna in primo grado e in secondo grado riduce l’importo della condanna – ricorsi per revocazione introdotti dalle società Global Starnet Ltd (già Plus Giocolegale Ltd) e HBG srl, a norma dell’art. 68 lett. a) del r.d. n. 1214 del 1934 – la Corte dei conti dichiara i ricorsi inammissibili, ritenendo che l’errore dedotto non cadeva su un fatto non costituente un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, a norma dell’art. 395 n. 4 c.p.c. – la Global Starnet Ltd ricorre per cassazione per diniego di tutela giurisdizionale e violazione del principio di legalità (creazione di norma inesistente in tema di revocazione), per avere scrutinato i ricorsi a norma dell’art. 395 n. 4 c.p.c., anziché ai sensi della norma applicabile di cui all’art. 68 lett. a) del r.d. n. 1214 del 1934 (secondo cui le decisioni della Corte dei conti sono impugnabili per revocazione quando “vi sia stato errore di fatto e o di calcolo”) – il PG contabile resiste con controricorso (RGN 20706/19).

Le Sezioni Unite dichiarano inammissibile il ricorso avverso sentenza della Corte dei conti dichiarativa della inammissibilità del ricorso per revocazione di sentenza di condanna di società concessionaria per danno erariale derivante da disservizio nel funzionamento del sistema di gestione e controllo del “gioco lecito”, per mancata censura della ratio decidendi concernente l’inerenza del vizio dedotto a presunti errori valutativi e non percettivi.

n. Ord. 20689/21  – Rel. Acierno

Corte dei conti – sentenza in appello dichiara l’inefficacia ex art. 2901 c.c. nei confronti della Regione Siciliana degli atti notarili di donazione e divisione stipulati da Incardona Carmelo (destinatario di sentenza di condanna per danno erariale emessa dalla stessa Corte dei conti) e dal coniuge Busacca Angela, rigettando l’appello incidentale della Busacca che eccepiva il difetto di giurisdizione della Corte dei conti – ricorso per cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione – il PG resiste con controricorso (RGN 21806/19).

Le Sezioni Unite rigettano il ricorso avverso sentenza della Corte dei conti dichiarativa, su azione del PG contabile, della inefficacia di atti dispositivi posti in essere da soggetto già condannato per danno erariale, in funzione strumentale alla conservazione della garanzia patrimoniale, e dichiarano la giurisdizione della medesima Corte, al fine di realizzare una più efficace tutela dei crediti erariali, in applicazione dell’art. 1, comma 174, legge n. 266 del 2005.

n. Ord. n. 21164/21 – Rel. Tricomi 

Corte dei conti – responsabilità amministrativa – avvocato dirigente responsabile dell’Ufficio Avvocatura del Comune di Torre del greco nel cui ambito era ricompresa la Sezione Espropri – delibera comunale di riconoscimento di debito fuori bilancio in relazione al risarcimento del danno liquidato a privato per la mancata definizione della procedura espropriativa nei termini previsti – Corte dei conti Sezione giurisdizionale Campania lo condanna per danno erariale – Corte dei conti Sezione centrale d’appello conferma – ricorso per superamento dei limiti esterni della giurisdizione – esercizio di potere spettante ad altro organo (Consiglio Distrettuale Disciplinare e Consiglio Nazionale Forense, rientrando l’attività svolta dalla parte in quella professionale forense), illegittimità del capo di imputazione (omessa enunciazione delle norme amministrative violate), mancato affidamento di incarico amministrativo e incompatibilità con l’attività professionale, prescrizione dell’azione contabile – il PG contabile controricorre, eccependo il giudicato implicito sulla giurisdizione per mancata proposizione dell’eccezione sulla giurisdizione in sede di appello (RGN 5706/18).

SU dichiarano il ricorso inammissibile. Alla suddetta conclusione si perviene principalmente ribadendosi il principio secondo cui ‘iscrizione all’albo speciale di cui all’art. 3 del RDL n. n. 1578 del 1933 – poiché presuppone il rapporto di impiego pubblico dell’avvocato iscritto con l’Amministrazione, anche con la possibile attribuzione della qualifica di dirigente del servizio Avvocatura interessato − non esclude che nei confronti del dipendente possa essere esperita l’azione di responsabilità per danno erariale volta alla tutela dell’interesse pubblico generale, al buon andamento della pubblica amministrazione e al corretto impiego delle risorse, che ha ragioni e finalità diverse rispetto al procedimento disciplinare, il quale nelle sue finalità, serve ad assicurare il rispetto delle regole deontologiche che governano il corretto esercizio della professione (vedi: Corte cost., sentenza n. 259 del 2019).

n. Ord. 22140/21  – Rel. Manzon

Corte dei conti – sindaco e segretario generale del Comune di Corato – corresponsione di compensi ingiustificati a componente dell’ufficio del sindaco, quale segretaria particolare, assunta con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, anziché con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato – il PG contabile agisce per responsabilità da danno erariale – la Corte dei conti Sezione giurisdizionale in primo grado li condanna – la Corte dei conti Sezione giurisdizionale centrale in appello rigetta il gravame – il sindaco ricorre per cassazione per violazione dei limiti esterni della giurisdizione del giudice contabile per sconfinamento nell’area riservata all’Amministrazione e per difetto di giurisdizione – il PG contabile resiste con controricorso (RGN 35425/19).

Le S.U. dichiarano il ricorso inammissibile. Richiamati i limiti del sindacato delle S.U. avverso le sentenze del giudice contabile, l’ordinanza rileva che nel caso in esame la Corte dei conti non aveva travalicato i limiti esterni della propria giurisdizione, avendo essa censurato non la scelta amministrativa adottata, bensì il modo nel quale la stessa era stata compiuta, ed avendo escluso che l’atto in questione potesse considerarsi come atto politico indindacabile.

n. Ord. 21976/21  – Rel. Criscuolo

Corte dei conti – impugnazione con ricorso straordinario affidato a due motivi, per violazione di legge, ai sensi dell’art. 111, settimo comma, Cost., del decreto con cui il Presidente della Sezione giurisdizionale per il Trentino-Alto Adige, sede di Trento, ha liquidato il compenso in favore del c.t.u. in un giudizio di responsabilità amministrativa. (RGN 31680/20).

SU dichiarano il ricorso inammissibile. In primo luogo, si ribadisce che per la liquidazione dei compensi agli ausiliari del giudice contabile vale la generalizzata applicabilità delle norme di cui al DPR n. 115/2002 e quanto alle regole procedurali deve essere applicato l’art. 97 co. 6. del D. Lgs. n. 174/2016 (codice della giustizia contabile) secondo cui il compenso complessivamente spettante al consulente d’ufficio è liquidato, al termine delle operazioni, dal presidente con decreto, ponendolo provvisoriamente a carico di una delle parti e che con la sentenza che definisce il giudizio il collegio regola definitivamente il relativo onere. Si sottolinea, poi, che in relazione al decreto qui impugnato viene dedotta una violazione di legge finalizzata a far rilevare che il giudice aveva perso il potere di procedere alla liquidazione del compenso in favore del c.t.u., assumendosi che era maturata una decadenza tale da rendere il provvedimento abnorme. Tuttavia, come già affermato con riferimento all’impugnazione per violazione di legge del decreto del Consiglio di Stato di liquidazione del compenso del verificatore, il ricorso è inammissibile perché in esso non è configurabile l’eccesso di potere giurisdizionale da parte del giudice speciale censurabile in cassazione, visto che non può estendersi il controllo di giurisdizione su provvedimenti, pur prospettati come abnormi o anomali, ove si tratti di denunciare, non una ipotesi di difetto assoluto o di difetto relativo di giurisdizione ma errores in procedendo o in iudicando, il cui accertamento rientra nell’ambito del sindacato afferente ai limiti interni della giurisdizione.

n. Ord. 22747/21  – Rel. Esposito

Corte dei conti – Domanda di pensione privilegiata – La Terza Sezione giurisdizionale centrale di appello, in accoglimento dell’impugnazione dell’INPS, rigetta il ricorso originario per intervenuta decadenza – Ricorso dell’interessato per quattro motivi con i quali si denunciano errori in procedendo e in judicando (RGN 6968/19).                 

SU dichiarano il ricorso inammissibile, rilevandosi che tutte le censure si risolvono nella denuncia di  errores in procedendo e in iudicando asseritamente rinvenibili nella impugnate sentenza della Corte dei Conti, i quali non integrano violazione dell’essenza della giurisdizione o sconfinamento dai limiti esterni di essa, né radicale stravolgimento delle norme di rito, tale da implicare evidente diniego di giustizia, trattandosi di violazioni endoprocessuali che attengono alle modalità di esercizio della giurisdizione nell’ambito dei relativi limiti interni.

n. Ord. 26655/21  – Rel. Cosentino

Corte dei conti – il P.G. contabile agisce per danno erariale dinanzi alla Corte dei conti nei confronti dei percettori (legali rappresentanti di diverse società) di contributi pubblici erogati dal MIUR per progetti e commesse di ricerca industriale, considerati responsabili di appropriazioni e distrazioni indebite – la Corte dei conti Sezione giurisdizionale per l’Umbria declina la giurisdizione – la Corte dei conti in appello accoglie il gravame del P.G. contabile, dichiara la giurisdizione contabile e rinvia al giudice di primo grado – il rappresentante di una società ricorre per cassazione per motivi di giurisdizione (erronea declaratoria della giurisdizione contabile per insussistenza del rapporto di servizio e di condotte illecite imputate dal PG agli amministratori) (RGN 33170/19).

SU rigettano il ricorso. Preliminarmente viene respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dal Procuratore generale presso la Corte dei conti sul rilievo della mancata notifica al suo ufficio del ricorso medesimo (notificato soltanto ai Procuratore regionale presso la Sezione Regionale dell’Umbria della Corte dei conti). Si rileva, al riguardo, che benché gli uffici della Procura generale presso la Corte dei conti e quelli uffici della Procura regionale presso le sezioni giurisdizionali regionali della medesima Corte siano processualmente autonomi (come riconosciuto anche dalle SU), tuttavia tra tali uffici sussiste un collegamento tanto di carattere ordinamentale (giacché tutti condividono l’esercizio delle funzioni di pubblico ministero nella giurisdizione contabile), quanto di carattere organizzativo e funzionale (giacché «il procuratore generale coordina, anche dirimendo eventuali conflitti di competenza, l’attività dei procuratori regionali») che induce a ritenere che la notifica di un ricorso per cassazione presso una Procura regionale raggiunga un soggetto non del tutto privo di collegamento con quello, la Procura generale, cui il ricorso si sarebbe dovuto notificare; donde la conclusione della nullità, non dell’inesistenza del presente ricorso, in sintonia con la lettura restrittiva della categoria dell’inesistenza della notifica elaborata dalle stesse Sezioni Unite. Quanto al merito del ricorso si osserva che le censure muovono dalla premessa secondo cui, nelle azioni di responsabilità aventi ad oggetto la distrazione di contributi pubblici da parte delle persone giuridiche beneficiarie, gli amministratori di queste ultime sarebbero soggetti alla giurisdizione contabile solo nel caso in cui abbiano direttamente concorso alla produzione del danno all’erario, mediante la loro personale condotta, ma tale assunto non trova riscontro nei precedenti delle SU

n. Ord. 26738/21  – Rel. Mercolino

Corte dei conti – il PG contabile conviene in giudizio una dipendente di Finpiemonte spa per danno erariale – l’interessata propone ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, deducendo che Finpiemonte non è società in house per mancanza del requisito del “controllo analogo” e che non sussiste il danno erariale essendo i danni riferibili al patrimonio sociale di una società privata – il PG contabile resiste con controricorso (RGN 24067/20).

Le Sezioni Unite dichiarano la giurisdizione della Corte dei conti su azione del PG contabile per danno erariale contro il presidente e il direttore generale della Finpiemonte Spa per i danni cagionati a quest’ultima società da gravi irregolarità nella gestione della liquidità. Le Sezioni Unite qualificano la società (costituita per favorire il sostegno dello sviluppo economico e sociale, la ricerca e la competitività del territorio) come “in house” dopo avere, all’esito di una approfondito esame dello statuto e dei principi in materia, riscontrato la sussistenza dei requisiti della detenzione del capitale sociale da parte di uno o più enti pubblici (la Regione Piemonte detiene il 99,6% e altri enti pubblici detengono il residuo) per l’esercizio di pubblici servizi e del divieto di cessione della partecipazione a soggetti privati evidenziano, dell’esercizio dell’attività prevalentemente in favore degli enti partecipanti e, soprattutto per quanto interessa, dell’assoggettamento a controllo “analogo” e “analogo congiunto” a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici, con modalità e intensità di comando non riconducibili alle facoltà spettanti al socio ai sensi del codice civile. A quest’ultimo riguardo, si è evidenziato che la Regione nomina gli organi sociali, definisce gli obiettivi dell’attività sociale, verifica il loro stato di attuazione e individua le regole della gestione dei fondi assegnati e dei relativi strumenti di controllo, non ritenendosi necessaria la configurabilità di un controllo congiunto da parte anche degli altri enti pubblici partecipanti.

n. 26921/21  – Rel. Lamorgese

Credito di una società per azioni a partecipazione pubblica nei confronti del Comune di Mineo (che era uno dei soci) per le prestazioni svolte per la gestione dei rifiuti – Richiesta di decreto ingiuntivo al TAR Catania e successiva opposizione davanti al medesimo giudice da parte del suddetto Comune – Interruzione del giudizio di opposizione a causa del fallimento della società – Nel frattempo in giudizi analoghi il TAR Catania e la CGA hanno affermato la giurisdizione del giudice amministrativo – Con il presente ricorso il Comune di Mineo chiede che la causa sia devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario in quanto in essa si discute di un credito nato da contratto concluso tra due soggetti che hanno agito jure privatorum e non da un accordo fra amministrazioni ai sensi dell’art. 15 della legge n. 241 del 1990 (RGN 23854/20).

Corte dei conti – azione del PG contabile per danno erariale nei confronti di professore universitario per lo svolgimento di attività libero-professionale vietata in costanza di attività di docenza a tempo pieno – la Corte dei conti, in appello, condanna (parametra il danno all’ammontare dell’indennità aggiuntiva percepita in ragione della scelta del regime del tempo pieno) – ricorso per cassazione prospettante eccesso di potere giurisdizionale (invasione delle attribuzioni riservate alla p.a e al legislatore per creazione di norma ex novo, per avere determinato il danno secondo il criterio predetto, anziché con riferimento agli emolumenti percepiti in ragione degli incarichi non autorizzati, come previsto dall’art. 53 d.lgs. 165 del 2001) – il PG contabile resiste con controricorso.

n. Ord. 27892/21  – Rel. Manzon

Corte dei conti – sentenza di condanna della CSS Cooperativa Servizi Sanitari Onlus, confermata in appello, al risarcimento del danno erariale per percezione indebita di somme di denaro, a seguito di falsificazione materiale e ideologica di mandati di pagamento relativi ad adeguamenti tariffari per prestazioni di assistenza domiciliare rese in favore della Asl di Foggia – ricorso per revocazione per omessa valutazione dell’accertamento dei fatti in sede penale che faceva escludere il dolo e la responsabilità di CSS – la Corte dei conti dichiara il ricorso inammissibile – la CSS ricorre per cassazione deducendo il difetto di giurisdizione della Corte dei conti per invasione della giurisdizione del giudice ordinario (avendo l’amministrazione agito in sede civile per le restituzioni) e per eccesso di potere per invasione delle competenze del legislatore (creazione di norma inesistente) – il P contabile resiste con controricorso (RGN

SU dichiarano il ricorso inammissibile, sulla base del consolidato orientamento delle stesse SU secondo cui in sede di ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte dei conti pronunciata su impugnazione per revocazione, può sorgere questione di giurisdizione solo con riferimento al potere giurisdizionale in ordine alla statuizione sulla revocazione medesima, restando esclusa la possibilità di mettere in discussione detto potere sulla precedente decisione di merito. Tale principio non è stato rispettato dal ricorrente che neppure ha considerato che, in linea generale il sindacato delle SU sulle decisioni della Corte dei conti è limitato alle sole ipotesi di difetto assoluto o relativo di giurisdizione e non si estende ad asserite violazioni di legge, sostanziale o processuale, concernenti il modo di esercizio della giurisdizione speciale. Ne consegue che non integra la violazione dei limiti esterni della giurisdizione, e pertanto non può costituire motivo di ricorso ammissibile in cassazione, la denuncia di un error in procedendo, quale la mancata sospensione del giudizio erariale sino all’esito del procedimento penale in corso sugli stessi fatti, ai sensi dell’art. 106 del d.lgs. n 174 del 2016, o di un error in iudicando, per l’omessa valutazione ai fini della responsabilità erariale di un precedente penale di assoluzione.

n. Ord. 28641/21  – Rel. Carrato

Corte dei conti – l’ASUL di Teramo è tenuta a corrispondere alla Carige Assicurazioni il risarcimento del danno, a titolo di franchigia, a seguito dell’accertamento del danno procurato dalla dott.ssa Franca Di Renzo, medico anestesista, ad una paziente nell’esercizio dell’attività medica – il PG contabile conviene in giudizio la Di Rienzo per danno erariale – la Corte dei conti in primo grado condanna e in appello conferma – l’interessata propone ricorso per cassazione (deduce numerose violazione di leggi processuali e sostanziali) – il PG contabile resiste con controricorso (RGN. 1922/20).

Le S.U. dichiarano inammissibile il ricorso, rilevando che tutti i motivi si risolvono nella prospettazione di censure relative ad aspetti procedimentali e di merito, di per sé estranee al superamento dei limiti esterni della giurisdizione contabile.

n. Ord. 29559/21  – Rel. Mancino

Corte dei conti – pensione di guerra – giudizio promosso dalla vedova del titolare di una pensione di guerra (deceduto) per la corresponsione della reversibilità della stessa in suo favore – la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, dichiara inammissibile la domanda in quanto ripetitiva di altra, identica, già rigettata con sentenza definitiva n. 80 del 2015 della Sezione centrale di appello (sentenza n. 368 del 2018) – ricorso per revocazione avverso la sentenza n. 368 del 2018 – la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, dichiara inammissibile il ricorso per revocazione (sentenza n. 75 del 2020) – ricorso affidato ad una censura di violazione di legge (è dubbia anche la validità della procura speciale) (RGN 14081/20).

SU dichiarano il ricorso inammissibile. Infatti, avverso le sentenze rese dalla Corte dei conti in sede di revocazione sono ammessi i mezzi d’impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata per revocazione (art.206, comma 3, c.g.c.) e, nella specie, trattandosi di sentenza in materia pensionistica resa dal giudice monocratico, avverso la stessa l’attuale ricorrente avrebbe dovuto proporre appello secondo il paradigma fissato dall’art. 170, comma 1, c.g.c. Di qui l’inammissibilità del ricorso in quanto esso esula dall’ambito delle previsioni degli articoli 207 c.g.c. e 362 cod. proc. civ. e dall’alveo delle censure deducibili ex art.111, ottavo comma, Cost., avendo ad oggetto una sentenza suscettibile di gravame innanzi al giudice contabile.

n. Ord. 29561/21  – Rel. Giusti

Corte dei conti – condanna della soc. coop. Oasi, del presidente vicepresidente e consigliere di amministrazione per danno erariale (indebita percezione di contributi pubblici) – successivamente il Pg contabile agisce dinanzi alla Corte dei conti per fare dichiarare inefficace ex art. 2901 c.c. nei confronti dell’amministrazione (Assessorato regionale del turismo, sport e spettacolo e Ministero dello sviluppo economico) un atto di donazione di un terreno stipulato da uno dei condannati in favore della figlia – la Corte dei conti accoglie in primo grado – l’appello è rigettato – ricorso per cassazione per difetto di giurisdizione della Corte dei conti – controricorso del Pg contabile (RGN 5007/20).

Ordinanza n. 29561 – n. 3c

Le S.U. rigettano il ricorso. L’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 c.c. promossa dal Procuratore regionale contabile al fine di realizzare la tutela del credito erariale, appartiene alla giurisdizione della Corte dei conti. La natura accessoria e strumentale dell’azione revocatoria consente di ritenere che essa non sia estranea alle materie di contabilità pubblica, che l’art. 103 Cost, riserva alla cognizione della Corte dei conti, trattandosi di un mezzo rivolto anch’esso alla riparazione del danno erariale.

n. Ord. 30112/21  – Rel. Giusti

Corte dei conti – direttore generale presso la Provincia di Pavia – condanna per responsabilità erariale per l’attribuzione di incarichi di funzioni dirigenziali a tempo determinato a dipendenti privi del diploma di laurea e al di fuori di procedura concorsuale – ricorso per motivi di giurisdizione deducente eccesso di potere giurisdizionale per invasione delle attribuzioni del legislatore (per avere creato una nuova figura di responsabilità contabile), del giudice amministrativo (competente sulla valutazione di legittimità dell’atto amministrativo) e della sfera del merito amministrativo, per denegata giustizia e violazione dei principi del giusto processo – il PG contabile resiste con controricorso (RGN 12137/20).

SU dichiarano il ricorso inammissibile. L’accertamento della responsabilità per danno erariale operato dal giudice contabile nei confronti del direttore generale della Provincia in relazione a provvedimenti di attribuzione di funzioni dirigenziali a un dipendente dell’ente territoriale privo dei prescritti requisiti, non integra un’ipotesi di eccesso di potere giurisdizionale, in quanto tale accertamento, lungi dall’invadere il merito dell’azione amministrativa, rientra nell’alveo del controllo della conformità alla normativa di settore recante la disciplina dell’attività amministrativa, che implica la verifica della ricorrenza dei presupposti, di legge e di regolamento, per procedere al conferimento dell’incarico.

Tributario

nn. Ord. 19423-4-5/21  – Rel. Crucitti

Agevolazioni in favore delle piccole e medio imprese – concessione  – successiva revoca disposta con d.m. – impugnazione dinanzi al giudice tributario, il quale declina la giurisdizione in favore del giudice amministrativo – quest’ultimo solleva conflitto negativo di giurisdizione, ritenendo sussistente la giurisdizione del giudice tributario sul presupposto che si tratti di beneficio attinente ad agevolazioni fiscali (RGN 19273/20-19274/20-22238/20).        

SU dichiarano la giurisdizione del giudice amministrativo sulla base dei seguenti principi, enunciati dandosi continuità alla consolidata giurisprudenza delle SU relativa alla individuazione della situazione giuridica soggettiva configurabile in capo a colui che aspiri a finanziamenti o sovvenzioni da parte della pubblica amministrazione, così sintetizzati: (a) ogniqualvolta la norma di previsione affidi alla P.A. il discrezionale apprezzamento circa l’erogazione del contributo, l’aspirante è titolare di un interesse legittimo, che conserva identica natura durante tutta la fase procedimentale che precede il provvedimento di attribuzione del beneficio ed è tutelabile davanti al giudice amministrativo; (b) l’emanazione di siffatto provvedimento determina, poi, l’insorgenza di un diritto soggettivo alla concreta erogazione, tutelabile davanti al giudice ordinario, se al provvedimento stesso non sia stata data concreta attuazione, per mero comportamento omissivo, oppure perché l’amministrazione intenda far valere la decadenza del beneficiario dal contributo, in relazione alla mancata osservanza, da parte del medesimo, di obblighi al cui adempimento la legge o il provvedimento condizionano l’erogazione suddetta o la sua permanenza; (c) la situazione giuridica soggettiva del destinatario della sovvenzione torna, invece, ad essere di interesse legittimo se la mancata erogazione del finanziamento, pur oggetto di specifico provvedimento di attribuzione, dipenda dall’esercizio di poteri di autotutela dell’amministrazione, la quale intenda annullare il provvedimento stesso.

n. Ord. 20693/21  – Rel. Scoditti

Contribuente propone citazione ex art. 615 comma 1 c.p.c. dinanzi al Tribunale di Genova avverso cartella (notificata) di pagamento di tributi erariali (imposta di fabbricazione oli minerali), chiedendo di sospendere l’efficacia esecutiva della cartella e di dichiararla nulla o illegittima – l’Agenzia delle dogane chiede il rigetto della domanda, l’Agenzia delle entrate non si costituisce – il tribunale rigetta l’istanza di sospensione rilevando la carenza di giurisdizione in favore della giurisdizione del giudice tributario – il contribuente propone regolamento preventivo di giurisdizione e chiede di confermare la giurisdizione del giudice adito – l’Agenzia delle dogane chiede di dichiarare la giurisdizione del giudice tributario (RGN 18109/20).

Le Sezioni Unite dichiarano la giurisdizione del giudice tributario su una opposizione a cartella di pagamento, assimilabile a precetto per la sua funzione di preannuncio dell’azione esecutiva, essendo dedotti fatti (anche la prescrizione) anteriori alla notifica della cartella in quanto inerenti alla carenza originaria della pretesa erariale.

n. 21165/21  – Rel. Perrino 

Tributi – opposizione di privato in G.O., ai sensi dell’art. 57 del d.P.R. n. 602 del 1973, avverso l’avviso di vendita forzata dell’immobile di sua proprietà disposta dalla società Equitalia Gerit per tributi, interessi di mora, aggio e spese di procedura – il Tribunale dichiara il difetto di giurisdizione in riferimento all’opposizione avverso i crediti di natura tributaria e la rigetta quanto al resto – la Corte d’appello conferma – ricorso dell’interessato affidato a due motivi, il primo dei quali in punto di giurisdizione (RGN 806/20).      

Le S.U. rigettano il ricorso. La sentenza osserva che – pur essendo corretta l’affermazione del ricorrente secondo cui la contestazione relativa, in via principale e pregiudiziale, ad un atto dell’esecuzione implica la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario – nella specie la censura non è conferente, perché non identifica una ragione di impignorabilità del bene staggito, ai sensi dell’art. 76 del d.P.R. n. 602 del 1973.

n. Ord. n. 21166/21 – Rel. Perrino 

Tributi – opposizione all’esecuzione proposta in G.O., da parte del Comune di Curti, avverso l’avviso di pagamento emesso nei suoi confronti dal Consorzio di bonifica del bacino inferiore del Volturno a titolo di contributo per lo scarico delle acque meteoriche in canali consortili – il G.O. declina la giurisdizione in favore del giudice tributario, rilevando che i contributi di cui all’art. 166 del d.lgs. n. 152 del 2006 avrebbero natura tributaria – il Comune riassume la causa davanti alla Commissione tributaria provinciale la quale solleva conflitto negativo di giurisdizione, osservando che il contributo in questione non avrebbe natura tributaria (RGN 15644/20). 

Le S.U. dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario e cassano la sentenza del Tribunale di S. Maria Capua Vetere, davanti al quale rimettono le parti. Osserva la decisione, richiamando i precedenti in argomento, che i canoni dovuti ai consorzi di bonifica, per l’utilizzo dei canali consortili come recapito di scarichi, da parte di soggetti, quali i Comuni, che non appartengono al consorzio, sono versati non in adempimento di un’obbligazione tributaria, bensì all’esito di una procedura negoziale tra il consorzio e l’utente, con conseguente spettanza della relativa controversia alla giurisdizione del giudice ordinario. Tale quadro è ulteriormente confermato, a livello regionale, dalla legge della Regione Campania n. 4 del 2003.

n. Ord. 21642/21  – Rel. Conti

Tributi – impugnazione davanti al giudice tributario, da parte di privati nei confronti dell’Agente per la riscossione, avverso la cartella con la quale l’Agenzia delle entrate di Foggia chiedeva loro il pagamento di imposte di registro, sanzioni ed interessi a seguito di denuncia di successione, per complessivi euro 929.351,19 – nel giudizio interviene l’Agenzia delle entrate sostenendo che il credito derivava da una sentenza della Corte di cassazione che aveva cassato con rinvio una pronuncia della Commissione tributaria regionale di Bari, senza che nessuno riassumesse il giudizio, con conseguente definitività dell’avviso di liquidazione originariamente impugnato – eccezione di prescrizione sollevata dai privati ricorrenti – regolamento preventivo di giurisdizione richiesto dai ricorrenti sul rilievo che l’esame dell’eccezione di prescrizione apparterrebbe alla giurisdizione del giudice ordinario (RGN 18813/20).

Le S.U. dichiarano la giurisdizione del giudice tributario, davanti al quale rimettono le parti, sulla questione relativa alla prescrizione della pretesa tributaria. Osservano le S.U., richiamando alcuni precedenti (fra i quali, soprattutto, l’ordinanza n. 7822 del 2020), che sussiste la giurisdizione del giudice tributario sui fatti incidenti sulla pretesa fiscale verificatisi fino alla notifica della cartella esattoriale, mentre appartiene alla giurisdizione del G.O. la cognizione delle cause sulle questioni inerenti alla legittimità formale del pignoramento e sui fatti incidenti sulla pretesa azionata verificatisi dopo la notifica della cartella esattoriale (nel caso di specie, la censura aveva ad oggetto la prescrizione della pretesa fiscale, vicenda sicuramente da collocare a monte della notifica della cartella).

nn. Ord. 22138-22139/21  – Rel. Manzon

Tributi – impugnazione davanti al giudice tributario, da parte di società privata, del provvedimento col quale l’Agenzia delle entrate ha rigettato l’istanza di transazione fiscale proposta ai sensi dell’art. 182-ter della legge fallimentare – l’Agenzia delle entrate si costituisce ed eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice tributario, per essere la controversia spettante alla giurisdizione del giudice ordinario – regolamento preventivo di giurisdizione richiesto dall’Agenzia delle entrate.

Le S.U. dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario, richiamando integralmente l’ordinanza n. 8504 del 2021, secondo cui le controversie relative al mancato assenso dell’agenzia fiscale alle proposte di trattamento dei crediti tributari regolate dall’art. 182-ter della l.fall. spettano, anche con riguardo al periodo anteriore all’entrata in vigore del d.lgs. n. 14 del 2019, alla giurisdizione ordinaria del tribunale fallimentare, considerata l’obbligatorietà di tali proposte nell’ambito delle procedure nelle quali sono consentite ed in ragione, altresì, del disposto degli artt. 180, 182-bis e 182-ter l.fall., nel testo modificato dal citato d.lgs. n. 14 del 2019 e dal d.l. n. 125 del 2020, da cui si evince la prevalenza, con riferimento all’istituto in esame, dell’interesse concorsuale su quello tributario, senza che assuma rilievo, invece, la natura giuridica delle obbligazioni oggetto dei menzionati crediti.

n. Ord. 21961/21  – Rel. Manzon

Tributi – versamento in favore dell’AGCOM, da parte di società privata operante nel settore postale, del contributo di cui all’art. 2, comma 14, del d.lgs. n. 261 del 1999 – successivo annullamento, da parte del giudice amministrativo, del decreto interministeriale e della delibera dell’AGCOM attutativi della norma suindicata – azione dinanzi al giudice tributario, da parte della società privata nei confronti dell’AGCOM, per il rimborso del contributo versato in ottemperanza ai provvedimenti poi annullati – la Commissione tributaria provinciale accoglie e la Commissione tributaria regionale riforma, dichiarando il difetto di giurisdizione del giudice tributario sussistendo la giurisdizione del giudice amministrativo – ricorso della società privata per un motivo di giurisdizione (RGN 8644/20).

SU accolgono il ricorso, cassano la sentenza impugnata e rinviano alla Commissione tributaria regionale competente in diversa composizione. A tale conclusione si perviene sottolineando che i contributi per il funzionamento dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), relativi alle spese di funzionamento dell’Autorità stessa ex art. 2, comma 14, del d.lgs. n. 261 del 1999, come modificato dall’art. 1, comma, 2, del d.lgs. 58 del 2011, applicabile ratione temporis, hanno natura tributaria, trattandosi di prestazioni patrimoniali imposte dalla legge a favore dell’autorità indipendente, caratterizzate dal carattere coattivo in assenza di qualsiasi rapporto sinallagmatico con la beneficiaria, collegate ad una pubblica spesa (destinata allo scopo di apprestare i mezzi per il fabbisogno finanziario dell’ente impositore) e riferite ad un presupposto economicamente rilevante, perché commisurate al volume di fatturato assunto ad indice della capacità contributiva. Pertanto, la disposizione di cui all’art. 133, lett. l), cod. proc. amm. va interpretata nel senso che la stessa fissa la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per tutti i provvedimenti di AGCOM, ad eccezione di quelli che riguardano il contributo per il funzionamento dell’Ente, in ordine ai quali invece trova applicazione la previsione di cui all’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, quale norma di attribuzione al giudice tributario speciale della competenza giurisdizionale generale in materia di tributi.

n. Ord. 25479/21  – Rel. Crucitti

Produzione di energia da fonti rinnovabili – cumulabilità delle tariffe incentivanti riconosciute dal GSE (Gestore dei Servizi Energetici) per la produzione di energia elettrica con il regime di detassazione per investimenti ambientali realizzati dalle P.m.i. – la SGE agisce in TAR e propone ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione con cui chiede di dichiarare la giurisdizione del giudice tributario – l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso. (RGN 13951/20)

Le S.U. dichiarano la giurisdizione del giudice amministrativo, risolvendosi la controversia nella pretesa a mantenere, mediante l’impugnazione dell’atto amministrativo generale dell’Agenzia delle entrate, il cumulo dei diversi sistemi incentivanti.

n. Ord. 25480/21  – Rel. Crucitti

Certificazioni di regolarità fiscale rilasciate dall’Agenzia delle Entrate identità di disciplina per il riparto di giurisdizione rispetto ai documenti di regolarità contributiva – Conseguente insussistenza della giurisdizione AGA ove, come nella specie, la cognizione sulle suddette certificazioni è proposta in via principale a tutela di una posizione di diritto soggettivo e non di un interesse legittimo sorto nell’ambito di una procedura di gara – Il Tribunale ordinario di Roma, originariamente adito, declina la giurisdizione in favore del Giudice amministrativo – In sede di riassunzione il TAR del Lazio solleva d’ufficio conflitto negativo di giurisdizione volto ad ottenere la dichiarazione della sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario, sottolineando anche che non vi è impugnazione di atti impositivi né contestazione della legittimità di procedimenti tributari. (RGN 24025/20)

Le S.U. dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario, sul rilievo che la società ha agito a tutela di una posizione di diritto soggettivo, all’accertamento della sua regolarità fiscale previa verifica dell’illegittimità delle compiute verifiche, e non a tutela di un interesse legittimo, sorto in sede di procedura di gara.

n. Ord. 25481/21  – Rel. Crucitti

Tributi – avviso di accertamento nei confronti della CIET Srl per omessi versamenti di tributi vari – azione della società per risarcimento danni nei confronti dell’Agenzia delle entrate e di due funzionari che evocano in giudizio per la manleva gli Assicuratori dei Lloyd’s di Londra – l’adito Tribunale di Terni declina la giurisdizione – riassunzione del giudizio dinanzi al Tar Umbria che solleva conflitto negativo di giurisdizione. (RGN 1611/21)

Le S.U. dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario, essendo denunciato un comportamento illecito dell’Amministrazione finanziaria (con richiesta di risarcimento del danno), ex art. 2043 c.c., posto a mezzo dei suoi funzionari.

n. Ord. 27887/21  – Rel. Manzon

Cosap – il Giudice di Pace di Lamezia Terme declina la giurisdizione in favore del giudice tributario – la Commissione Tributaria Provinciale di Catanzaro solleva conflitto negativo di giurisdizione (RGN 5100/21).

Le Sezioni Unite risolvono il proposto conflitto negativo di giurisdizione dichiarando quella del giudice ordinario, e non del giudice tributario, in tema di canoni per l’occupazione di spazi e aree pubbliche, trattandosi di obbligazione di natura non tributaria.

n. Ord. 28640/21  – Rel. Manzon

Tributi – cartella di pagamento di debiti tributari – richiesta di sospensione – rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria – ricorso del contribuente – la CTP di Pescara accoglie – l’Agenzia delle entrate propone appello deducendo il difetto di giurisdizione del giudice tributario – la CTR conferma la sentenza impugnata – l’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione deducendo il difetto di giurisdizione del giudice tributario il favore del giudice amministrativo – la Sezione Tributaria con ordinanza n. 14584 del 2021 sollecita la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite (RGN 16830/14).

Le Sezioni Unite rigettano i motivi di ricorso che contestavano la sussistenza della giurisdizione tributaria (invocandosi infondatamente la giurisdizione amministrativa) e l’impugnabilità del diniego di sospensione della riscossione di tributi; accolgono il motivo di ricorso avverso la statuizione impugnata che aveva escluso che per l’applicabilità della procedura agevolativa di cui all’art. 6, comma 3, d.lgs. n. 472 del 1997 fosse condizione necessaria la qualifica di professionista scritto ad un albo professionale del soggetto terzo delegato autore del mancato pagamento e, di conseguenza, cassano la sentenza impugnata con rinvio al giudice tributario, al fine di valutare se, fermo il nucleo normativo dell’art. 1 legge n. 423 del 1995, vi siano margini nel caso concreto per applicare l’art. 6, comma 3, d.lgs. n. 472 del 1997. 

Giurisdizione : diritto internazionale privato e giudice straniero

n. 16085/21  – Rel. Torrice

Lavoro pubblico – dipendente di Ambasciata degli Emirati Arabi Uniti in Italia licenziata – azione dinanzi al Tribunale di Roma per accertamento delle mansioni superiori (livello A1), di condotte vessatorie del datore di lavoro, di omissioni contributive, risarcimento danni – il Tribunale declina la giurisdizione italiana – la Corte d’appello conferma – ricorso per cassazione – controricorso dell’Ambasciata degli Emirati Arabi (RGN 6330/20).

SU rinviano la causa a nuovo ruolo con richiesta di relazione all’Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte sull’istituto dell’immunità dalla giurisdizione civile degli Stati membri nella materia delle controversie di lavoro. Si osserva che le censure formulate nel ricorso, laddove contestano le affermazioni contenute nella sentenza impugnata correlate ai rapporti tra la Convenzione di New York del 2004 e il Regolamento CE n. 44 del 2001, in particolare nella parte in richiamano le norme di diritto interno (artt. 24 e 102 Cost.; art. 37 cod.proc.civ.; art. 4 legge n. 218 del 1995) e nella parte in cui, invocando i principi affermati da Cass. SU n. 14703/2010, n.1774/2011, 10219/2006, obiettano alla sentenza impugnata che la decisione Cass. SU n. 22744/2014, ha fatto riferimento alla sola Convenzione di New York del 2004 e non anche al Regolamento CE 44/2001. Tali affermazioni evidenziano la necessità di un approfondimento della questione concernente l’immunità dalla giurisdizione civile degli Stati esteri nella materia delle controversie di lavoro, in riferimento non solo agli artt. 24 e 10 Cost. ma anche all’art. 6 della CEDU, all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali UE e alle correlate numerose sentenze della Corte costituzionale e delle Corti europee centrali. Si rileva, in particolare, che deve essere valutata la sussistenza di un possibile contrasto che sembra registrarsi tra il principio per il quale la cd. immunità (nella nozione “ristretta” datane dalle SU in plurime decisioni) non è derogabile convenzionalmente e il principio, secondo cui, in tema di rapporto di lavoro alle dipendenze delle Ambasciate di Stati esteri, non sussiste la giurisdizione del giudice italiano, anche nei casi in cui la domanda involga questioni esclusivamente patrimoniali e siano correlate a mansioni di semplice “impiegato consolare”, ove le parti abbiano convenzionalmente devoluto la controversia su pretese disponibili alla giurisdizione esclusiva dei tribunali dello Stato estero, ai sensi dell’art. 11, par. 2 lett. f) della Convenzione di New York., affermato da Cass. SU n. 22744/2014 e ribadito da Cass. SU n. 11129/2020.

n. 16491/21  – Rel. Marulli

DIP – contratto di swap concluso da Fondazione di Piacenza e Vigevano con JP Morgan Securities PLC (società di diritto inglese) avente come titolo sottostante obbligazioni collocate da Prometeia Advisors Sim spa con cui la Fondazione aveva stipulato contratto di consulenza in intermediazione finanziaria – la Fondazione conviene entrambi in giudizio dinanzi al Trib. Bologna per chiedere di dichiarare la nullità del contratto di swap e in subordine di accertare la responsabilità solidale di entrambi – il Tribunale accoglie l’eccezione di difetto di giurisdizione in favore del giudice inglese sulla base del rinvio contenuto nel contratto di swap (“confirmation”) al modello di accordo quadro ISDA contenente clausola di proroga della giurisdizione in favore del giudice inglese – la Corte d’appello di Bologna rigetta i gravami – la Fondazione propone ricorso per cassazione deducendo la giurisdizione del giudice italiano – la JP Morgan Securities PLC resiste con controricorso (RGN 25893/19).

Le Sezioni Unite rigettano i motivi di ricorso che censuravano la declinatoria della giurisdizione italiana in favore del giudice inglese rispetto alle domande proposte dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano, attrice nel giudizio, nei confronti della J.P.Morgan Securities PLC, in forza del rinvio contenuto nel contratto (confirmation) al Master Agreement predisposto dall’ISDA (International Swaps and Derivatives Association) contenente valida clausola in forma scritta di proroga della giurisdizione, a norma dell’art. 23 Reg. CE n. 44 del 2001, anche rispetto alle domande subordinate. Le SU accolgono invece il motivo di ricorso e dichiarano la giurisdizione italiana in relazione alla domanda della Fondazione nei confronti di un soggetto (Prometeia Advisor Sim) terzo rispetto al predetto contratto, essendo il rapporto tra le suddette parti disciplinato da un apposito contratto di consulenza che prevedeva un foro esclusivo individuato nel Foro di Bologna ed avente ad oggetto una questione (circa la negligente prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti da parte di Prometeia) diversa da quella dedotta nell’accordo di forum prorogatum

n. Ord. 18299/21  – Rel. Scarpa

DIP – contratto di compravendita (o di produzione per conto terzi) tra società italiana (Binda Italia srl) e società (Retkie Industries Limited) con sede a Hong Kong per la produzione di orologi da parte della seconda – la binda agisce dinanzi al Tribunale di Busto Arsizio per inadempimento, risoluzione del contratto e risarcimento danni – la Retkie propone istanza per regolamento preventivo di giurisdizione con cui chiede di dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice italiano, in favore del giudice cinese o di Hong Kong – la Binda resiste con controricorso (RGN 17717/20).

SU dichiarano la giurisdizione del giudice italiano. Sulla base dei precedenti delle stesse SU nonché della Corte di giustizia UE si afferma, in primo luogo, che, alla stregua dell’art. 3, comma 2, della legge 31 maggio 1995, n. 218, se il convenuto non è domiciliato in uno Stato membro, la giurisdizione italiana, quando si tratti di una delle materie già comprese nel campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, sussiste in base ai criteri stabiliti dal Regolamento (UE) n. 1215/2012, il quale ha sostituito il regolamento n. 44/2001 che aveva, a sua volta, sostituito la Convenzione. Per le controversie in materia contrattuale – come la presente – la giurisdizione deve essere stabilita sulla base dei criteri dettati dall’art. 7 del Regolamento (UE) n. 1215/2012 per le tale tipo di controversie, individuando l’autorità giurisdizionale del luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio. In base al criterio del petitum sostanziale la fattispecie sub judice viene qualificata come compravendita di beni a distanza – di cui è dedotto l’inadempimento e richiesta la risoluzione – ; di conseguenza, in assenza di una apposita convenzione sul punto stipulata dalle parti, il criterio di collegamento del “luogo di consegna”, di cui al citato art. 7, lett. b, primo trattino, va identificato in quello di esecuzione della prestazione di consegna materiale dei beni, situato in Italia, perché con essa l’acquirente ha conseguito o avrebbe dovuto conseguire il potere di disporre effettivamente dei beni stessi nel luogo di destinazione finale dell’operazione di vendita attestato dalla documentazione commerciale allegata dall’attrice, a prescindere da ogni considerazione sulle modalità del trasporto e sul luogo in cui il vettore prenda in carico le merci.

n. 20819/21  – Rel. Tricomi

DIP – Giudizio instaurato dal sindacato FILT-CGIL di Bergamo davanti al locale di Tribunale al fine di ottenere l’accertamento del carattere discriminatorio, con la correlata tutela legale, della clausola contrattuale inserita dalla RYANAIR DAC nel contratto collettivo aziendale all’epoca vigente per il personale di cabina degli aeromobili impiegato dalla società – Tale clausola definita “Estinzione del contratto” era principalmente diretta ad impedire interruzioni di lavoro e “qualunque altra azione di natura sindacale “ – il Tribunale ha accolto il ricorso e la sentenza è stata confermata dalla Corte d’appello di Brescia – Entrambi i suddetti giudici del merito hanno respinto l’eccezione pregiudiziale della società di difetto di giurisdizione del giudice italiano in favore del Tribunale del lavoro di Dublino – Con il presente ricorso la società rinnova tale eccezione, sul principale assunto secondo cui per la corretta individuazione del giudice munito di giurisdizione avrebbe dovuto essere applicato l’art. 21 del Regolamento UE n. 1215/2012 (relativo alle controversie in materia di lavoro) e non l’art. 7.2 dello stesso Regolamento e la normativa ad esso collegata (riguardante gli illeciti civili dolosi o colposi), come è invece avvenuto (RGN 5022/20).

SU rigettano il ricorso. Alla suddetta conclusione si perviene attraverso una approfondita ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale anche UE nel quale va inserita l’azione proposta dal sindacato FILT CGIL di Bergamo nei confronti della società Ryanair DAC per ottenere l’accertamento del carattere discriminatorio (con le conseguenti pronunce) della clausola contrattuale, denominata “Estinzione del contratto”, inserita nel contratto di lavoro del personale di cabina degli aeromobili impiegato dalla suindicata società. In sintesi SU hanno affermato i seguenti principi: (a) è sussistente, nella specie, la giurisdizione del giudice italiano in applicazione del regolamento UE n. 1215/2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, come interpretato dalla CGUE, dovendo i criteri di competenza ivi dettati vanno letti sulla base del “petitum sostanziale”, che per costante orientamento delle stesse SU governa il riparto di giurisdizione tra giudici nazionali e che può considerarsi richiamato dalla giurisprudenza della CGUE relativa all’interpretazione del suddetto regolamento n. 1215 che, fra l’altro, richiama i principi generali desumibili dagli ordinamenti nazionali al fine di garantire il più possibile l’uguaglianza di trattamento con riguardo ai diritti e agli obblighi che derivano dal regolamento stesso; (b) è corretta la configurazione della domanda azionata dal sindacato come di natura extracontrattuale di accertamento di una discriminazione diretta posta in essere dalla società nei confronti del personale selezionato in Italia, perché la clausola in contestazione oltre a declinarsi nell’ambito dell’autonomia negoziale e del rapporto di lavoro, ricade anche sull’autonomia collettiva e sulle relazioni sindacali in quanto, condizionando l’assunzione, le condizioni di lavoro e la permanenza in servizio del lavoratore, incide sulla libertà sindacale sia individuale che collettiva (essendo stata accertato un comportamento datoriale discriminatorio sia per l’accesso che per le condizioni di lavoro, grazie al regime di agevolazione probatoria previsto dalle direttive in materia); (c) la qualificazione della domanda operata correttamente nei suddetti termini dalla Corte d’Appello con riguardo all’ordinamento nazionale anche ai fini della determinazione della giurisdizione, è coerente con le indicazioni della CGUE per l’applicazione uniforme delle norme sulla competenza, visto che, anche alla luce della giurisprudenza UE, non è ravvisabile tra le parti in causa alcun contratto di lavoro; (d) vertendosi in una ipotesi di responsabilità extracontrattuale, trova applicazione l’art. 7, par. 2, del reg. n. 1215/2012, che sulla base della giurisprudenza della CGUE comporta che deve essere garantita un’adeguata tutela al lavoratore in quanto parte contraente più debole; quindi il criterio del Paese dell’esecuzione abituale del lavoro deve formare oggetto di un’interpretazione ampia ed essere inteso nel senso che si riferisce al luogo in cui o a partire dal quale il lavoratore esercita effettivamente le proprie attività professionali e, in mancanza di un tale centro di affari, al luogo in cui il medesimo svolge la maggior parte delle sue attività; (e) in particolare, per la CGUE, per il personale di volo di una compagnia aerea o messo a sua disposizione, la nozione «luogo in cui il lavoratore svolge abitualmente la propria attività» non può essere equiparata alla nozione di «base di servizio», pur potendo tale ultimo luogo essere utile per determinare il luogo a partire dal quale i lavoratori svolgono abitualmente la loro attività e, pertanto, il giudice competente a conoscere di un ricorso presentato dai medesimi; (f) quanto alla legge applicabile, alla natura extracontrattuale dell’azione esperita dalla FILT CGIL di Bergamo consegue l’applicazione il reg. n. 864 del 2007 (spec. art. 4) e, quindi, della legge italiana perché gli effetti pregiudizievoli del comportamento della società si producono o si potrebbero produrre in Italia; (g) nell’ambito applicativo della tutela antidiscriminatoria rafforzata di cui alla direttiva n. 78/2000 recepita nell’ordinamento nazionale dal d.lgs. n. 216 del 2003, è da ricomprendere senz’altro la discriminazione per motivi sindacali come è confermato dalle garanzie poste a tutela della libertà sindacale dalla Costituzione, dalla Carta dei diritti fondamentali UE e dalla CEDU oltre che dalla Carta sociale europea. Di qui la legittimazione processuale del sindacato a far valere la discriminazione diretta in oggetto, visto che nella giurisprudenza della CGUE si è affermata una nozione ampia di tale fattispecie tale da superare la necessità dell’esistenza di una vittima identificabile; (h) nel presente giudizio il sindacato ha agito legittimamente iure proprio e a titolo extracontrattuale, per la tutela di interessi omogenei individuali, sia pure non riferibili nella specie a vittime immediatamente o direttamente identificabili della discriminazione, che sono rilevanti per la collettività, atteso l’interesse di quest’ultima nel suo insieme a che non siano posti in essere nei rapporti di lavoro, anche con riguardo all’accesso e alla risoluzione, comportamenti discriminatori diretti che possono pregiudicare il corretto e buon funzionamento del mercato del lavoro nel complesso, a cui concorre il leale e corretto svolgimento delle relazioni sindacali, e il conseguimento di obiettivi di politica sociale; (i) infine, va corretta la motivazione in diritto della sentenza impugnata laddove il

riconosciuto risarcimento del danno non patrimoniale è stato ricondotto ai c.d. danni punitivi, infatti il risarcimento del danno non patrimoniale che viene qui in rilievo si caratterizza per una connotazione dissuasiva, che esula dai cd. danni punitivi, soprattutto laddove si consideri che la discriminazione collettiva rileva anche in assenza di un soggetto immediatamente identificabile.

n. Ord. 21767/21  – Rel. Valitutti

D.I.P.  – giudizio di separazione pendente in Italia, tra una cittadina scozzese ed un cittadino britannico nato in Libia, in considerazione della comune residenza dei coniugi in Italia fino al gennaio 2019 – contemporanea procedura svoltasi presso l’Autorità giudiziaria scozzese al fine di escludere che vi sia stata una sottrazione internazionale di minorenni (asseritamente conclusa) – regolamento preventivo di giurisdizione richiesto dalla moglie per sentire dichiarare la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano in ordine alle pronunce di carattere economico relative al  mantenimento dei due figli minorenni (RGN 17407/20).            

Le Sezioni Unite dichiarano inammissibile il regolamento di giurisdizione ex art. 41 c.p.c., proposto nell’ambito di un giudizio avente ad oggetto la responsabilità genitoriale e il mantenimento dei figli, nel quale il giudice italiano aveva disposto la sospensione dello stesso, ex artt. 19 e 20, co. 1, Reg. UE n. 2201 del 2003, stante la pendenza in Scozia di giudizio sulla sottrazione internazionale dei figli, sulla responsabilità genitoriale e sui provvedimenti economici accessori, finché il giudice straniero preventivamente adito non avesse affermato la propria giurisdizione, poiché tale provvedimento di sospensione non involge una questione di giurisdizione, ma si risolve nella verifica dei presupposti processuali inerenti l’identità delle cause e la pendenza del giudizio preventivamente instaurato, impugnabile piuttosto con il regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c.

n. Ord. 25045/21  – Rel. Marotta

D.I.P. – decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Tivoli, in favore di una società privata che gestisce cure essenziali, col quale è stato ordinato allo Stato della Libia il pagamento di prestazioni sanitarie svolte in favore di cittadini libici – opposizione da parte dello Stato della Libia – costituzione della società creditrice – il Giudice rigetta l’istanza di concessione della provvisoria esecuzione del d.i. e invita le parti al deposito di memorie in relazione ad un ipotizzato difetto di giurisdizione del giudice italiano – la società creditrice propone regolamento preventivo di giurisdizione per sentire dichiarare che la giurisdizione spetta al giudice italiano. (RGN 30783/20)

SU dichiarano la giurisdizione del giudice italiano. A tale conclusione si perviene sottolineando che nella specie si discute dell’obbligazione assunta dallo Stato libico per le prestazioni riabilitative fornite dalla struttura sanitaria privata italiana attuale ricorrente in base ad una convenzione negoziale di fornitura di cure riabilitative. Pertanto, non vengono in considerazione atti dello Stato estero posti in essere jure imperii. Di qui la giurisdizione del giudice italiano, in base al consolidato principio della c.d. “immunità ristretta”.

n. Ord. 25163/21  – Rel. Terrusi

D.I.P. – dichiarazione di fallimento di una società di fatto e dei soci individuati come illimitatamente responsabili – la curatela del fallimento propone istanze di sequestro conservativo e giudiziario in relazione ad una serie di beni intestati, direttamente o in via simulata, ai falliti e ai loro familiari, nonché a trusts e società estere – successivo giudizio di merito intrapreso dalla curatela nei confronti dei soci e di vari trusts, finalizzato ad ottenere la declaratoria di nullità e/o di simulazione di una serie di trasferimenti immobiliari – alcuni trusts e soci, nel costituirsi, eccepiscono il difetto di giurisdizione del giudice italiano in favore dei giudici di Malta – il curatore del fallimento chiede il regolamento preventivo di giurisdizione per sentire dichiarare la giurisdizione del giudice italiano (RGN 24307/20).

Le Sezioni Unite dichiarano la giurisdizione del giudice italiano, su regolamento preventivo proposto dalla curatela del fallimento di società nell’ambito di un giudizio da essa introdotto dinanzi a un tribunale italiano per recuperare all’attivo beni asseritamente sottratti mediante conferimento in diversi trust. Le SU fanno applicazione della regola, desumibile dal Reg. UE n. 1215/2012, art. 8, che consente in caso di pluralità di convenuti (tra i quali, nella specie, il trustee maltese) di convenirli tutti davanti al giudice del luogo in cui uno di essi è domiciliato (essendo convenuti anche i disponenti di nazionalità italiana e domiciliati in Italia), esistendo un nesso così stretto da rendere opportuna una trattazione e decisione unica, tenuto conto della natura litisconsortile dell’azione proposta (di simulazione) e non rilevando ai fini della giurisdizione che il contratto istitutivo preveda che il trust sia regolato dalla legge scelta dal disponente.

n. Ord. 26654/21  – Rel. Rubino

D.I.P. – azione proposta da una società italiana, davanti ad un Tribunale italiano, nei confronti di due società, una con sede nel Regno Unito e l’altra con sede in Svezia, per sentire dichiarare l’inadempimento delle convenute in relazione ad un complesso accordo commerciale avente ad oggetto un albergo di lusso sito in Sardegna (di proprietà di parte attrice), nonché per ottenere il riconoscimento dell’estinzione di ogni credito in capo alle convenute, con cancellazione dell’ipoteca iscritta sull’albergo – le convenute si costituiscono eccependo il difetto di giurisdizione del giudice italiano e chiedendo il rigetto della domanda – regolamento preventivo di giurisdizione richiesto dalle società convenute per sentire dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice italiano, con riconoscimento che la giurisdizione spetta alle Corti dell’Inghilterra e del Galles (RGN 25536/20).

Le S.U. dichiarano la giurisdizione del giudice italiano a conoscere della domanda relativa alla cancellazione dell’ipoteca e gli rimettono la decisione sulle spese del regolamento, mentre dichiarano il difetto di giurisdizione del giudice italiano a conoscere delle domande contrattuali. Richiamati i criteri di cui al Regolamento n. 1215/2012 UE e il contenuto della domanda giudiziale proposta davanti al giudice nazionale, le S.U. rilevano che nel caso in esame le parti avevano inserito nel contratto una clausola da qualificare, ai sensi dell’art. 25 Reg. cit., di proroga della competenza, nel senso che esse avevano stabilito convenzionalmente di devolvere le cause relative al contratto ai giudici dell’Inghilterra e del Galles. Quanto, invece, alla domanda (logicamente successiva) di cancellazione dell’ipoteca, le S.U. affermano la giurisdizione del giudice italiano in conformità a quanto stabilito dalla Corte UE, perché, trattandosi di un diritto reale, la relativa controversia rientra nella competenza esclusiva del giudice dello Stato membro in cui l’immobile si trova.

n. 29556/21  – Rel. Mancino

DIP – Impugnazione del licenziamento per superamento del periodo di comporto con richiesta di reintegrazione da parte di un impiegato (nato in Canada e residente in Italia) che al momento del recesso prestava servizio presso un ufficio della base NATO di Sigonella svolgente sia attività commerciale in vari campi sia attività di recupero e riscossione crediti in sofferenza – Autonomia di gestione, organizzativa, economica e logistica dell’ufficio rispetto alla base militare sostenuta dal lavoratore – Il Tribunale adito, in base all’art. 11 della Convenzione di New York del 2004, ha escluso la giurisdizione del giudice italiano ritenendo applicabile il principio della immunità degli Stati esteri e nella specie degli USA essendo in discussione decisioni jure imperi dello Stato datore di lavoro – La Corte d’appello di Catania, invece, facendo applicazione l’art. 9 della Convenzione di Londra del 19 giugno 1951, resa esecutiva in Italia con legge 30 novembre 1955, n. 1355, ha dichiarato la giurisdizione del giudice italiano, richiamando, in particolare, Cass. SU n. 16248 del 2011 e Cass. SU n. n. 8228 del 2019 – Con l’unico motivo di ricorso avverso tale ultima sentenza gli USA ribadiscono la sussistenza della immunità dalla giurisdizione, rilevando che il prestato consenso all’applicazione del diritto italiano per i rapporti di lavoro non comporta il consenso alla giurisdizione del giudice italiano (RGN 17548/20).

SU rigettano il ricorso e dichiarano la giurisdizione del giudice italiano. A tale conclusione si perviene escludendosi l’implicazione dello svolgimento di funzioni sovrane e considerandosi come elemento determinante della regolazione della giurisdizione nell’azione d’impugnativa del licenziamento con tutela reintegratoria, la tipicità del rapporto lavorativo svolto, nell’infrastruttura militare, dal cittadino italiano alle dipendenze della forza armata USA in territorio italiano. In particolare si sottolinea che non si versa in ipotesi di conflitto tra fonti e che la pur condivisibile esigenza di interpretazione uniforme della Convenzione di Londra nei singoli plessi giurisdizionali dei Paesi del Trattato istitutivo della NATO in cui sono dislocati i comandi alleati, suffragata dalla parte ricorrente, nel ricorso all’esame, evocando l’«autorevolezza fortemente persuasiva, se non tout court vincolante» delle Corti canadesi e inglesi − che hanno escluso che la suddetta Convenzione disciplini i profili inerenti alla giurisdizione o alla immunità di cui si occuperebbe solo la Convenzione di New York che introduce una eccezione alla giurisdizione dello Stato ospitante (c.d. immunità ristretta) per tutte le controversie relative alla assunzione, alla proroga e alla reintegrazione dei lavoratori – non si appalesa decisiva per indurre le Sezioni Unite ad una revisione dell’interpretazione della Convenzione di Londra, da tempo consolidata nel senso dell’applicabilità delle regole di diritto sostanziale e della potestas judicandi dello Stato di soggiorno, non constando, peraltro, eventuali iniziative, sul piano internazionale, per promuovere una complessiva rivisitazione, nel senso patrocinato e auspicato dalla parte ricorrente, dello Statuto delle Forze armate che abbiano costituito rapporti di lavoro «a statuto locale» negli Stati partecipanti al Trattato Nord Atlantico.

Disciplinare avvocati e albi professionali

n. 15109/2021  –  Rel. Rubino

Disciplinare avvocati – incolpazione disciplinare per non aver adempiuto gli oneri fiscali a suo carico (pagamento della quota di TARSU in relazione alla sublocazione di una stanza dello studio di due colleghi) e per aver recato di conseguenza disdoro alla classe forense – il C.O.A. di Palermo riconosce la responsabilità per entrambe le incolpazioni ed infligge la sanzione dell’avvertimento – il C.N.F., in parziale accoglimento del ricorso, assolve per la prima incolpazione, conferma la condanna per la seconda e conferma anche la sanzione dell’avvertimento (minima) – ricorso dell’interessato affidato a quattro motivi (violazione di legge e vizio di motivazione) (RGN 21823/20).

Le Sezioni Unite rigettano il ricorso in materia disciplinare avvocati e, nel ritenere infondata la censura di violazione di legge per incompletezza e inadeguatezza del decreto di citazione a giudizio ai fini dell’esercizio del diritto di difesa, osservano che il suddetto decreto era idoneo a far comprendere all’incolpato il tenore delle condotte ascrittegli, integrandosi con quanto specificato nella delibera di apertura del procedimento disciplinare che conteneva i capi di incolpazione, anch’essa portata a conoscenza dell’incolpato. Le SU dichiarano inammissibili le censure che celavano una sostanziale non condivisione degli esiti di accertamenti di fatto svolti dai giudici di merito, non contestabili in sede di legittimità, anche alla luce dell’art. 56 r.d.l. n. 1578 del 1933, che prevede l’impugnabilità delle sentenze del CNF soltanto per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge.

n. 16296/21  – Rel. Greco

Disciplinare avvocati – Il CNF, in sede di rinvio da Cass. SU n. 3023 del 2015, ridetermina la sanzione inflitta all’attuale ricorrente nella sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per anni due, in sostituzione della cancellazione – Ricorre l’interessato per tre motivi incentrati sull’entità della sanzione e sull’asseritamente errata applicazione del criterio del “favor rei” secondo quanto affermato nella citata sentenza delle Sezioni Unite (RGN 5536/19).

Le S.U. accolgono il primo motivo di ricorso, dichiarano inammissibili il secondo e il terzo, cassano la sentenza impugnata in relazione e rinviano al C.N.F. anche per le spese. La sentenza rileva che il C.N.F., chiamato a pronunciarsi in sede di rinvio a seguito di una precedente decisione delle S.U., non ha provveduto in modo corretto a verificare quale fosse, in concreto, il regime sanzionatorio da applicare in ossequio al principio del favor rei (scegliendo tra la sospensione dall’esercizio della professione per anni due ovvero la cancellazione dall’albo originariamente inflitta).

n. 17334/21  – Rel. Nazzicone

Disciplinare avvocati – incolpazione disciplinare per avere, nella qualità di imputata in un processo penale per il reato di riciclaggio, inviato numerose e.mail di contenuto ingiurioso al Presidente del Collegio giudicante, al P.M. di udienza e ad un appuntato dei Carabinieri – il C.D.D. di Milano irroga la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per mesi otto – il C.N.F. conferma – ricorso della professionista affidato a due motivi (RGN 2390/21).

SU dichiarano il ricorso inammissibile in quanto tardivamente proposto, essendo la proposizione del ricorso per cassazione contro le decisioni del Consiglio nazionale forense soggetta, ai sensi dell’art. 36, comma 6, legge n. 247 del 2012, al termine breve di trenta giorni, decorrente dalla notificazione della pronuncia contestata, mentre nella specie, risulta dalla PEC allegata allo stesso ricorso, che la notificazione alla ricorrente della sentenza impugnata è stata effettuata il 21 ottobre 2020 mentre il ricorso è stato depositato il 27 gennaio 2021. Si aggiunge che è priva di pregio la tesi della ricorrente secondo cui l’impugnazione per nullità esulerebbe dalla decadenza del termine per impugnare. Infatti, in ogni caso, qualsiasi ragione di nullità si converte in motivo di impugnazione, ai sensi del principio generale di cui all’art. 161 cod. proc. civ. e in forza dell’art. 36, comma 6, legge n. 247 del 2012, la quale espressamente contempla il ricorso alle Sezioni unite della Corte di cassazione per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, nel cui ambito rientra anche il preteso vizio dalla ricorrente dedotto. Si precisa altresì come, peraltro già in astratto, la anzidetta tesi della inesistenza o nullità della pronuncia impugnata per il preteso difetto di imparzialità del Consiglio distrettuale di disciplina e del C.N.F. sia manifestamente infondata in diritto.

n. 19029/21  – Rel. Cirillo

Disciplinare avvocati – avvocato del foro di Pescara incolpato di avere consegnato alla propria assistita corrispondenza recante la dicitura “Riservata personale” intercorsa con altro avvocato – il COA applica la sanzione della sospensione per due mesi – il CNF rigetta il ricorso – ricorso per cassazione con quattro motivi (mancata fissazione della udienza da remoto, mancata applicazione del regime di prescrizione più favorevole ex art. 56, co. 3, legge 247 del 2012, mancata audizione dei testimoni, illogica insufficiente e contraddittoria motivazione) (RGN 2262/21).

Le S.U. dichiarano inammissibile il ricorso. Osserva la sentenza che il ricorso, articolato in quattro motivi, non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata e ne contesta la legittimità con affermazioni del tutto generiche e prive di ogni riferimento all’effettiva motivazione resa dal Consiglio nazionale forense.

n. 19030/21  – Rel. Criscuolo

Disciplinare avvocati – incolpazione disciplinare per una pluralità di illeciti conseguenti all’imputazione, in sede penale, per i delitti di associazione per delinquere, corruzione in atti giudiziari, abuso d’ufficio e falsità ideologica (fatti connessi al ruolo di giudice di pace coordinatore, nel quale l’incolpato è accusato di aver gestito l’ufficio, insieme ad altri colleghi, in modo da garantire il proprio interesse anche tramite l’aggiustamento di una serie di decisioni, con reciproci scambi di favore) – il C.D.D. di Bari irroga la sanzione della radiazione – il C.N.F. conferma – ricorso del professionista affidato a sei motivi (RGN 3555/21).

SU rigettano il ricorso. Alla suddetta conclusione si perviene sulla base delle seguenti statuizioni: (a) deve essere ribadito il principio consolidato nella giurisprudenza delle SU secondo cui le sanzioni disciplinari contenute nel codice deontologico forense hanno natura amministrativa sicché, con riferimento al regime giuridico della prescrizione, non è applicabile lo jus superveniens, ove più favorevole all’incolpato, il che comporta che il punto di riferimento per l’individuazione del regime della prescrizione dell’azione disciplinare è e resta la commissione del fatto o la cessazione della sua permanenza ed è a quel momento, quindi, che si deve avere riguardo per stabilire la legge applicabile, salvo restando che l’apertura del procedimento disciplinare funge da atto interruttivo della prescrizione con effetti istantanei; (b) quanto ai rapporti tra procedimento penale e procedimento disciplinare, va rilevato che solo per effetto della novella della legge n. 247 del 2012 è stato sancito all’art. 54 il principio della tendenziale autonomia tra i due procedimenti, facendo salva solo una limitata facoltà di sospensione, e peraltro a tempo determinato, mentre in precedenza la soluzione della questione non era pacifica; (c) detto questo, va precisato che, ferma restando l’applicazione della disciplina sostanziale della prescrizione avuto riguardo a quella vigente alla data di commissione dei fatti contestati, deve invece trovare immediata applicazione il suindicato art. 54, che non impone quindi più la sospensione necessaria del procedimento disciplinare in attesa della definizione del processo penale concernente i medesimi fatti; (d) l’immediata applicazione della suddetta norma anche al procedimento disciplinare di cui si tratta implica quindi la correttezza della scelta di riattivare il procedimento stesso, ancor prima del passaggio in giudicato della sentenza penale, senza che tale immediata riattivazione determini alcuna conseguenza sulla validità della decisione adottata; (e) va ricordato che, secondo la giurisprudenza delle SU, ancorché la sospensione del giudizio disciplinare in pendenza del procedimento penale, ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ., si esaurisca con il passaggio in giudicato della sentenza che definisce detto procedimento penale, tuttavia la ripresa del procedimento disciplinare innanzi al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati non è soggetto a termine di decadenza; (f) sono estensibili al procedimento disciplinare a carico degli avvocati i principi affermati per il procedimento disciplinare a carico dei magistrati secondo cui le intercettazioni effettuate in un procedimento penale sono pienamente utilizzabili nel procedimento disciplinare, purché, come nella specie, siano state legittimamente disposte ed acquisite, e ciò in quanto l’utilizzazione delle intercettazioni in sede disciplinare non soffre i limiti previsti dall’art. 270 cod. proc. pen. che disciplina l’utilizzazione dei risultati delle intercettazioni in altri procedimenti penali, norma riferibile solo al procedimento deputato all’accertamento delle responsabilità penali dell’imputato o dell’indagato, nel quale si giustificano limitazioni più stringenti in ordine all’acquisizione della prova, in deroga al principio fondamentale della ricerca della verità materiale; (g) quanto all’irrogazione della sanzione della radiazione dall’albo, si rileva che nella fattispecie non si è proceduto alla contestazione di fatti diversi da quelli per i quali inizialmente era stato aperto il procedimento disciplinare, avendo la sentenza semplicemente ricondotto i fatti alle norme deontologiche vigenti, non senza rilevare una sostanziale continuità con quanto previsto anche nel precedente codice; (h) deve quindi essere esclusa la configurata violazione del principio del favor rei, quale dettato dall’ art. 65 della legge n. 247 del 2012, posto che, una volta ritenuto che le condotte poste in essere dal ricorrente concretano delle violazioni molto gravi tali cioè da rendere incompatibile la permanenza dell’iscrizione all’albo, vi è sostanziale corrispondenza tra i criteri dettati in materia di radiazione rispettivamente dall’art. 53 della legge n. 247 del 2012 e dall’art. 41 del r.d. n. 1578/1933; (i) va ribadito il principio per cui, in tema di procedimento disciplinare a carico degli avvocati, la determinazione della sanzione adeguata costituisce tipico apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità sicché è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione che tenda ad ottenere un sindacato sulle scelte discrezionali del CNF in ordine al tipo e all’entità della sanzione applicata; (l) va riaffermato il principio in base al quale il Consiglio distrettuale di disciplina, così come il COA, sono soggetti che nell’ambito del procedimento disciplinare a carico degli avvocati svolgono una funzione amministrativa di natura giustiziale, non giurisdizionale, caratterizzata da elementi di terzietà, il che porta ad escludere la possibilità di invocare le norme in tema di astensione, in quanto la fase del procedimento disciplinare che ivi si svolge ha natura amministrativa con conseguente inapplicabilità degli artt. 111 e 112 Cost.; (m) infine, si ritiene estensibile anche al procedimento disciplinare a carico degli avvocati il principio generale vigente nella materia civile per il quale non è configurabile alcuna incompatibilità tra la funzione di giudice della cautela e di giudice del merito.

n. 20383/21  – Rel. Stalla

Disciplinare avvocati – incolpazione disciplinare per avere 1) rivolto frasi gravemente ingiuriose nei confronti di un collega nel mentre entrambi erano in fila presso la cancelleria del Tribunale di Bologna; 2) per avere falsamente negato, davanti al C.O.A. territoriale, di essersi trovato in quel luogo nel momento in cui era avvenuto il diverbio, venendo poi smentito a seguito di indagini svolte dalla P.G. – la C.D.D. di Bologna riconosce la colpevolezza per entrambi i fatti ed irroga la sanzione della censura – il C.N.F., in parziale riforma, proscioglie dall’imputazione di cui al n. 2) e conferma la sussistenza dell’illecito di cui al n. 1), confermando anche la sanzione già irrogata – ricorso dell’interessato affidato a cinque motivi per violazione di legge (impedimento a comparire, applicazione di normativa pregressa, prescrizione dell’illecito) (RGN 25311/20).

SU rigettano il ricorso. A tale conclusione si perviene affermando, in applicazione di principi consolidati nella giurisprudenza delle SU, quanto segue: (a) il Consiglio Nazionale Forense ha escluso che il certificato medico prodotto dall’incolpato attestasse un effettivo ed assoluto impedimento a comparire all’udienza del tutto correttamente ed esplicitando nella motivazione i plurimi e convergenti profili di ritenuta inidoneità dimostrativa del certificato medico medesimo; (b) dal tenore testuale e dalla ratio delle previsioni deontologiche contestate (artt.5, 6, 20 e 22 CDF previgente, rinvenibili anche negli artt. 9, 19, 52, 63 del Codice deontologico attualmente in vigore) si desume che la violazione dei valori deontologici di dignità, decoro, reputazione professionale, correttezza e lealtà nei rapporti con i colleghi ha rilievo disciplinare sia che si verifichi in un ambito strettamente processuale (ovvero alla presenza delle parti) sia che venga posta in essere in un contesto non professionale in senso stretto; (c) peraltro, nella specie, la natura professionale del contesto di consumazione dell’illecito è stata dal Consiglio Nazionale Forense esattamente affermata sicché è da escludere il denunciato vizio di violazione di legge o di erronea sussunzione della fattispecie, essendosi nella sentenza qui impugnata dato puntualmente conto delle modalità del fatto e delle fonti del convincimento probatorio, rilevandosi che il comportamento dell’avvocato incolpato − attraverso “frasi grevi e volgari e con una carica intrinseca di indubbia offensività ed ingiuriosità” rivolte ad un collega – non poteva che considerarsi in contrasto con i suddetti valori deontologici che devono ispirare l’attività professionale dell’avvocato; (d) stante la rispettiva autonomia delle sfere di responsabilità penale e disciplinare, l’illecito in questione poteva ritenersi escluso dalla sopravvenuta irrilevanza penale del fatto in conseguenza dell’abrogazione del delitto ex art.594 cod. pen.; tanto più considerando che l’ordinamento professionale pone a carico dell’avvocato un dovere deontologico di dignità, decoro e continenza anche “indipendentemente dalle disposizioni civili e penali”(art.5 CDF cit.); (e) l’illecito disciplinare non poteva ritenersi prescritto, essendo qui applicabile la disciplina vigente al momento dell’illecito e non della incolpazione, in base ad un indirizzo ormai radicato nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui la disciplina risultante dall’art. 56 della legge n. 247/12 oggi vigente, comportante in sostanza un termine massimo di sette anni e sei mesi oltre il quale l’azione disciplinare si prescrive, non opera retroattivamente, cioè con riguardo ad illeciti disciplinari realizzati prima della sua entrata in vigore; (f) è insindacabile in sede di legittimità, e comunque conforme alla gravità del fatto, la decisione con la quale il Consiglio Nazionale Forense ha confermato la sanzione della censura pur a seguito del proscioglimento per uno dei due capi in addebito, tanto più che emerge dalla sentenza impugnata come il trattamento sanzionatorio in concreto applicato sia stato il frutto di una argomentata valutazione nuova e globale del quadro disciplinare effettuata anche tenendo conto del venir meno di un capo dell’incolpazione.

n. 20384/21  – Rel. Stalla

Disciplinare avvocati – due separate incolpazioni disciplinari per una serie di comportamenti – in particolare, per aver fatto intendere ad un cliente che il suo collega di studio aveva intascato in proprio una somma destinata allo studio (fatto non vero); per aver apostrofato il collega di studio con un termine non urbano; per avere descritto il suo collega di studio, in occasione di un colloquio con un altro cliente, con apprezzamenti denigratori; per avere indotto un cliente a revocare il mandato al suo collega di studio offrendo in sostituzione il proprio patrocinio – la C.D.D. di Campobasso irroga nel primo procedimento la sanzione della censura e nel secondo quella della sospensione dall’esercizio della professione per mesi tre – il C.N.F., in parziale accoglimento del gravame, ridetermina la sanzione nella sola censura – ricorso del professionista affidato a dodici motivi (RGN 2228/21).

SU rigettano il ricorso. A tale conclusione si perviene affermando, in applicazione di principi consolidati nella giurisprudenza delle SU, principalmente quanto segue: (a) non determina, di per sé, l’invalidazione della sentenza impugnata la circostanza che il Consiglio Nazionale Forense nulla abbia pronunciato in ordine alla pur eccepita prescrizione dell’azione disciplinare, in quanto si tratta di eccezione rilevabile anche in sede di legittimità; (b) comunque, a tale omissione può e deve rimediarsi nella presente sede processuale mediante l’applicazione − ad una fattispecie dagli estremi temporali pacifici – dell’ormai consolidato indirizzo interpretativo secondo cui la disciplina risultante dall’art. 56 della legge n. 247/12 oggi vigente, comportante in sostanza un termine massimo di sette anni e sei mesi oltre il quale l’azione disciplinare si prescrive, non opera retroattivamente, cioè con riguardo ad illeciti disciplinari realizzati prima della sua entrata in vigore; (c) è corretta la statuizione contenuta nella sentenza impugnata in base alla quale il procedimento disciplinare può essere sospeso, in pendenza di procedimento penale connesso, solo se ciò sia ritenuto indispensabile, dovendosi altrimenti operare nel senso della totale autonomia e della diversa finalizzazione dei due procedimenti; (d) il procedimento disciplinare nei confronti degli avvocati ha natura amministrativa rispondendo ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa (art.97 Cost.); questo vale a fortiori, per la fase pre-procedimentale condotta dal consigliere istruttore ex art.58 legge n. 247/12, non prevedendo la suindicata disposizione che, in questa fase, le osservazioni richieste dal consigliere istruttore all’indagato (da presentare entro 30 giorni dalla comunicazione) debbano essere necessariamente (cioè a pena di nullità) depositate dopo gli accertamenti istruttori (da effettuare nel termine di sei mesi dall’iscrizione della notizia di illecito nell’apposito registro); (e) deve essere ricordato il fermo indirizzo giurisprudenziale, volto a distinguere e sottrarre la registrazione fonografica di conversazioni o comunicazioni tra presenti alla disciplina autorizzativa ed esecutiva propria delle intercettazioni ex artt. 266 segg. cod. proc. pen. e va anche osservato che l’utilizzo processuale della fonoregistrazione non è precluso dal c.d. Codice Privacy (d.lgs. n. 196/93), se si tratta di “far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento” (art. 13, comma 5, lett. b e art. 26, comma 4, lett. c); (f) va aggiunto che la registrazione fonografica di un colloquio tra presenti rientra nel genus delle riproduzioni meccaniche ex art. 2712 cod. civ., così da costituire ammissibile mezzo di prova anche nel processo civile; (g) nella specie, il Consiglio Nazionale Forense ha argomentato sia sulla legittimità in sé della prova mediante registrazione, sia sulla sua utilizzabilità e concludenza dimostrativa, pure a fronte dell’assenza di un disconoscimento specifico e mirato sul suo contenuto effettivo da parte dell’incolpato ed ha formato il proprio convincimento di merito sulla colpevolezza disciplinare dell’incolpato per i capi di incolpazione in esame essenzialmente sulla base della registrazione di una conversazione che il Consiglio Nazionale Forense ha ritenuto probante, sia in sé sia perché non specificamente contestata né disconosciuta nel suo contenuto oggettivo ed intrinseco. In questa situazione la rilevanza invalidante dell’omessa valutazione di una prova (nella specie: documentale) potrebbe rilevare solo nel caso di decisività di questa ai fini della pronuncia, decisività che non risulta dimostrata; (h) l’unificazione nella censura delle due sanzioni già inflitte dal Consiglio Distrettuale di Disciplina nei separati procedimenti instaurati è da considerare orientata a mitigare il trattamento sanzionatorio iniziale e comunque non vi sono i presupposti per alcun sindacato di legittimità al riguardo; (i) infatti, è jus receptum che le decisioni del Consiglio Nazionale Forense in materia disciplinare sono impugnabili dinanzi alle SU soltanto per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, nonché, ai sensi dell’art. 111 Cost., per vizio di motivazione, con la conseguenza che, salva l’ipotesi di sviamento di potere, l’accertamento del fatto e l’apprezzamento della sua gravità ai fini della concreta individuazione della condotta costituente illecito disciplinare e della valutazione dell’adeguatezza della sanzione irrogata non può essere oggetto del controllo di legittimità, se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza.

n. 21962/21  – Rel. Marulli

Disciplinare avvocati – incolpazione disciplinare per avere omesso o ritardato l’emissione di numerose fatture relative a compensi incassati, per non aver informato il cliente in ordine all’assunzione dell’incarico e per non aver svolto con diligenza l’incarico stesso – la C.D.D. di Brescia riconosce la colpevolezza per le sole fatture omesse o ritardate, assolve per le altre incolpazioni ed irroga la sanzione della censura – il C.N.F. conferma – ricorso dell’interessato affidato a due motivi per violazione di legge (RGN 27853/20).

SU dichiarano il ricorso inammissibile, assorbita l’istanza di sospensione. A tale conclusione si perviene rilevandosi che entrambi i motivi di ricorso risultano inammissibili: (a) il primo perché la statuizione con esso censurata risulta sorretta da una triplice ratio decidendi, di cui solo le prime due sono state fatte oggetto di diretta contestazione, sicché non essendovi confutazione della terza per ciò solo il ricorrente è privo di interesse a persistere nell’impugnazione superstite; (b) il secondo perché impinge nella valutazione di aspetti di merito della vicenda che esulano dal sindacato esercitabile dalle SU sulle decisioni del Consiglio Nazionale Forense in materia disciplinare.

n. 21963/21  – Rel. Marulli

Disciplinare avvocati – incolpazione disciplinare per essersi rifiutato di astenersi dal prestare la propria attività professionale nell’ambito di un procedimento penale, benché in presenza sia di un sopravvenuto conflitto di interessi fra gli assistiti ed altri clienti sia di un interesse personale a coltivare l’opposizione alla richiesta di archiviazione, in contrasto con la volontà dei propri assistiti – la C.D.D. di Venezia riconosce la colpevolezza ed irroga la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per mesi due – il C.N.F. conferma – ricorso dell’interessato affidato a tre motivi per violazioni di legge (RGN 30393/20).

SU dichiarano il ricorso inammissibile, assorbita l’istanza di sospensione. A tale conclusione si perviene rilevandosi che tutti i motivi di ricorso risultano inammissibili perché postulano una rivalutazione del quadro fattuale della vicenda e più in dettaglio una rilettura delle risultanze probatorie emerse nel corso del giudizio disciplinare all’esito del quale il giudice del gravame ha inteso di confermare l’assunto decisorio del CDD e la sanzione inflitta al ricorrente in quella sede, attività cui non possono dare seguito le SU attesi i limiti imposti dal legislatore al controllo di legittimità che ha ad oggetto le decisioni del CNF in materia disciplinare.

n. 21964/21  – Rel. Marulli

Disciplinare avvocati – avvocato del Foro di Santa Maria Capua Vetere incolpato di plurime violazioni di rilievo penale (costituzione di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di truffe ecc., false attestazioni ecc.) – il COA applica la sanzione della sospensione per otto mesi – il CNF rigetta il ricorso – ricorso per cassazione (privo di esposizione sommaria dei fatti di causa e non formulato mediante motivi specifici) (RGN 2144/21).

SU dichiarano il ricorso inammissibile. A tale conclusione si perviene rilevandosi che nella specie non solo sono rimaste inosservate tutte le condizioni di tipo formale di ammissibilità del ricorso (riguardanti sia la violazione di legge sia il vizio di motivazione quale attualmente previsto) ma tutte le censure (contenute in un unico e “multiforme” motivo) si sostanziano soltanto in un’istanza di rivalutazione del quadro istruttorio e delle risultanze fattuali poste alla base della contestata pronuncia cui però non compete alle Sezioni Unite di questa Corte dare seguito.

n. 21965/21  – Rel. Marulli

Disciplinare avvocati – Irrogazione della sanzione dell’avvertimento – Impugnazione della decisione del CNF sia per mancato accoglimento dell’istanza di differimento della trattazione per legittimo impedimento del difensore dell’incolpato sia per omesso esame delle doglianze avanzate dallo stesso in sede di impugnazione, con conseguente omessa motivazione (RGN 4096/21).

SU rigettano il ricorso. A tale conclusione si perviene rilevandosi quanto segue: (a) per costante orientamento delle SU in tema di proposizione di ricorso al Consiglio nazionale forense la procura speciale ad avvocato iscritto nell’apposito albo deve essere conferita, come prescrive l’art. 60, quarto comma, del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37, richiedendone la specialità, con specifico riferimento a tale ricorso, in quanto detto requisito, stabilito dalla richiamata norma per la fase giurisdizionale innanzi al Consiglio nazionale (che segue quella amministrativa avanti al Consiglio dell’ordine) assolve all’esigenza che la volontà della parte di impugnare la decisione amministrativa si formi tenendo conto della decisione oggetto del ricorso stesso e, quindi, necessariamente dopo la sua pubblicazione e con specifico riferimento ad essa. Pertanto, a tale effetto, non può essere considerata idonea la procura rilasciata per la rappresentanza e la difesa nella fase amministrativa, ancorché fosse stata conferita in vista dell’intero procedimento; (b) ne consegue che nella specie del tutto correttamente il giudicante, pur non dubitando della procedibilità del gravame per essere esso stato proposto dal professionista personalmente, ha tuttavia ritenuto che, in difetto di un mandato speciale conferito espressamente per la fase del procedimento disciplinare che ha luogo avanti a sé, la procura a suo tempo rilasciata al difensore con generico riferimento al procedimento non esplichi alcun effetto, traendo da ciò la conseguenza che l’impedimento da questi allegato a fondamento dell’istanza di differimento fosse inconferente, non essendo l’istante munito di rappresentanza processuale per il giudizio di gravame; (c) tutte le altre censure si sostanziano soltanto in un’inammissibile istanza di rivalutazione del quadro istruttorio e delle risultanze fattuali poste alla base della contestata pronuncia sul presupposto della sua ingiustizia, ma alle Sezioni Unite di questa Corte non compete di porre riparo a simili inconvenienti.

n. Ord. 25040/21  – Rel. Napolitano

Avvocati – elezioni COA di Cagliari per il quadriennio 2019/2022 – proclamati eletti gli avvocati Aldo Luchi, Gianluigi Perra e Stefania Bandinelli – reclamo degli avvocati Umberto Cossu, Giuseppe di Marco, Emanuele Spinas e Vincenzo Comi per violazione delle norme che vietano il terzo mandato consiliare consecutivo – il CNF lo accoglie e dichiara la ineleggibilità degli avvocati proclamati – ricorso per cassazione affidato a tre motivi (RGN 7310/20).

Le S.U. rigettano il ricorso. L’ordinanza – dopo aver ricapitolato il quadro normativo ed aver richiamato la sentenza n. 32781 del 2018 delle S.U. e la sentenza n. 173 del 2019 della Corte costituzionale – conferma l’orientamento secondo cui l’attribuzione ad un terzo e consecutivo mandato di durata inferiore a due anni l’efficacia di interruzione della consecutività, con conseguente possibilità di una ripresentazione della candidatura, si pone in contrasto con il divieto di cui all’art. 3, comma 3, della legge n. 113 del 2017, così come autenticamente interpretato dall’art. 11-quinquies del d.l. n. 135 del 2018, inserito dalla legge di conversione n. 12 del 2019.

Disciplinare magistrati

n. 15110/2021  –  Rel. Rubino

Disciplinare magistrati – presidente di sezione presso la Corte di appello di Catanzaro – numerosi illeciti disciplinari contestati in relazione a reati contro la pubblica amministrazione, per i quali è applicata la misura della custodia cautelare in carcere, poi convertita nella misura degli arresti domiciliari – su richiesta della Procura Generale presso questa Corte e del Ministro della giustizia, la Sezione Disciplinare ha disposto, ai sensi dell’art. 22 d.lgs. n. 109 del 2006, la sospensione cautelare facoltativa dalle funzioni e dallo stipendio e il collocamento fuori dal ruolo organico della magistratura – ricorso per cassazione con due motivi (RGN 22930/20).

SU rigettano il ricorso, dopo aver precisato che l’atto denominato “Motivi aggiunti” depositato dall’incolpato in prossimità della discussione della causa può essere riqualificato come memoria di parte resa ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ. (di cui ha tutti i requisiti), in quanto ai giudizi dinanzi alle Sezioni Unite civili in materia di responsabilità disciplinare dei magistrati si applicano le norme processuali penali solo ai fini della proposizione del ricorso e quelle civili per la fase del giudizio, sicché non trova applicazione l’art. 585, comma 4, cod. proc. pen. Alla conclusione del rigetto si perviene ribadendosi il consolidato principio secondo cui in tema di responsabilità disciplinare del magistrato, il giudizio di legittimità della misura cautelare facoltativa dalle funzioni e dallo stipendio non presuppone un completo accertamento della sussistenza degli addebiti (che è riservato al giudizio di merito sull’illecito disciplinare) ma è diretto soltanto a stabilire che l’adozione della suddetta misura sia stata effettuata sulla base della valutazione della rilevanza disciplinare dei fatti contestati astrattamente considerati, della possibile sussistenza degli stessi e anche della loro oggettiva gravità e della compatibilità con l’esercizio delle funzioni giurisdizionali in assoluto o nel distretto ove erano state esercitate in precedenza. Nella specie, l’ordinanza impugnata è da considerare conforme a tale principio in quanto il Giudice disciplinare, ai fini dell’adozione della misura cautelare, non si è limitato ad un mero richiamo alla gravità delle ipotesi accusatorie formulate in sede penale astrattamente considerate, ma ha preso autonoma cognizione, sia pure allo stato degli atti, delle contrapposte tesi delle parti (e degli elementi indicati a loro fondamento) in ordine alla possibile colpevolezza dell’indagato, fondando il proprio convincimento su tale base e dandone riscontro nella motivazione del provvedimento. In base ai medesimi presupposti ha reputato sussistente l’esigenza cautelare in presenza di una lesione del prestigio e della credibilità dell’incolpato tale da non essere compatibile con la prosecuzione dell’esercizio delle funzioni.

n. 17332/21  – Rel. Nazzicone

Disciplinare magistrati – In sede di rinvio da Cass. SU n. 21432 del 2020 e in attuazione di tale sentenza, esclusione da parte della Sezione disciplinare del CSM degli illeciti disciplinari contestati nel primo capo di incolpazione sull’assunto secondo cui il trattamento dei dati giudiziari personali effettuato dall’incolpato, anche se in ipotesi illegittimo, è comunque avvenuto “al di fuori dell’esercizio delle funzioni” di magistrato – Nel presente ricorso l’incolpato impugna la decisione della Sezione disciplinare nella parte in cui avrebbe erroneamente omesso di rivalutare il quadro indiziario e le esigenze cautelari laddove ha confermato la sussistenza degli elementi di necessità e urgenza per il mantenimento della misura cautelare in corso, sotto il profilo del tramutamento sia di sede sia di funzioni (RGN 4809/21).

SU rigettano il ricorso. A tale conclusione si perviene rilevando principalmente che: (a) la Sezione disciplinare, sulla base della sentenza rescindente e tenendo conto delle specificità del giudizio di rinvio, nel provvedimento impugnato ha, del tutto legittimamente, proceduto alla valutazione del presupposto del periculum fondante la disposta misura cautelare, esaminando tutti gli elementi fattuali e giuridici della vicenda, e concludendo per la sussistenza perdurante delle esigenze cautelari ai fini della misura, con motivazione pertinente ed esauriente nella quale ha indicato le ragioni per le quali la permanenza dell’incolpato nella sede e nelle funzioni si pone in contrasto con il buon andamento dell’amministrazione della giustizia, cui è finalizzata la misura cautelare; (b) non vi è stata alcuna violazione dell’art. 494 cod. proc. pen., perché, come risulta dal verbale dell’udienza in atti, non è stata mai tolta la parola al ricorrente, né vi è stata alcuna particolare ammonizione sul punto, essendosi il presidente del collegio limitato a ricordare all’incolpato l’esigenza positiva della necessaria pertinenza delle dichiarazioni all’oggetto della contestazione e, oltretutto, il ricorrente si è manifestato concorde al riguardo; (c) è principio acquisito quello della inammissibilità del motivo di ricorso per cassazione con il quale si lamenti l’inesistenza della “gravità indiziaria” ritenuta dal giudice del merito, poiché il sindacato del giudice di legittimità nell’esame delle questioni processuali comprende il potere di esaminare gli atti per verificare l’integrazione della violazione denunziata, ma non anche quello di interpretare in modo diverso, rispetto alla valutazione del giudice di merito, i fatti storici posti a base della questione, se per il controllo della motivazione, nei limiti oggi previsti.

n. 17333/21  – Rel. Giusti

Disciplinare magistrati – giudice di tribunale – incolpazione disciplinare ai sensi degli artt. 1, comma 1, e 2, comma 1, lettere a) e g), del d.lgs. n. 109 del 2006, per avere, in qualità di giudice penale, arrecato un ingiusto danno ad un imputato, consistito nell’indebita privazione della libertà personale per giorni 292, avendo omesso la scarcerazione del medesimo per decorrenza dei termini – la Sezione disciplinare irroga la sanzione della censura – ricorso dell’interessato con atto affidato a due motivi (RGN 2554/21).

Le S.U. rigettano il ricorso. In tema di responsabilità disciplinare, grava sul magistrato l’obbligo di vigilare con regolarità sulla persistenza delle condizioni, anche temporali, cui la legge subordina la privazione della libertà personale dell’imputato, sicché l’inosservanza dei termini di durata massima della custodia cautelare costituisce grave violazione di legge idonea ad integrare gli illeciti disciplinari di cui all’art. 2, comma 1, lettera a), e lettera g), d.lgs. 109 del 2006. Tali illeciti non sono scriminati né dalla laboriosità o capacità del magistrato incolpato, né dall’eventuale strutturale disorganizzazione dell’ufficio di appartenenza, occorrendo, al riguardo, la presenza di gravissimi impedimenti all’assolvimento del dovere di garantire il diritto costituzionale alla libertà personale del soggetto sottoposto a custodia cautelare.

n. 18923/21  – Rel. Criscuolo

Disciplinare magistrati – P.M. presso Tribunale di Reggio Emilia – illecito disciplinare ex artt. 5, co. 1, lett. d), d.lgs. 109 del 2006 per atti di resistenza a pubblico ufficiale, lesioni aggravate e guida in stato di ebbrezza – reati estinti per prescrizione e remissione di querela – un procedimento disciplinare si conclude con sentenza disciplinare n. 102/2019 (irrogativa della sanzione della perdita di sei mesi di anzianità) cassata senza rinvio dalle SU con sentenza delle SU n. 15289/2016 per violazione del principio del ne bis in idem stante l’unicità del contesto storico di svolgimento dei fatti – altro procedimento si conclude con sentenza disciplinare n. 130 del 2020 (irrogativa della sanzione della perdita di due anni di anzianità e del trasferimento d’ufficio al Tribunale di Enna con funzioni di giudice civile), quest’ultima impugnata dall’interessato con ricorso per cassazione affidato a quindici motivi ( RGN 32082/20).

Le S.U. rigettano il ricorso. La sentenza rileva, tra l’altro, che: 1) nel ricorso alle S.U. avverso una sentenza della Sezione disciplinare del C.S.M. non è ammessa la formulazione di motivi nuovi, posto che il ricorso è regolato, quanto al suo svolgimento, dalle norme processuali civili; 2) la potestà del giudice disciplinare era da ritenere ancora esistente, nonostante la preesistenza di una decisione in sede penale e, di riflesso, disciplinare scaturente dai fatti di causa, con conseguente esclusione della violazione del principio del ne bis in idem; 3) la Sezione disciplinare del C.S.M. è da ritenere giudice indipendente e imparziale ai sensi dell’art. 6 della CEDU; 4) non sussisteva, nella specie, alcun vincolo derivante dalla sentenza del giudice penale che aveva dichiarato la prescrizione per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni volontarie, non avendo tale genere di pronuncia carattere vincolante in sede disciplinare, tanto più che la sentenza della Sezione disciplinare aveva proceduto alla doverosa rinnovata attività di valutazione dei fatti; 5) corretta era da ritenere l’esclusione dell’esimente di cui all’art. 3-bis del d.lgs. n. 109 del 2006, avendo la sentenza appurato la sussistenza di una grave lesione al prestigio e all’immagine della magistratura; 6) l’irrogazione della sospensione dalle funzioni per anni due non esclude, di per sé, la legittimità dell’ulteriore misura del trasferimento di sede con destinazione obbligatoria alle funzioni civili.

n. 19028/21  – Rel. Cirillo

Disciplinare magistrati – Presidente di sezione del Tribunale militare di Roma – incolpazione disciplinare per violazione dei doveri di riserbo, equilibrio e correttezza per avere inserito, nel testo della motivazione di una sentenza da lui redatta, una serie di improprie considerazioni, non pertinenti al caso concreto, relative all’operato dei magistrati della Procura militare della Repubblica (in particolare, la Procura aveva fatto presente che, in relazione al procedimento in esame, appariva opportuna l’astensione del Presidente del Collegio, attesa l’esistenza di un noto e risalente rapporto di frequentazione e colleganza con l’avvocato difensore dell’imputato, ex magistrato militare ormai in pensione ) – il Consiglio della magistratura militare ritiene l’incolpazione fondata e irroga la sanzione della censura – ricorso dell’interessato affidato a tre motivi (RGN 1533/21).

Le S.U. rigettano il ricorso. La sentenza osserva, tra l’altro, che: 1) la presentazione, nei confronti di un magistrato giudicante, di un’istanza di sollecitazione all’astensione relativamente ad un singolo processo è una vicenda del tutto legittima, rispetto alla quale il magistrato è chiamato soltanto ad esplicitare, se del caso, le ragioni per le quali non intende astenersi; 2) tale decisione è personale e non investe il Collegio presieduto dal magistrato stesso; 3) è da ritenere scorretto da un punto di vista disciplinare il comportamento del magistrato che, rivestendo la qualifica di Presidente ed estensore della sentenza, utilizzi tale veicolo processuale non solo per ribadire le ragioni per le quali ha ritenuto di non astenersi, ma anche e soprattutto per aggiungere una serie di considerazioni personali, non richieste e inutili ai fini della decisione, di contenuto denigratorio nei confronti di altri colleghi (nella specie, due magistrati della Procura militare della Repubblica; 4) è esclusa, in un caso del genere, l’applicabilità dell’esimente di cui all’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 109 del 2006, che attiene alla valutazione dei fatti e delle prove; 5) la previsione, come proprium dell’illecito contestato, della gravità di un certo comportamento non esclude, di per sé, l’applicabilità dell’esimente di cui all’art. 3-bis del d.lgs. n. 109 del 2006.

n. 20042/21  – Rel. Criscuolo

Disciplinare magistrati – pluralità di incolpazioni disciplinari (in particolare, art. 2, lettera d), del d.lgs. n. 109 del 2006) per avere tenuto, nella qualità di Presidente della Corte d’assise, tre giorni prima della deliberazione della sentenza, una serie di comportamenti scorretti nei confronti dei giudici popolari, anticipando (durante una cena) possibili esiti del giudizio e ipotizzando, in caso di eventuale condanna riformata dal giudice d’appello, rilevanti conseguenze patrimoniali a carico dei medesimi, come conseguenza di un giudizio di rivalsa da parte degli imputati – ulteriore incolpazione per avere omesso di esercitare l’obbligo di astensione – la Sezione disciplinare riconosce la responsabilità per tali incolpazioni ed assolve per le altre, infliggendo la sanzione disciplinare della perdita di anzianità pari a mesi due – le S.U. cassano la sentenza (pronuncia n. 2709 del 2020) e rinviano – la Sezione disciplinare conferma la responsabilità per la prima incolpazione ed assolve per le altre, ribadendo la sanzione disciplinare della perdita di anzianità pari a mesi due – ricorso del magistrato affidato a quattro motivi (vizio di motivazione, violazione di legge e mancato riconoscimento dell’esimente di cui all’art. 3-bis d.lgs. n. 109 del 2006) (RGN 32085/20).

Le Sezioni Unite rigettano il ricorso del magistrato sanzionato disciplinarmente per avere adottato un comportamento gravemente scorretto nei confronti dei giudici, anche popolari, del collegio di corte d’assise da lui presieduto, in prossimità di una udienza dove si sarebbe trattata una causa importante, al fine di condizionarli nella loro serenità e autonomia di giudizio, mediante affermazioni di contenuto manipolatorio, consistendo il ricorso in una critica di merito dell’esito delle valutazioni degli elementi probatori esaurientemente svolte dal giudice disciplinare. Le SU inoltre rilevano che l’esimente di cui all’art. 3 bis d.lgs. 109 del 2006 è applicabile a tutti gli illeciti disciplinari di cui agli artt. 2 e 3, anche quando la gravità del comportamento è elemento costitutivo del fatto tipico e perfino quando integri la commissione di un reato, ferma la necessità di procedere a previo riscontro, in concreto ed ex post (e non in astratto ex ante), della lesione del bene giuridico tutelato da individuarsi nell’immagine pubblica del magistrato, ossia nel prestigio di cui deve godere nell’ambiente in cui lavoro; osservano che la valutazione della “scarsa rilevanza del fatto” potrà arrestarsi (escludendo l’operatività dell’esimente) ove la lesione del bene giuridico si presenti in termini di gravità, dovendosi verificare se quello stesso fatto abbia prodotto effetti pregiudizievoli sull’immagine pubblica del magistrato e quindi sull’ufficio giudiziario in cui esso presta servizio. In relazione a tali parametri le SU hanno escluso l’applicabilità dell’esimente nella fattispecie.

n. 20385/21  – Rel. Stalla

Disciplinare magistrati – sostituto procuratore della Repubblica – pluralità di incolpazioni disciplinari (due diversi procedimenti, poi riuniti) perché, in qualità di magistrato assegnatario di un’indagine nei confronti di una società in relazione alla quale aveva ottenuto (fra l’altro) la misura degli arresti domiciliari nei confronti di un indagato, aveva continuato a seguire le vicende della società intrattenendo, tra l’altro, una relazione sessuale con la moglie del soggetto fatto arrestare, ottenendo anche un indebito nulla-osta alla riassunzione della donna presso la medesima società e violando il conseguente obbligo di astensione – la Sezione disciplinare, all’esito di un procedimento penale terminato con pronuncia assolutoria, condanna per alcune delle incolpazioni ed assolve per altre, irrogando la sanzione della perdita dell’anzianità per anni uno – ricorso dell’interessato con atto affidato a tre motivi (RGN 2563/21).

SU rigettano il ricorso. A tale conclusione si perviene sulla base delle seguenti statuizioni: (a) per quanto concerne l’asserita preclusione in sede disciplinare del giudicato penale di assoluzione, va sottolineato che l’addebito mosso all’incolpato ex art. 2, comma 1, lett. c) d.lgs. n. 109/06 (unica contestazione residuata proprio a seguito ed in ragione del pieno proscioglimento in sede penale per i fatti oggetto delle ulteriori contestazioni disciplinari originarie) riguarda un fatto certamente diverso da quelli considerati da quel giudicato (rappresentato dall’accertata effettiva sussistenza e protrazione, per almeno due anni, dal 2010 al 2012, di una relazione sessuale tra l’incolpato e la moglie di uno degli imputati in un procedimento penale condotto dall’incolpato, con la consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione nella conduzione del procedimento stesso); (b) peraltro, è indirizzo costante della giurisprudenza di legittimità in tema di rapporti fra procedimento penale e procedimento disciplinare riguardante i magistrati ex art. 20 d.lgs. n. 109/06, che il giudicato penale non preclude in sede disciplinare una rinnovata valutazione dei fatti accertati dal giudice penale, essendo diversi sia i presupposti delle rispettive responsabilità sia i beni giuridici protetti, fermo restando il solo limite dell’immutabilità dell’accertamento dei fatti nella loro materialità, operato da quest’ultimo; (c) va ribadito che, in tema di responsabilità disciplinare dei magistrati, la disposizione di cui all’art. 15, comma 8, lett. a), del d.lgs. n. 109 del 2006 − secondo cui il corso dei termini del procedimento disciplinare resta sospeso nel caso in cui per il medesimo fatto sia stata esercitata l’azione penale – non può essere interpretata restrittivamente, come riferita unicamente all’identità tra i fatti oggetto dei due procedimenti, ma deve essere letta in senso più ampio, comprensivo della comune riferibilità degli stessi ad una “medesima vicenda storica”, avuto riguardo all’esigenza, conforme alla ratio della norma in esame, di assicurare l’unitarietà del procedimento disciplinare e di evitare per quanto possibile che l’esercizio dell’azione penale per alcuni soltanto dei fatti complessivamente addebitati all’incolpato possa determinarne il frazionamento, con effetti negativi sotto il profilo dell’economia processuale e dell’interesse dell’incolpato ad un processo unitario rispetto a fatti complessivamente addebitati e maturati in un unico contesto; (d) il mero esegetico richiamo, effettuato da parte dell’attuale ricorrente, alla “facoltà” di astensione del Pubblico Ministero di cui all’art.52 cod. proc. pen., in contrapposizione con l’obbligo di astensione invece previsto per il giudice dall’art.36 cod. proc. pen., non è conforme al consolidato orientamento delle SU che, distinguendo le ipotesi rituali di astensione da quelle disciplinarmente rilevanti ex art. 2, comma 1, lett.c) cit., afferma che, ai fini della realizzazione del predetto illecito, ad opera anche del magistrato del pubblico ministero rileva esclusivamente l’omessa astensione in presenza di un conflitto, anche solo potenziale, tra l’interesse pubblicistico al perseguimento dei fini istituzionali di giustizia ad esso affidati dall’ordinamento e l’interesse alieno a tali finalità (privato o personale) di cui egli sia portatore in proprio o per conto di terzi, non essendo altresì necessaria l’effettiva realizzazione di tale ultimo interesse; (e) l’applicazione della perdita dell’anzianità per un anno (dunque entro i limiti edittali per questa previsti dall’art. 9 d.lgs. n. 109/06) risulta consentita dall’art. 12, lett. b), d.lgs. cit., discutendosi di un illecito punibile con sanzione non inferiore alla censura e la scelta di irrogare una sanzione più grave di quella minima stabilita dalla legge appare ampiamente motivata in considerazione della ritenuta gravità del fatto insita nella “lesione al prestigio della magistratura derivante dalla violazione dell’obbligo di astensione con riferimento alla instaurazione di un rapporto sentimentale con la moglie di un soggetto imputato in un procedimento trattato dal magistrato”; (f) comunque, questa valutazione non può essere sindacata in sede di legittimità, sulla base del granitico indirizzo secondo cui, in tema di procedimento disciplinare a carico dei magistrati, la valutazione tanto della gravità dell’illecito (anche in ordine al riflesso del fatto oggetto dell’incolpazione sulla stima del magistrato, sul prestigio della funzione esercitata e sulla fiducia nell’istituzione), quanto della adeguatezza della sanzione rientra tra gli apprezzamenti di merito attribuiti alla Sezione Disciplinare, il cui giudizio è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logico-giuridici.

n. Ord. 20820/21  – Rel. Tricomi

Disciplinare magistrati – ricorso proposto personalmente da un ex magistrato per la revocazione dell’ordinanza n. 6074 del 2020, con la quale è stata dichiarata inammissibile la richiesta di revocazione delle due precedenti pronunce n. 8771 del 2016 e n. 6966 del 2017 (RGN 27313/20).

SU dichiarano inammissibile il ricorso per revocazione in oggetto perché è stato proposto dal ricorrente personalmente, senza la rappresentanza di un difensore iscritto nell’albo degli avvocati abilitati al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori, e senza provvedere alla notificazione del ricorso al Ministero della giustizia e alla Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione.

n. 22302/21  – Rel. Vincenti

Disciplinare magistrati – magistrato sospeso con provvedimento cautelare – incolpazioni disciplinari di cui agli artt. 1, comma 1, 2, comma 1, lettera d), e dell’art. 3, comma 1, lettera i), del d.lgs. n. 109 del 2006, per aver tenuto un comportamento gravemente scorretto nei confronti di una serie di colleghi, in relazione, specificamente, alle pratiche di nomina del Procuratore della Repubblica di Roma e del Procuratore della Repubblica di Perugia, organizzando strategie anche processuali finalizzate a mettere in luce la posizione di alcuni aspiranti e a danneggiare, viceversa, quelle di altri aspiranti, in tal modo facendo un uso strumentale della propria qualità e posizione al fine di condizionare l’esercizio di funzioni costituzionalmente previste – la Sezione disciplinare ritiene il magistrato responsabile di tutte le incolpazioni e gli infligge la sanzione della rimozione – ricorso dell’interessato con atto affidato a otto motivi, relativi a: 1) capacità del giudice (in relazione alla ricusazione di uno dei componenti della Sezione disciplinare), primo motivo; 2) contestazioni di erronea applicazione della legge processuale in ordine all’utilizzabilità delle intercettazioni assunte con il c.d. trojan horse, motivi secondo, terzo e quarto; 3) mancata assunzione di prove decisive a discarico (in particolare, assunzione dei testimoni richiesti), quinto motivo; 4) difetto di tipicità delle condotte contestate, sesto motivo; 5) mancanza di motivazione sull’esistenza della grave scorrettezza e sull’attività di condizionamento, settimo motivo; 6) violazione del principio di proporzionalità nell’applicazione della sanzione della rimozione, ottavo motivo (RGN 4952/21).

Le S.U. rigettano il ricorso.

Nell’amplissima motivazione il Collegio affronta numerose e delicate questioni. A titolo meramente esemplificativo, si mettono in evidenza i punti che seguono (senza pretese di esaustività).

1) In ordine al (primo) motivo, avente ad oggetto il rigetto dell’istanza di ricusazione di uno dei componenti della Sezione disciplinare, le S.U. – leggendo in modo coordinato l’art. 36, comma 1, lett. c), c.p.p. e l’art. 51, primo comma, n. 4, c.p.c. – affermano che l’espressione normativa “dare consiglio” è da intendere in senso restrittivo, cioè nel senso che il consiglio deve cadere necessariamente sulla materia oggetto di cognizione nella causa e presuppone una concreta e non generica conoscenza dei relativi fatti rilevanti, così da non potersi reputare tale quello che venga dato in base alla precognizione di generiche e astratte informazioni sulla controversia (tanto più che le esternazioni date dal componente in questione non sono state considerate tali da poter prefigurare l’esito del giudizio disciplinare). Ha trovato poi conferma il precedente di cui alla sentenza n. 14214 del 2005 delle S.U., secondo cui l’art. 51, primo comma, n. 4), c.p.c. prevede l’obbligo di astensione solo per colui che, nella stessa causa da giudicare, abbia già deposto come testimone. La sentenza, inoltre, ha escluso la rilevanza tanto di una questione di legittimità costituzionale quanto di una questione pregiudiziale di natura comunitaria in ordine alla normativa sull’astensione del giudice, ritenendo quindi di non dover sollevare né l’una né l’altra.

2) Quanto al (secondo) motivo, relativo alla delicata materia delle intercettazioni tramite Trojan horse, la sentenza conferma innanzitutto il precedente di cui alla sentenza n. 741 del 2020, nel senso che

«nel procedimento disciplinare riguardante i magistrati sono utilizzabili le intercettazioni effettuate in un procedimento penale, anteriormente al 1° gennaio 2020, con captatore informatico (cd. trojan horse) su dispositivo mobile nella vigenza ed in conformità della disciplina introdotta dall’art. 6 del d.lgs. n. 216 del 2017 e dall’art. 1, comma 3, della legge n. 3 del 2019 (la quale, abrogando il comma 2 dell’art. 6 del citato d.lgs. n. 216 del 2017, ha eliminato la restrizione dell’uso del captatore informatico nei luoghi indicati dall’art. 614 c.p., così consentendo l’intercettazione in tali luoghi anche se non vi è motivo di ritenere che vi si stia svolgendo attività criminosa), atteso che la prima di tali norme, non rientrando tra quelle per le quali l’art. 9 del medesimo d.lgs. n. 216 del 2017 ha disposto il differimento dell’entrata in vigore, è efficace dal 26 gennaio 2018, mentre la seconda (a differenza di altre disposizioni della medesima legge per le quali il legislatore ha differito l’entrata in vigore al 1° gennaio 2020) è efficace dal decimoquinto giorno dalla pubblicazione della legge sulla Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 16 gennaio 2019».

Sempre in relazione a tale motivo, la sentenza esclude l’esistenza dei lamentati vizi in ordine a possibili violazioni dell’art. 68 Cost. e della legge n. 140 del 2003, conseguenti al fatto che le intercettazioni risultavano aver captato, tra le conversazioni, anche alcuni colloqui nei quali figuravano due componenti della Camera dei deputati. Richiamati i punti salienti della giurisprudenza in argomento, alla luce della sentenza n. 390 del 2007 della Corte costituzionale, le S.U. escludono che, nella specie, le intercettazioni manifestino un’effettiva volontà di intrusione nella sfera dei parlamentari, protetta dalla Costituzione.

3) In relazione al (terzo) motivo, avente ad oggetto contestazioni relative alle intercettazioni ambientali in quanto asseritamente svolte non solo con l’impiego esclusivo di impianti installati presso la Procura della Repubblica, le S.U. osservano che condizione necessaria per l’utilizzabilità delle intercettazioni è che l’attività di registrazione avvenga nei locali della Procura della Repubblica, mediante l’utilizzo di impianti ivi esistenti (nella specie, la documentazione prodotta a contestazione della regolarità è stata ritenuta inammissibile e comunque non in grado di supportare le tesi del ricorrente).

4) Ancora in tema di intercettazioni e di utilizzo delle medesime in sede disciplinare, la sentenza in esame conferma la precedente pronuncia n. 9390 del 2021, secondo cui

«in tema di procedimento disciplinare a carico di magistrati, il rispetto delle regole del codice di procedura penale è prescritto negli artt. 16 (per l’attività di indagine) e 18 (per il dibattimento) del d.lgs. n. 109 del 2006 nei limiti della loro compatibilità col procedimento speciale, il quale è volto a garantire – sempre nel rispetto dell’inviolabile diritto di difesa dell’incolpato – l’efficacia dell’azione di accertamento e repressione degli illeciti disciplinari e, dunque, il più penetrante controllo del CSM sulla correttezza dei comportamenti dei magistrati; ne consegue l’inapplicabilità, nel procedimento disciplinare, dell’art. 270 c.p.p., riguardante i limiti di utilizzazione, nell’ambito del processo penale, dei risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli nei quali queste ultime sono state disposte». Tale principio, peraltro, è stato ribadito attraverso il richiamo ad una serie di considerazioni (di carattere costituzionale) secondo cui il magistrato incolpato ha sempre la facoltà, rilevante ai sensi dell’art. 15 Cost., di eccepire l’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni non legalmente disposte e non legalmente effettuate nel procedimento penale a quo. Controllo, questo, che è in armonia con i principi della CEDU e che ha condotto le S.U. a dichiarare manifestamente infondata l’eventuale questione di legittimità costituzionale dell’art. 270 c.p.p.

5) Quanto alle contestazioni relative alla mancata assunzione di prove a discarico (quinto motivo), le S.U. si soffermano ampiamente sul punto – in relazione al quale il ricorrente lamentava la mancata ammissione – dell’esistenza di una prassi consiliare tale che le nomine di vertice degli Uffici giudiziari più importanti possano essere oggetto di una trattativa tra politica e magistratura. A questo riguardo la sentenza pone in luce che la discrezionalità nella scelta dei capi degli uffici deve esaurirsi in un dibattito interno al C.S.M., senza possibilità di interlocuzione con soggetti esterni (i.e. politici), dato che una simile prassi, ove fosse esistente, formerebbe una sorta di consuetudine contra Constitutionem, di per sé non in grado di far venire meno in alcun modo l’illiceità del comportamento contestato (di qui il rigetto del motivo).

6) Per quanto riguarda la censura relativa alla coesistenza, nel caso specifico, a seguito di un unico medesimo comportamento, della contestazione tanto di un illecito funzionale quanto di un illecito extrafunzionale, le S.U. rilevano che ciò che deve sussistere, ai fini della punibilità, sono lo status di magistrato e la commissione di un fatto riconducibile nell’ambito di una delle fattispecie di illecito tipizzate dalla legge (artt. 2 e 3 del citato d.lgs.), non rilevando l’esercizio o meno delle funzioni quale elemento costitutivo di ciascuna fattispecie che si va ad aggiungere agli elementi già tipizzati dal legislatore. Nel caso in esame, pertanto, poiché le fattispecie di illecito concorrenti, benché astrattamente poste in rapporto di genere a specie tra di loro, erano in concreto “autonome”, siccome riconducibili a elementi fattuali diversi, le contestazioni non si atteggiano, fra loro, in rapporto di specialità, bensì si traducono in un vero e proprio concorso formale di illeciti (donde l’infondatezza della censura di cui al sesto motivo).

7) Esaminando, poi, il motivo avente ad oggetto la determinazione della sanzione della rimozione, le S.U., dopo aver richiamato l’ampia motivazione resa sul punto dalla Sezione disciplinare, osservano dalla stessa si trae la certezza che il comportamento tenuto dall’incolpato ha leso in modo grave ed irreparabile il rapporto fiduciario che deve esistere tra comunità civile e potere giudiziario, dovendosi esso individuare nel credibile e affidabile, ma anche sobrio, esercizio dei compiti che la Costituzione ha affidato alla Magistratura.

8) La sentenza, infine, dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, prospettata dal ricorrente, dell’art. 45 c.p.p., rilevando che tale norma, comportando un’indebita sottrazione al giudice naturale precostituito per legge, può trovare applicazione solo nel processo penale e non in quello disciplinare riguardante i magistrati (secondo il principio di compatibilità riconosciuto anche dalla Corte EDU).

n. 28271/21  – Rel. Manzon

Disciplinare magistrati – sostituto procuratore della Repubblica – illecito disciplinare di cui all’art. 4, lett. d), d.lgs. 109 del 2006 (fatti di abuso della qualità di magistrato, idonei a lederne l’immagine, in relazione all’affitto gratuito di un appartamento, giudicati in sede penale con sentenza definitiva di condanna a pena detentiva con benefici) – sanzione della rimozione – ricorso per cassazione affidato a motivi (RGN 5593/21).

Le Sezioni Unite rigettano il ricorso avverso sentenza della Sezione Disciplinare irrogativa della sanzione della rimozione a un magistrato. Le Sezioni Unite dichiarano inammissibile la censura avverso la statuizione della rimozione obbligatoria ex art. 12, co. 5, d.lgs. 109 del 2006, con l’effetto di rendere priva di rilevanza l’eccezione di illegittimità costituzionale al riguardo sollevata dal ricorrente, trovando la sentenza impugnata adeguato fondamento nell’altra ratio decidendi concernente la rimozione facoltativa, basata sull’accertamento della gravità della condotta del magistrato risultante da sentenza penale irrevocabile e censurata infondatamente sulla base di doglianze ritenute infondate (mancata escussione di testimoni nel procedimento disciplinare, mancata riunione del procedimento disciplinare ad un altro procedimento pendente a carico dello stesso magistrato, mancato rinvio dell’udienza nell’attesa della definizione della coeva procedura di dispensa per ragioni di salute, violazione del diritto dell’incolpato di rendere dichiarazioni).

n. 29560/21  – Rel. Giusti

Disciplinare magistrati – consigliere di corte d’appello – incolpazione disciplinare di cui all’art. 4, lettera d), del d.lgs. n. 109 del 2006, per aver commesso reati di detenzione, produzione e diffusione di materiale pedopornografico, in parte formato in danno delle nipoti minorenni, nonché per un episodio di violenza sessuale (reati per i quali il magistrato è stato condannato con sentenza definitiva alla pena di anni sei e mesi otto di reclusione ed euro 90.000 di multa, con interdizione in perpetuo dai pubblici uffici) – la Sezione disciplinare irroga la sanzione della rimozione – ricorso dell’interessato col quale si chiede la concessione di una sanzione più lieve (RGN 14017/21).

Le S.U. rigettano il ricorso. Non è irragionevole la scelta del legislatore di colpire indefettibilmente con la rimozione i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile del magistrato in sede penale a pena detentiva non sospesa non inferiore a un anno di reclusione e all’interdizione dei pubblici uffici.

Acque pubbliche

n. Ord. 15568/21  – Rel. Di Marzio

TSAP – la HIDRO Dolomiti concessionaria di grande derivazione impugna decreto di rinnovazione, in favore del Consorzio di Bonifica Veronese, della concessione di derivazione dallo stesso fiume, lamentando il mancato riconoscimento dell’indennità ad essa spettante – il TSAP rigetta il ricorso con sentenza 67/2016, cassata dalle SU con sentenza 4995/2018 che accoglie il solo quarto motivo di ricorso della Hidro (sulla interpretazione dell’art. 47, comma 1, r.d. 1175/1933) – nel giudizio di rinvio il TSAP rigetta il ricorso (esclude il diritto al compenso non essendo la concessione di Hidro preesistente nel tempo a quella di cui è titolare il Consorzio) – la Hidro propone ricorso per cassazione con un unico motivo con il quale imputa al TSAP di non essersi conformato al principio di diritto dettato dalle SU – resistono il Consorzio e la Regione Veneto (RGN 33246/19).

Le S.U. rigettano il ricorso. L’ordinanza – dopo aver ricordato che il giudice di rinvio è tenuto a conformarsi al principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione ed ai relativi presupposti di fatto – rileva che nel caso in esame il TSAP non è incorso in violazione dell’art. 384 c.p.c., perché il vincolo derivante dalla sentenza di cassazione non impediva al TSAP di verificare la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 47, primo comma, del t.u. acque per il riconoscimento dell’obbligo di versamento di un compenso da parte del nuovo concessionario.

n. Ord. 15574/21  – Rel. Rubino

Acque pubbliche – Domanda di risarcimento del danno da esondazione di acque pubbliche – Condanna da parte del TRAP competente del Consorzio attuale per difetto di manutenzione – Sentenza confermata dal TSAP – Con il presente ricorso il Consorzio impugna la sentenza del TSAP per nove motivi, muovendo dalla premessa della mancanza da parte del Consorzio medesimo de alcuna disponibilità materiale dell’Alveo Ponteca di cui si tratta (RGN 4580/20).

SU rigettano il ricorso. In primo luogo si dichiara l’inammissibilità delle censure basate sulla contestazione della natura del corso d’acqua di cui si discute – che, per il ricorrente sarebbe un corso d’acqua naturale e demaniale mentre il TSAP, al contrario, ha ritenuto trattarsi di un corso d’acqua artificiale – perché l’anzidetta impostazione pone le censure al di fuori della cornice del vizio di violazione di legge e involge la tipica valutazione del giudice del merito, la cui censura è ammissibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione, nei limiti in cui esso è attualmente deducibile. Per il resto, si sottolinea che la lettura coordinata della normativa statale e della legge regionale di riferimento conferma la correttezza del giudizio espresso dal Tribunale superiore delle acque, nel senso che l’inserimento espresso dei Regi Lagni, di cui fa parte l’alveo in questione, nel territorio del Consorzio ricorrente, da un lato, esclude la necessità di un apposito atto di consegna da parte della Regione e, dall’altro, attribuisce all’ente compiti di manutenzione. Inoltre, essendosi in presenza di un’espressa attribuzione di funzioni e responsabilità dalla Regione ai Consorzi, è irrilevante verificare se, in concreto, il Consorzio ricorrente abbia o meno proceduto alla predisposizione di un piano di classifica e di contribuzione consortile, esigendone il pagamento. Si tratta, dunque, di circostanze di cui difetta all’evidenza ogni decisività. Si sottolinea, altresì, la correttezza sia del giudizio del TSAP circa la non eccezionalità degli eventi meteorici in questione – che, peraltro, costituisce un apprezzamento fattuale, insindacabile nel giudizio di legittimità – sia del processo logico attraverso il quale si è pervenuti alla liquidazione equitativa dei danni, di cui il TSAP ha dato adeguatamente conto.

n. 18493/21  – Rel. Scarpa

Acque pubbliche – separate impugnazioni in G.A., da parte dell’Associazione “Amici della Terra” (Club di Lago D’Idro e Val Sabbia), nonché del Comune di Idro, avverso il decreto con cui la Regione Lombardia ha dichiarato chiusa la conferenza di servizi per l’approvazione del progetto definitivo di realizzazione delle nuove opere di messa in sicurezza del Lago D’Idro, nonché degli atti preparatori e dei relativi progetti – il TAR declina la giurisdizione in favore del TSAP, davanti al quale i ricorsi vengono riassunti – il TSAP dichiara inammissibile il ricorso dell’Associazione e rigetta quello del Comune – ricorso dell’Associazione “Amici della Terra” – Club di Lago D’Idro e Val Sabbia, affidato a sette motivi (RGN 14030/20).

Le S.U. rigettano il primo motivo di ricorso, accolgono il secondo, dichiarano assorbiti i rimanenti motivi, cassano la sentenza impugnata nei limiti della censura accolta, inerente alle posizioni di alcuni dei ricorrenti, e rinviano al TSAP, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione. L’ordinanza afferma che la legittimazione ad impugnare davanti al TSAP, ai sensi dell’art. 143 del t.u. acque, gli atti amministrativi in materia di opere riguardanti acque pubbliche, in quanto ritenuti lesivi della tutela dell’ambiente, deve essere riconosciuta ai proprietari degli immobili e ai residenti nell’area destinata all’intervento idraulico, e ciò in funzione della c.d. vicinitas, elemento idoneo a qualificare l’interesse tutelato.

n. Ord. 19026/21  – Rel. Scrima

Acque pubbliche – impugnazione in TSAP, da parte di società privata, avverso la nota dell’Ufficio elettrificazione della Provincia di Bolzano con cui era stata respinta la sua domanda di rilascio di concessione di derivazione a scopo idroelettrico delle acque del Rio Sesto e del Rio Ixen nel Comune di Sesto – il TSAP rigetta – ricorso della società affidato a due motivi per violazione di legge (normativa nazionale e dell’Unione europea) (RGN 2371/20).

SU rigettano il ricorso. Si precisa che la ricorrente sostiene che non poteva esserle negata la concessione di piccola derivazione in oggetto perché non vi era altra concessione insistente sul medesimo corso d’acqua in quanto quella rilasciata in favore dell’ENEL nel 1935, poi trasferita ad altra società, doveva ritenersi decaduta per effetto delle sopravvenute norme sulla concorrenza di origine UE, dato il contrasto con la Costituzione e in diritto UE della proroga disposta ex lege in favore dell’ENEL nel 2000. Tale contrasto viene escluso osservandosi, in primo luogo, che la Corte costituzionale nelle sentenze n. 1 del 2008 e n. 205 del 2011 ha esaminato questioni diverse da quelle che rilevano del presente giudizio oltretutto sempre riguardanti le sole concessioni di grande derivazione idroelettrica. Quanto al diritto UE, si sottolinea che la normativa interna che ha consentito la proroga per trenta anni delle piccole concessioni risulta del tutto conforme alla direttiva 96/92/CEE come interpretata dalla CGUE. Mentre la direttiva servizi c.d. Bolkestein è intervenuta in epoca successiva alla proroga e peraltro riguarda i “servizi del mercato interno”.

n. Ord. 20825/21  – Rel. Grasso

Acque pubbliche – impugnazione in TSAP, con una serie di ricorsi e motivi aggiunti, da parte di società privata già autorizzata alla costruzione ed all’esercizio di un impianto idroelettrico di potenza nominale pari a 98,4 kwh sul torrente Gavano nel territorio del Comune di Molini di Triora, del provvedimento dirigenziale reso dalla Provincia di Imperia con cui è stata disposta la decadenza dell’autorizzazione unica in favore della ricorrente, per asserito accertamento di autodichiarazioni non corrispondenti al vero (in particolare, in ordine alla presenza in loco di habitat naturali tutelati) – il TSAP rigetta – ricorso della società privata affidato a cinque motivi, per violazione di legge e vizio di motivazione (RGN 3494/20).

Le S.U. rigettano il ricorso. Rilevano le S.U. che nel caso di specie l’autorizzazione unica, rilasciata alla parte ricorrente ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, era stata successivamente revocata dall’Amministrazione non a seguito dell’accertata falsità dell’autodichiarazione di responsabilità rilasciata dalla richiedente, quanto, piuttosto, perché era emersa una realtà naturale dei luoghi non rispondente a quanto dichiarato dalla parte medesima (in particolare, era stata accertata la presenza, sui luoghi dove l’insediamento doveva realizzarsi, di una foresta alluvionale a prevalenza di ontano nero, ostativa all’insediamento stesso).

n. Ord. 21959/21  – Rel. Valitutti

Acque pubbliche – azione proposta da privati nei confronti della Prefettura di Reggio Calabria e del Consorzio di bonifica di Caulonia per il pagamento dell’indennità di occupazione ed il risarcimento dei danni in relazione all’occupazione di fondi in Siderno per la realizzazione di un acquedotto – il Consorzio chiama in giudizio la società di costruzione titolare dell’A.T.I. che aveva svolto i lavori – il TRAP accoglie in parte la domanda e condanna il solo Consorzio, rigettando la domanda nei confronti della Prefettura e riconoscendo, a carico della società di costruzione, l’obbligo di manleva in favore del Consorzio – la società di costruzione propone appello – il TSAP rigetta – ricorso della società condannata affidato a tre motivi (violazione di legge e vizio di motivazione, un motivo anche in punto di giurisdizione) – quattro controricorsi (RGN 4380/20).

SU dichiarano il ricorso inammissibile in quanto i motivi di ricorso, con riguardo alle denunciate violazioni di legge, senza confrontarsi con le rationes decidendi dell’impugnata sentenza risultano sostanzialmente diretti ad ottenere una revisione degli accertamenti di fatto compiuti in tale sentenza d’altra parte neppure viene formulata alcuna deduzione − con specifico riferimento al percorso motivazionale seguito dalla pronuncia in questione − idonea ad evidenziare una carenza di motivazione di tale gravità da inficiare di nullità la sentenza stessa.

n. Ord. 21973/21  – Rel. Nazzicone

Acque pubbliche – impugnazione da parte di società privata A, in TSAP, della determinazione dirigenziale della Provincia di Bergamo con la quale è stato deciso di non assoggettare a V.I.A. il progetto della società B, già titolare di un impianto idroelettrico sulla sponda opposta del fiume Brembo, per la realizzazione di un impianto idroelettrico ad acqua fluente – il TSAP rigetta il ricorso – ricorso della società A affidato a cinque motivi, contenenti censure di violazione di legge e di omessa motivazione su fatti decisivi. (RGN 31806/19).

SU rigettano il ricorso in quanto la maggior parte delle censure risulta inammissibile o perché pur formulate come formali denunce di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in realtà, volte ad ottenere una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito ovvero perché si tratta di censure che non si confrontano con la ratio decidendi della sentenza impugnata nel punto contestato. D’altra parte, la denuncia di violazione e falsa applicazione dell’art. 42 legge reg. Lombardia 5 dicembre 2008, n. 31, in ordine alla statuizione contenuta nella sentenza dell’insussistenza nella specie dei presupposti per identificare l’area in oggetto come boschiva, viene respinta nel merito, rilevandosi che la suddetta statuizione deve considerarsi il frutto di una corretta applicazione della normativa invocata la quale prevede che sia da considerare “bosco” la formazione vegetale, caratterizzata «simultaneamente» da vari elementi, elementi di cui il ricorrente non ha tenuto conto.

n. Ord. 21974/21  – Rel. Criscuolo

Acque pubbliche – impugnazione in TSAP, da parte dell’Ambito territoriale ottimale Marche n. 3 Centro Marche e della s.p.a. Acquedotto del Nera, del decreto della Regione Marche con il quale era stato autorizzato l’aumento di captazione, per uso potabile, delle acque sotterranee della sorgente di San Chiodo, nel Comune di Castelsantangelo sul Nera, limitatamente alla portata di 50 litri al secondo (innalzandola, cioè, da 150 a 200 litri al secondo) anziché fino alla portata richiesta di 550 litri al secondo – il TSAP accoglie e annulla il decreto impugnato – ricorso unico dell’Ente parco nazionale dei monti Sibillini e del Ministero della difesa (Comando generale dell’Arma dei Carabinieri, Corpo forestale dello Stato) affidato a sei motivi per violazione di legge e vizi di motivazione. (RGN 15018/20).

SU accolgono parzialmente il ricorso, sul presupposto secondo cui ancorché la sentenza impugnata abbia correttamente identificato il provvedimento impugnato nel decreto n. 24 del 2017, che attiene alla valutazione di impatto ambientale relativa alla richiesta di modifica della concessione, tuttavia dalla motivazione della sentenza stessa traspare una non del tutto corretta individuazione degli effetti e della natura dello stesso provvedimento gravato, soprattutto nella parte in cui si ritiene di poter annettere allo stesso un’efficacia direttamente modificativa del contenuto della concessione che però non ha.  Tra l’altro è stato sottolineato che il TSAP ha accolto i ricorsi della SAN e dell’AATO n. 3 compiendo però un sindacato sulle scelte tecniche effettuate dagli organi che hanno preso parte alla conferenza di servizi di cui al documento istruttorio richiamato nella VIA, esercitando quindi un potere che non poteva essere esercitato. Infatti, il provvedimento oggetto di causa è espressione di discrezionalità che sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salva la manifesta illogicità, arbitrarietà ed irragionevolezza, e quindi l’annullamento disposto dalla sentenza impugnata ha invaso la sfera riservata appunto alla discrezionalità dell’autorità amministrativa. Si precisa poi che il riferimento all’atto come idoneo a determinare l’aumento della captazione, mentre invece si controverte in materia di valutazione di impatto ambientale, prodromica alla concreta adozione del provvedimento concessorio, unitamente al richiamo a future valutazioni degli organi tecnici del procedimento di VIA, denota in maniera evidente come non sia stata correttamente intesa la natura del provvedimento impugnato e che quindi anche il giudizio sulla sufficienza o meno della documentazione analizzata e la congruità delle osservazioni che hanno fondato il rigetto non sono parametrati al livello di discrezionalità di cui è invece espressione la VIA, essendo quindi il giudizio, anche in punto di difetto di istruttoria, falsato dall’anzidetto errato inquadramento giuridico della fattispecie.

n. Ord. 21975/21  – Rel. Criscuolo

Acque pubbliche – impugnazione in TSAP, da parte della s.p.a. Acquedotto del Nera e dell’A.T.O. Marche Centro, con separati ricorsi contenenti anche motivi aggiunti, di due decreti della Regione Marche con i quali erano state rilasciate altrettante concessioni di derivazione in favore della s.r.l. Cinquecento (impianti di Gallano e Galleria delle fornaci), essendo la s.p.a. Acquedotto del Nera titolare di concessioni di derivazione ad uso idropotabile cedute all’A.T.O. Marche Centro, nonché richiedente concessioni di derivazione respinte dalla Regione Marche – il TSAP rigetta integralmente il ricorso della s.p.a. Acquedotto del Nera e accoglie in minima parte quello dell’A.T.O. Marche Centro – separati ricorsi della società affidato a due motivi e dell’A.T.O. affidato a tre motivi, per violazione di legge e vizi di motivazione. (RGN 18146/20).

SU rigettano sia ricorso principale sia quello incidentale, sulla base della principale statuizione secondo cui al concessionario primario di una concessione idroelettrica non compete un potere di codecisione circa il rilascio di una concessione in co-uso, potendo solo prendere parte al procedimento quale interventore volontario, ai sensi dell’art. 9 della legge n. 241 del 1990, dopo l’avviso di avvio del procedimento concessorio a favore del controinteressato, non essendo titolare di un potere di controllo e veto sul progetto del co-utente, essendo la delibazione dell’interesse pubblico al co-uso di esclusiva spettanza della P.A. procedente, anche ai fini della regolazione delle cautele per la coesistenza delle due indicate concessioni. Nella specie il TSAP si è uniformato al suddetto principio perché, nell’esaminare la posizione della AATO n. 3, ha escluso che la stessa fosse dotata di una potestà codecisoria, pur avendola ritenuta munita di legittimazione ad impugnare i provvedimenti emessi in favore della aspirante alle concessioni per uso idroelettrico, quale titolare della concessione primaria idropotabile concernente la stessa risorsa idrica destinata ad essere utilizzata per finalità di produzione energetica, e ciò sia perché titolare del SII (servizio idrico integrato) sia perché munita di un interesse giuridicamente rilevante a contestare ogni modificazione in peius del rapporto concessorio ovvero ogni situazione di fatto, quale scaturente dal co-uso, idonea in potenza ad incidere sulle utilità ritraibili dalla concessione primaria. Nella specie però tali ultime evenienze non risultano essersi verificate in quanto, come evidenziato nella sentenza impugnata, le risorse idriche, una volta sfruttate per le esigenze del co-uso, venivano reimmesse nella medesima rete idraulica, sicché il couso idroelettrico non era dissipativo.

n. Ord. 25039/21  – Rel. Napolitano

TSAP – concessione di derivazione ad uso irriguo in favore del Consorzio di Irrigazione Rogge Comuna ED Unite condizionata, dal decreto della Regione Lombardia n. 14011/2016, all’obbligo di monitoraggio della qualità delle acque in riferimento alle concentrazioni degli inquinanti derivanti dall’attività dell’industria farmaceutica a monte, nonché all’obbligo di adottare tecniche di rimozione e procedure di abbattimento dei medesimi inquinanti – il TSAP rigetta – il Consorzio ricorre per cassazione sulla base di quattro motivi – la Regione Lombardia resiste (RGN 2936/20).

Le S.U. accolgono il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassano la sentenza impugnata e rinviano al TSAP, in diversa composizione, anche per le spese. L’ordinanza, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, enuncia il seguente principio di diritto: «Le prescrizioni che, in sede di VIA, finalizzata al rilascio di concessione di derivazione di acque ad uso irriguo, impongano, in caso di rilevato superamento dei limiti di concentrazione, di adottare tecniche di rimozione degli inquinanti e di attivare procedure di abbattimento dei contaminanti, anche laddove esse si rivelino solo, successivamente, in caso di rilevato superamento, necessarie al ripristino delle concentrazioni soglia di contaminazione, non possono avere come destinatario il concessionario richiedente, poiché, in quanto implicanti misure di riparazione primaria, debbono far carico unicamente al responsabile della contaminazione, ove individuato, in forza del principio “chi inquina paga”».

n. Ord. 25164/21  – Rel. Carrato

Acque pubbliche – impugnazione da parte di società private e di singoli privati in TSAP del provvedimento col quale la Provincia autonoma di Bolzano aveva respinto le loro richieste di altrettante concessioni di derivazione a scopo idroelettrico da rii o torrenti provinciali – il TSAP rigetta – ricorso di uno dei privati affidato a cinque motivi per violazione di legge, con contestuale proposizione di questione di legittimità costituzionale dell’art. 34 della legge della Provincia di Bolzano n. 2 del 2015 (RGN 7952/20).

Le S.U. rigettano il ricorso. L’ordinanza esclude che si sia verificata, nel caso di specie, una lesione dei principi del tempus regit actum e dell’affidamento; la legge della Provincia di Bolzano n. 2 del 2015, infatti, aveva inteso regolare le derivazioni di acque pubbliche per gli impianti di potenza nominale inferiore a 3.000 Kwh, a condizione che fossero conformi al Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche, Piano da approvare entro il 30 giugno 2015. Poiché tale scadenza non fu rispettata, la Provincia provvide ad emanare una delibera secondo cui le domande di concessione di derivazione non ancora definite non potevano essere definite in base ad una normativa ormai in via di superamento. D’altra parte, le S.U. hanno rilevato che la legittimità di un provvedimento amministrativo deve essere valutata alla luce della normativa vigente nel momento in cui esso viene adottato, e non al tempo nel quale la domanda è stata avanzata da parte del privato. Alla data di presentazione della domanda, dunque, il privato non aveva acquisito un diritto alla concessione, ma solo una legittima aspettativa al rilascio della medesima.

n. Ord. 26656/21  – Rel. Cosentino

Acque pubbliche – impugnazione in TSAP, da parte del Consorzio di bonifica di Piacenza, già titolare di concessione di derivazione delle acque del torrente Arda per irrigazione agricola, del provvedimento col quale l’Agenzia regionale per la prevenzione, l’ambiente e l’energia dell’Emilia-Romagna ha previsto un aumento significativo, rispetto alla concessione originaria, dei valori del deflusso minimo vitale da lasciar defluire a valle delle opere di presa ed ha stabilito l’obbligo di garantire, nei mesi estivi, la presenza di un volume d’acqua predefinito nella diga di Mignano, volume anch’esso maggiore di quello previsto in concessione – il TSAP rigetta – ricorso della società privata affidato a due motivi, per violazione di legge (RGN 4006/20).

Le S.U. rigettano il ricorso. L’ordinanza – dopo aver ricostruito l’evoluzione della normativa nazionale e regionale in argomento ed aver ricordato che i Piani di tutela delle acque devono tener conto del deflusso minimo vitale dei singoli corsi d’acqua – condivide la motivazione resa dal TSAP nella sentenza impugnata, secondo cui è solo il d.m. 28 luglio 2004 ad avere natura di fonte secondaria, in quanto adottata in attuazione dell’art. 22, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 1999. La natura di fonte secondaria, invece, non può essere riconosciuta al decreto direttoriale n. 30 del 2017 del MATTM (invocato dal Consorzio ricorrente); con la conseguenza che quel decreto non può esplicare efficacia vincolante nei confronti delle Regioni, alle quali compete la redazione dei Piani di tutela delle acque.

n. Ord. 27544/21  – Rel. Scarpa

Acque pubbliche – impugnazione in TSAP, da parte del Comune di Casale Monferrato, dell’ordinanza con la quale la Coutenza Canali Lanza, Mellana e Roggia Fuga, reiterando una precedente ordinanza già annullata dal TSAP con la sentenza n. 96 del 2017, ha nuovamente disposto la demolizione delle opere realizzate dal Comune, su di un’area demaniale, allo scopo di sigillatura di una zona contenente detriti di manufatti di amianto (muraglione di contenimento) – il TSAP accoglie e annulla il provvedimento, rilevando da un lato la competenza esclusiva del Ministero dell’ambiente in relazione alle procedure di bonifica dei siti inquinati e, dall’altra, la violazione del giudicato – ricorso della Coutenza affidato a quattro motivi per violazione di legge. (RGN 20345/20)

SU rigettano il ricorso rilevando la presenza in tutte le censure di profili di inammissibilità per carenza di specifica riferibilità alla ratio decidendi della sentenza impugnata e comunque profili di infondatezza, risultando prive di decisività, ai fini della cassazione della sentenza.

n. Ord. 27968/21  – Rel. Manzon

Acque pubbliche – il Consorzio di bonifica della Gallura, già titolare di concessione di derivazione delle acque del fiume Liscia per uso umano, irriguo e industriale, diviene utente delle medesime a seguito dell’entrata in vigore della legge della Regione Sardegna n. 19 del 2006, che prevede il subentro della Regione nella titolarità delle concessioni esistenti in capo a enti pubblici – in tale nuova veste il CBG chiede il rilascio di concessione di derivazione per uso idroelettrico delle acque del bacino del Liscia, richiesta che viene respinta, con provvedimento impugnato in TSAP il quale rigetta il ricorso (sentenza n. 76 del 2013) – il CBG presenta allora all’Autorità di bacino della Sardegna un’istanza di autorizzazione, ai sensi dell’art. 166 d.lgs. n. 152 del 2006, per l’utilizzo idroelettrico delle sole acque già derivate per uso irriguo – tale richiesta viene respinta – impugnato tale rigetto, il TSAP accoglie il ricorso (sentenza n. 134 del 2017) e il ricorso avverso detta pronuncia è rigettato dalle S.U. (sentenza n. 17564 del 2019) – impugnazione in TSAP, da parte del CBG, dell’ulteriore deliberazione dell’Autorità di bacino con cui è stata respinta la nuova richiesta di autorizzazione presentata ai sensi dell’art. 166 cit. – motivi aggiunti presentati dal CBG avverso il provvedimento, intervenuto in corso di giudizio, con cui la Regione Sardegna ha rigettato la richiesta di nulla-osta demaniale alla realizzazione di una centralina idroelettrica – il TSAP accoglie il ricorso e annulla gli atti impugnati – ricorso principale della Regione Sardegna affidato a sette motivi, con richiesta di rimessione di questione di interpretazione alla Corte di giustizia UE – ricorso incidentale dell’Ente acque della Sardegna (ENAS) affidato a quattro motivi – ricorso incidentale del Consorzio di bonifica della Gallura affidato a sei motivi (RGN 17708/20).

Le S.U. rigettano il ricorso principale della Regione autonoma Sardegna e il ricorso incidentale dell’Ente nazionale acque della Sardegna, con assorbimento del ricorso incidentale del Consorzio di bonifica della Gallura. Le molteplici censure sono state ritenute inammissibili e comunque infondate, siccome non pertinenti rispetto alle rationes decidendi della sentenza impugnata, oltre che non idonee a indentificare un vizio di motivazione rilevante in base alla normativa vigente.

n. Ord. 28642/21  – Rel. Carrato

Acque pubbliche – impugnazione in TSAP, da parte di ACEA s.p.a. e di ERG Hydro s.r.l., del provvedimento col quale la Provincia di Rieti ha rilasciato al Comune di Cittaducale la concessione in aumento della portata della preesistente concessione di derivazione di acque ad uso potabile dalle sorgenti del Peschiera – il TSAP accoglie i ricorsi e, annullando in parte il provvedimento impugnato, accerta l’esistenza dell’obbligo, per il Comune di Cittaducale, di corrispondere gli oneri di sottensione in favore della società ERG Hydro – ricorso del Comune di Cittaducale affidato a quattro motivi, contenenti censure di giurisdizione (primo motivo), violazione di legge e vizio di omessa motivazione (RGN 11267/20).

Le S.U. accolgono il quarto motivo di ricorso, rigettano i primi tre, cassano la sentenza impugnata in relazione a rinviano al TSAP in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione. Nel rigettare il primo motivo di ricorso le S.U. ribadiscono, come da precedente giurisprudenza, che nei giudizi in unico grado la giurisdizione del TSAP non si limita all’esercizio del potere di annullamento degli atti ritenuti illegittimi, ma si estende anche al risarcimento del danno, sia esso in forma specifica o per equivalente.

n. Ord. 29299/21  – Rel. Criscuolo

Acque pubbliche – impugnazione in TSAP, da parte di società privata, di due decreti della Regione Lombardia contenenti le determinazioni conclusive sulla sperimentazione del deflusso minimo vitale nei corsi d’acqua dell’alta Valtellina – il TSAP rigetta – ricorso della società privata affidato a dieci motivi quanto alle derivazioni in Valchiavenna e a tredici motivi quanto alle derivazioni in Valtellina (RGN 20526/20).

Le S.U. rigettano il ricorso. L’ordinanza afferma, tra l’altro, che: 1) il provvedimento di riunione dei due ricorsi da parte del TSAP rappresenta, ai sensi dell’art. 70 c.p.a., una facoltà discrezionale del giudice amministrativo, come stabilito dal Consiglio di Stato e come, simmetricamente, si è sempre affermato a proposito della riunione delle cause connesse; 2) il provvedimento col quale l’Autorità di bacino stabilisce il deflusso minimo vitale per i corsi d’acqua non costituisce atto diretto ad incidere sulla posizione dei singoli concessionari, quanto piuttosto un atto generale rivolto a tutti gli interessati, che non deve essere obbligatoriamente preceduto dall’avviso di avvio del procedimento; 3) il deflusso minimo vitale costituisce la portata istantanea idonea a salvaguardare in ogni momento le caratteristiche fisiche e chimiche necessarie per il mantenimento delle forme di vita presenti; 4) nel fissare detto parametro, le Amministrazioni possono stabilire criteri anche più rigorosi rispetto a quelli di cui alla direttiva 60/2000 CE (c.d. direttiva quadro sulle acque); 5) ai fini della corretta individuazione del D.M.V. le Regioni possono avvalersi anche del contributo di consulenti esterni, discostandosi, se necessario, dalle indicazioni provenienti dalla sperimentazione condotta sulla scorta delle linee guida inizialmente concordate.

n. Ord. 29300/21  – Rel. Criscuolo

Acque pubbliche – la Città Metropolitana di Torino ingiunge a Aspes srl il ripristino dello stato dei luoghi per cementificazione non autorizzata di un canale – Aspes impugna dinanzi al TSAP formulando varie difese (il canale è interrato e non svolge funzione irrigua, gli interventi sono stati di manutenzione ecc.) – il TSAP rigetta – ricorso per cassazione affidato a un motivo – la Città Metropolitana di Torino resiste con controricorso (RGN 21779/20).

Le S.U. dichiarano inammissibile il ricorso, sul rilievo per cui il ricorso non ha colto l’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata.

antoniocaiafa

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