L’art. 2495 c.c. prevede che dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi.
Occorre tuttavia osservare che la norma non consente la proposizione di una domanda nei confronti dei soci e dei liquidatori, individuandoli indifferentemente quali successori della società estinta.
Come è noto, il legislatore della riforma del diritto societario ha affrontato il tema degli effetti della cancellazione delle società e la giurisprudenza successivamente formatasi ha confermato l’irreversibilità della cancellazione indicando, tramite l’art. 2495 c.c., agli eventuali creditori sociali gli ex-soci quali successivi interlocutori.
Tale disposizione, però, pone una condizione ed un preciso limite quantitativo alle richieste dei creditori sociali, avanzate nei confronti dei soci (anche se correttamente dovrebbe parlarsi di ex soci data l’estinzione della società), dettato dalla riscossione delle somme e dall’entità delle somme da essi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione.
Il socio di una società di capitali, estinta per cancellazione dal registro delle imprese, succede a questa nel processo a norma dell’art. 110 c.p.c. –che prefigura un successore universale ogni qualvolta viene meno una parte – solo se abbia riscosso somme in base al bilancio finale di liquidazione, secondo quanto dispone l’art. 2495, II comma, c.c.: tale norma, infatti, non costituisce soltanto il limite di responsabilità del socio quanto al debito sociale, ma anche la condizione per la di lui successione nel processo già instaurato contro la società, posto che egli non è successore di questa in quanto tale, ma lo diventa nella specifica ipotesi, disciplinata dalla legge, di riscossione della quota.
La prova di tale circostanza è a carico delle parti ed integra la stessa condizione dell’interesse ad agire, che richiede non solo l’accertamento di una situazione giuridica, ma anche la prospettazione della possibilità di ottenere un risultato utile, non essendo il processo utilizzabile in previsione di esigenze soltanto astratte.
Concludendo, l’art. 2495 c.c., prevede che i crediti verso la società cancellata diventano esercitabili dapprima nei confronti dei soci, nei limiti delle somme riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e poi, in caso di mancato pagamento per loro colpa, nei confronti dei liquidatori, stabilendo, quindi, ulteriori e distinti fatti costitutivi.
Ne deriva che all’accertamento giudiziale del credito verso la società anche con forza di giudicato, pur opponibile ai soci ed ai liquidatori, non consente al creditore di far valere il titolo esecutivo ottenuto, direttamente nei loro confronti, attesa la necessità di agire in giudizio contro gli uni e, gradatamente, contro gli altri per l’accertamento dei rispettivi presupposti.