Natura amministrativa (e non giurisdizionale) del procedimento disciplinare.
Nel procedimento disciplinare davanti al Consiglio territoriale, che ha natura amministrativa, non si applica tanto l’art. 111 Cost. (con i correlativi ivi enunciati principi del giusto processo, pertinenti alla sola attività giurisdizionale), quanto piuttosto l’art. 97, comma 1, Cost., secondo il quale vanno assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Logrieco, rel. Marullo di Condojanni), sentenza del 30 dicembre 2016, n. 389
NOTA: In senso conforme, oltre a Cassazione Civile, sez. Unite, 07 dicembre 2006, n. 26182, Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Salazar, Rel. Allorio), sentenza del 25 febbraio 2013, n. 10, Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Salazar, Rel. Allorio), sentenza del 20 febbraio 2013, n. 8, Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. VERMIGLIO – Rel. PIACCI), sentenza del 15 ottobre 2012, n. 153, Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. SALAZAR, Rel. BERRUTI), sentenza del 20 luglio 2012, n. 108, Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Perfetti, Rel. Salazar), sentenza del 20 aprile 2012, n. 67.
Procedimento disciplinare: le norme speciali dell’ordinamento forense prevalgono sul cpc
Al ricorso proposto innanzi al Consiglio Nazionale Forense trova applicazione l’art. 59 R.D. n. 37/1934 che impone, a pena di inammissibilità, l’enunciazione specifica dei motivi sui quali l’impugnazione si fonda e non già la nuova disciplina dell’atto di appello (art. 342, 348 bis e ter cpc), nè tantomeno il c.d. principio di autosufficienza, atteso che il giudizio innanzi al CNF non è limitato alla verifica della legittimità del provvedimento, bensì esteso anche al merito.
Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Masi), sentenza del 27 agosto 2018, n. 97
La mancata comunicazione di apertura del procedimento disciplinare
Il procedimento disciplinare di primo grado ha natura amministrativa e, come tale, improntato alla semplicità e libertà di forme, con l’unico limite della non comprimibilità del diritto di difesa. Conseguentemente, l’omessa comunicazione all’interessato dell’apertura del procedimento non costituisce motivo di nullità del procedimento qualora il destinatario abbia avuto comunque la conoscenza effettiva e completa del contenuto del provvedimento e abbia perciò potuto compiere (come nella specie) tutti gli atti previsti dall’ordinamento a garanzia del diritto di difesa.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Siotto), sentenza del 31 dicembre 2016, n. 408
NOTA: In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Secchieri), sentenza del 12 novembre 2016, n. 327, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Neri), sentenza del 24 settembre 2015, n. 138, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. De Giorgi, rel. Neri), sentenza del 20 marzo 2014, n. 38, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. De Giorgi, rel. Neri), sentenza del 20 marzo 2014, n. 37., Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Vermiglio, rel. Merli), sentenza del 21 ottobre 2013, n. 197.
In sede di Legittimità, in senso conforme, tra le altre, Cass. Civ. sez. Un. n. 28339 del 22.12.2011, Cassazione Civile, sentenza del 09 marzo 2005, n. 5072.
Il procedimento disciplinare non ha una durata minima (né massima) prefissata per legge.
Nessuna norma di diritto positivo dispone la durata minima (né massima) del dibattimento nel procedimento disciplinare (Nel caso di specie, l’incolpato aveva eccepito l’asserita nullità del procedimento in ragione della sua brevità).
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Secchieri), sentenza del 24 novembre 2017, n. 186
Il procedimento disciplinare di primo grado ha sì natura amministrativa, ma speciale, in quanto disciplinato specificamente dalle norme di cui agli artt. 38, 45 – 50 del RDL n. 1578/1933 e dagli artt. 47-51 del R.D. n. 37/1934, che non contengono termini perentori per l’inizio, lo svolgimento e la definizione del procedimento stesso davanti al Consiglio dell’Ordine circondariale all’infuori di quelli posti a tutela del diritto di difesa, nonché quello di prescrizione dell’azione disciplinare fissato in cinque anni dall’art. 51 RDL n. 1578/1933. In tale procedimento, pertanto, non trovano applicazione l’art. 2, co. 3, L. n. 241/1990 (sulla durata del procedimento amministrativo) né gli artt. 24 Cost. e 6 Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo in tema di ragionevole durata del processo.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Pardi), sentenza del 10 ottobre 2017, n. 148
La contestazione dell’addebito disciplinare non deve necessariamente indicare le norme deontologiche violate.
La contestazione disciplinare nei confronti di un avvocato, che sia adeguatamente specifica quanto all’indicazione dei comportamenti addebitati, non richiede nè la precisazione delle fonti di prova da utilizzare nel procedimento disciplinare, nè la individuazione delle precise norme deontologiche che si assumono violate, dato che la predeterminazione e la certezza dell’incolpazione può ricollegarsi a concetti diffusi e generalmente compresi dalla collettività. Corollario di tale principio è che in tema di procedimenti disciplinari quello che è necessario ai fini di garantire il diritto di difesa all’incolpato – e di consentire, quindi, allo stesso di far valere senza alcun condizionamento (o limitazione) le proprie ragioni – è una chiara contestazione dei fatti addebitati non assumendo, invece, rilievo la sola mancata indicazione delle norme violate e-o una loro erronea individuazione, spettando in ogni caso all’organo giudicante la definizione giuridica dei fatti contestati e configurandosi una lesione al diritto di difesa solo allorquando l’incolpato venga sanzionato per fatti diversi da quelli che gli sono stati addebitati ed in relazione ai quali ha apprestato la propria difesa.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. De Michele), sentenza del 21 novembre 2017, n. 178
Corrispondenza tra addebito contestato e pronuncia disciplinare: il divieto di decisioni a sorpresa.
La difformità tra contestato e pronunziato (nella specie, esclusa) si verifica nelle ipotesi di c.d. “decisione a sorpresa”, ovvero allorchè la sussistenza della violazione deontologica venga riconosciuta per fatto diverso da quello di cui alla contestazione e, dunque, la modificazione vada al di là della semplice diversa qualificazione giuridica di un medesimo fatto, ditalché la condotta oggetto della pronuncia non possa in alcun modo considerarsi rientrante nell’originaria contestazione. Tale principio di corrispondenza tra addebito contestato e decisione disciplinare è inderogabile, in quanto volto a garantire la pienezza e l’effettività del contraddittorio sul contenuto dell’accusa ed è finalizzato a consentire, a chi debba rispondere dei fatti contestatigli, il compiuto esercizio del diritto di difesa, costituzionalmente garantito.
Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Siotto), sentenza del 1° dicembre 2017, n. 197
Il procedimento disciplinare non presuppone un esposto, ma è attivabile d’ufficio
Il Consiglio territoriale ha il potere dovere di promuovere d’ufficio l’azione disciplinare e l’esercizio di tale potere non è condizionato dalla tipologia della fonte della notizia dell’illecito disciplinare rilevante, che può essere costituita anche dalla denuncia di persona non direttamente coinvolta nella situazione nel cui ambito l’illecito è stato posto in essere (Nel caso di specie, l’incolpato aveva eccepito l’asserita mancanza di legittimazione attiva in capo all’esponente. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha rigettato l’eccezione).
Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Merli), sentenza del 31 dicembre 2016, n. 394
NOTA: In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Florio), sentenza del 24 novembre 2014, n. 157, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Morlino), sentenza del 19 febbraio 2014, n. 4, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Salazar, rel. Mascherin), sentenza del 12 dicembre 2013, n. 206, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Borsacchi), sentenza del 6 giugno 2013, n. 87, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Salazar, rel. Morlino), sentenza del 7 maggio 2013, n. 71, Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Perfetti, Rel. De Giorgi), sentenza del 29 novembre 2012, n. 178.
La rinuncia all’esposto disciplinare è irrilevante (tanto in rito quanto nel merito).
L’azione disciplinare non rientra nella disponibilità delle parti, sicché la rinuncia all’esposto da parte dei soggetti esponenti cosi come l’eventuale dichiarazione degli interessati di essere pervenuti ad una risoluzione bonaria della controversia non condiziona né implica l’estinzione o l’interruzione del procedimento, né attenua la gravità del comportamento dell’incolpato.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Salazar), sentenza del 31 dicembre 2016, n. 398
NOTA: In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Siotto), sentenza del 10 maggio 2016, n. 138, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Logrieco, rel. Esposito), sentenza del 29 dicembre 2015, n. 229, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Baffa), sentenza del 30 novembre 2015, n. 173, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Salazar, rel. Tinelli), sentenza del 24 settembre 2015, n. 150, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Mariani Marini, rel. Florio), sentenza del 21 febbraio 2014, n. 17, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Morlino), sentenza del 19 febbraio 2014, n. 4, Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Florio), sentenza del 28 dicembre 2013, n. 214.
La mancata risposta alla richiesta di chiarimenti da parte del Consiglio territoriale
Non costituisce (più) illecito disciplinare sanzionato dal secondo capoverso dell’art. 24 del codice deontologico forense (ora art. 71 ncdf) la mancata risposta dell’avvocato alla richiesta del Consiglio dell’Ordine di chiarimenti, notizie, o adempimenti in relazione ad un esposto presentato, per fatti disciplinarmente rilevanti, nei confronti dello stesso iscritto (Nel caso di specie, in applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha accolto il ricorso in parte qua).
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Secchieri), sentenza del 31 dicembre 2016, n. 406
NOTA: In senso conforme (oltre a Cass. S.U. 28.2.2011 n. 4773 e Cass. S.U. 30.12.2011 n. 30173), Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Siotto), sentenza del 12 novembre 2016, n. 328, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Logrieco), sentenza del 20 ottobre 2016, n. 313, Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Salazar), sentenza del 28 luglio 2016, n. 255, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Sica), sentenza del 11 giugno 2016, n. 159, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Siotto), sentenza del 10 maggio 2016, n. 138, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Logrieco, rel. Iacona), sentenza del 28 dicembre 2015, n. 208, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Sorbi), sentenza del 24 settembre 2015, n. 151, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Damascelli), sentenza del 12 marzo 2015, n. 27, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Grimaldi, rel. Sica), sentenza del 29 dicembre 2014, n. 216, Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Allorio), sentenza del 5 giugno 2014, n. 79, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Vermiglio, rel. Tacchini), sentenza del 30 dicembre 2013, n. 228. In arg. cfr. pure Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. De Giorgi), sentenza del 23 luglio 2015, n. 119, nonché Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Morlino), sentenza del 20 aprile 2012, n. 61 e Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Perfetti, Rel. Morlino), sentenza del 20 aprile 2012, n. 63, secondo cui “il fatto che ci si avvalga della facoltà di non rispondere, non esime l’incolpato dal presentarsi a rendere dichiarazione di esercizio di un suo diritto”.
Nemo tenetur contra se detegere: la mancata risposta alla richiesta di chiarimenti da parte del COA
Non costituisce (più) illecito disciplinare sanzionato dal secondo capoverso dell’art. 24 del codice deontologico forense (ora art. 71 ncdf) la mancata risposta dell’avvocato alla richiesta del Consiglio dell’Ordine di chiarimenti, notizie, o adempimenti in relazione ad un esposto presentato, per fatti disciplinarmente rilevanti, nei confronti dello stesso iscritto.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Picchioni), sentenza del 12 settembre 2018, n. 103
Procedimento disciplinare: la composizione del collegio giudicante non è immutabile
In tema di procedimento disciplinare a carico di avvocati, non integra nullità alcuna il mutamento della composizione del Consiglio territoriale, poiché il principio dell’invariabilità del Collegio giudicante, sancito dall’art. 473 c.p.c., è applicabile, in base al richiamo dell’art. 63, comma 3, r.d. n. 37/1934, solo nel procedimento giurisdizionale dinanzi al Consiglio Nazionale Forense, organo giurisdizionale, e non può essere esteso, in mancanza di specifica norma, nel procedimento amministrativo dinanzi al Consiglio territoriale, considerate la natura e la funzione amministrativa dell’attività svolta e del provvedimento adottato, essendo sufficiente che sia rispettato il quorum previsto per la validità delle deliberazioni.
Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Geraci), sentenza del 6 novembre 2017, n. 158
L’istanza di sospensione del procedimento disciplinare in pendenza di quello penale.
Non può essere accolta l’istanza di sospensione ex art. 295 c.p.c. qualora l’incolpato non abbia in alcun modo dimostrato né la pendenza nei suoi confronti del procedimento penale invocato, né che il procedimento disciplinare riguardi gli stessi fatti oggetto del procedimento penale.
Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Siotto), sentenza del 1° dicembre 2017, n. 197
NOTA:
In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Siotto), sentenza del 12 luglio 2016, n. 188 nonché Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Logrieco, rel. Logrieco), sentenza del 11 giugno 2016, n. 154.
La sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (c.d. patteggiamento) fa stato in sede disciplinare come se fosse una sentenza di condanna.
La sentenza di patteggiamento ex artt. 444 e 445, comma 1 c.p.p. è destinata a fare stato ai sensi dell’art. 653, comma 1 bis c.p.p., nel giudizio disciplinare per quanto attiene all’accertamento del fatto, alla sua estrinsecazione soggettiva ed oggettiva, nonché alla responsabilità dell’incolpato in ordine alla sua commissione, sicché al sindacato del Giudice disciplinare è esclusivamente rimessa la valutazione – ontologicamente propria della sede disciplinare – del disvalore della condotta dal punto di vista dell’ordinamento professionale.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Merli), sentenza del 24 novembre 2017, n. 189
L’irrilevanza in sede deontologica della formula assolutoria “perché il fatto non costituisce reato”.
Il giudizio penale di assoluzione, pronunciato perché il fatto non sussiste, esclude l’ontologia stessa del fatto e ne impedisce la valutazione anche disciplinare; al contrario, il giudizio di assoluzione intervenuto perché il fatto non costituisce reato, escludendone la sola rilevanza penale ma riconoscendone l’ontologia, comporta che l’organo disciplinare debba valutare il fatto sotto il (diverso) profilo deontologico.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. De Michele), sentenza del 6 novembre 2017, n. 162
Procedimento penale e prescrizione dell’azione disciplinare.
Qualora il procedimento disciplinare a carico dell’avvocato riguardi un fatto costituente reato per il quale sia stata esercitata l’azione penale, la prescrizione dell’azione disciplinare decorre soltanto dal passaggio in giudicato della sentenza penale, anche se il giudizio disciplinare non sia stato nel frattempo sospeso, ciò potendo incidere sulla validità dei suoi atti, ma non sul termine iniziale della prescrizione.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. De Michele), sentenza del 6 novembre 2017, n. 162
Procedimento disciplinare: l’interruzione della prescrizione ha effetto permanente solo in sede giurisdizionale.
Nel procedimento disciplinare dinanzi al CNF (che ha natura giurisdizionale), l’interruzione della prescrizione ha effetto permanente (art. 2943 cc) mentre, in quello amministrativo dinanzi ai Consigli territoriali, l’interruzione fa iniziare un nuovo periodo di prescrizione (art. 2945 cc), la quale peraltro continua a decorrere anche tra la data dell’udienza dibattimentale nella quale il procedimento è stato trattato o deciso dal Consiglio territoriale e la data del deposito e successiva notifica all’incolpato della decisione stessa.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. De Michele), sentenza del 6 novembre 2017, n. 162
L’interruzione della prescrizione dell’azione disciplinare.
La prescrizione dell’azione disciplinare è interrotta dal promovimento dell’azione disciplinare e quindi dall’atto di apertura del procedimento, nonché dalla formulazione del capo di incolpazione, dal decreto di citazione a giudizio per il dibattimento, dalla sospensione cautelare (che costituisce una fase del procedimento disciplinare e quindi una modalità di esercizio dell’azione) e comunque da tutti gli atti procedimentali di natura propulsiva (esempio: atti di impugnazione), o probatoria (esempio: interrogatorio dell’avvocato sottoposto al procedimento).
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. De Michele), sentenza del 6 novembre 2017, n. 162
La prescrizione dell’azione disciplinare è rilevabile d’ufficio
La prescrizione dell’azione disciplinare è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, anche in sede di legittimità, a causa della natura pubblicistica della materia e dell’interesse superindividuale dello Stato e della comunità intermedia, quale l’ordine professionale.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. De Michele), sentenza del 6 novembre 2017, n. 162
Il termine per il deposito e la notifica della decisione disciplinare è ordinatorio
Il termine quindicinale per il deposito e la notifica della deliberazione, stabilito dagli artt. 37 e 50 R.D.L. n. 1578/33 (ratione temporisapplicabili), il quale decorre non già dalla data della deliberazione, ma da quella del deposito del provvedimento stesso, è un termine ordinatorio e non perentorio, dal momento che il mancato rispetto non è correlato ad alcuna sanzione e non determina alcun vizio procedurale che si ripercuota sulla validità della deliberazione.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Pardi), sentenza del 10 ottobre 2017, n. 148
I limiti al sindacato di Legittimità sulle sentenze CNF
Le decisioni del Consiglio Nazionale Forense in materia disciplinare sono impugnabili dinanzi alle Sezioni Unite della S.C, ai sensi dell’art. 56, comma 3, del r.d.l. n. 1578 del 1933, soltanto per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, nonché, ai sensi dell’art. 111 Cost., per vizio di motivazione, con la conseguenza che, salva l’ipotesi di sviamento di potere, in cui il potere disciplinare sia usato per un fine diverso rispetto a quello per il quale è stato conferito, l’accertamento del fatto e l’apprezzamento della sua gravità ai fini della concreta individuazione della condotta costituente illecito disciplinare e della valutazione dell’adeguatezza della sanzione irrogata non può essere oggetto del controllo di legittimità, se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza.
Corte di Cassazione (pres. Schirò, rel. Acierno), SS.UU, sentenza n. 26250 del 18 ottobre 2018
CNF: la funzione consultiva e di indirizzo non ne compromette la terzietà in sede giurisdizionale, né rileva ai fini di un’eventuale ricusazione o astensione
La circostanza che il CNF abbia espresso in sede amministrativa un parere ovvero emanato una circolare sulla medesima questione fatta poi oggetto di sua valutazione in sede giurisdizionale, non comporta alcun difetto di terzietà o imparzialità né rileva ai fini di un’eventuale astensione o ricusazione (art. 51 cpc), atteso che la natura amministrativa dell’atto evidenzia un ipotetico interesse del tutto astratto e non “diretto” del CNF: ciò non diversamente da come sarebbe quello che emergerebbe da un proprio precedente di natura giurisdizionale (Nel caso di specie, il ricorrente aveva proposto istanza di ricusazione nei confronti di tutti e 33 i componenti del Consiglio Nazionale Forense sul presupposto che, nell’ambito del suo potere di indirizzo, il CNF stesso avesse anticipato il proprio orientamento in ordine all’oggetto del presente giudizio con alcune circolari emanate negli anni 2013 e 2016. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha rigettato).
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Calabrò), sentenza del 21 giugno 2018, n. 79
NOTA:
Esattamente in termini, Corte di Cassazione (pres. Amoroso, rel. Frasca), SS.UU, ordinanza n. 21114 del 12 settembre 2017, nonché in senso conforme, Corte di Cassazione (pres. Rordorf, rel. Mazzacane), SS.UU, sentenza n. 775 del 16 gennaio 2014, Corte di Cassazione (pres. Roselli, rel. Mazzacane), SS.UU, sentenza n. 776 del 16 gennaio 2014, Corte di Cassazione (pres. Roselli, rel. Mazzacane), SS.UU, sentenza n. 777 del 16 gennaio 2014, Corte di Cassazione (pres. Miani Canevari, rel. Mazzacane), SS.UU, sentenza n. 778 del 16 gennaio 2014, Corte di Cassazione (pres. Roselli, rel. Mazzacane), SS.UU, sentenza n. 781 del 16 gennaio 2014, Corte di Cassazione (pres. Rordorf, rel. Mazzacane), SS.UU, sentenza n. 782 del 16 gennaio 2014.
I limiti al sindacato di Legittimità sulle sentenze CNF
Le decisioni del Consiglio Nazionale Forense in materia disciplinare sono impugnabili dinanzi alle Sezioni Unite della S.C, ai sensi dell’art. 56, comma 3, del r.d.l. n. 1578 del 1933, soltanto per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, nonché, ai sensi dell’art. 111 Cost., per vizio di motivazione, con la conseguenza che, salva l’ipotesi di sviamento di potere, in cui il potere disciplinare sia usato per un fine diverso rispetto a quello per il quale è stato conferito, l’accertamento del fatto e l’apprezzamento della sua gravità ai fini della concreta individuazione della condotta costituente illecito disciplinare e della valutazione dell’adeguatezza della sanzione irrogata non può essere oggetto del controllo di legittimità, se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza.
Corte di Cassazione (pres. Schirò, rel. Acierno), SS.UU, sentenza n. 26250 del 18 ottobre 2018
Corte di Cassazione (pres. Schirò, rel. Armano), SS.UU, sentenza n. 20344 del 31 luglio 2018