Canone concordato – canone oltre soglia e ripetizione dell’indebito

CANONE OLTRE SOGLIA NEI CONTRATTI “A CANONE CONCORDATO” (ART. 3, COMMA 2, L. 431/98) – TUTELE E RIMEDI PER IL CONDUTTORE.

Un tema di interesse, in materia di contratti di locazione c.d. “a canone concordato”, si ha nell’ipotesi in cui le parti abbiano pattuito un canone di locazione per un importo superiore alle soglie massime previste dagli accordi territoriali di riferimento.

Ci si chiede, in tali casi, quali siano le tutele previste dalla Legge e, soprattutto, quali siano i rimedi effettivamente a disposizione del conduttore per far fronte a tale irregolarità contrattuale.

Anzitutto, occorre ricordare che ai sensi dell’art 13, comma 1, della L. 431/98 (c.d. “Legge sulle locazioni abitative”): “è nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato”.

Inoltre, ai sensi del comma 4: “per i contratti di cui al comma 3 dell’articolo 2 è nulla ogni pattuizione volta ad attribuire al locatore un canone superiore a quello massimo definito dagli accordi conclusi in sede locale per immobili aventi le medesime caratteristiche e appartenenti alle medesime tipologie. Per i contratti stipulati in base al comma 1 dell’articolo 2, è nulla, ove in contrasto con le disposizioni della presente Legge, qualsiasi pattuizione diretta ad attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito”.

Tale tipologia contrattuale, come noto, presenta caratteristiche differenti rispetto a quella definita “ordinaria o a canone libero”, considerato che il proprietario dell’immobile non potrà determinare liberamente l’importo a titolo di canone di locazione, ma dovrà fissarlo, in accordo con il conduttore, entro le soglie stabilite dall’accordo territoriale di riferimento.

Infatti, il suddetto contratto è caratterizzato da una contrazione dell’autonomia negoziale delle parti, sia in relazione alle modalità di determinazione del canone, sia in relazione al testo del contratto di locazione, essendo, quest’ultimo, un allegato di un Decreto Ministeriale – oppure del singolo accordo territoriale -.

Altresì, sarà necessario obbligatoriamente il rilascio di una attestazione di rispondenza da parte di una Associazione, che sia in possesso di specifico riconoscimento da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti quale maggiormente rappresentativa della proprietà immobiliare o dell’inquilinato, e firmataria dell’accordo territoriale di riferimento.

Tuttavia, al di là del limite imposto relativo alla misura del canone di locazione, il proprietario avrà la facoltà di usufruire di alcuni benefici sia in termini di durata del contratto, (deroga rispetto alla durata prevista nei contratti di tipo ordinario – minimo anni quattro) sia in termini di agevolazioni fiscali restando, comunque, i due aspetti totalmente separati l’uno con l’altro.

Si comprende quindi che il proprietario di un immobile, optando per un contratto di locazione a canone concordato, potrà beneficiare di una serie di vantaggi che rendono, di fatto, più conveniente il rapporto rispetto ad una soluzione di tipo ordinario.

Infatti, optando per un contratto di tipo “ordinario” ex art. 2, comma 1 della L. 431/98 le parti non sarebbero vincolate al rispetto di una determinata soglia relativa al canone di locazione potendo quindi liberamente determinare l’importo; tuttavia, al contrario, si vedrebbero limitate sia ad una durata contrattuale minima (almeno quattro annualità) sia all’impossibilità di accedere ai benefici fiscali propri di un contratto a canone concordato.

Per tale ordine di ragioni, la Legge impone il rispetto di una determinata soglia massima, calcolata sui parametri stabiliti negli accordi territoriali (tale calcolo viene effettuato nella c.d. scheda di determinazione del canone) che le parti sono tenute a rispettare, qualora optino per il contratto a canone concordato, pena la nullità della clausola contenente una pattuizione, relativa ai canoni di locazione, in spregio rispetto ai parametri imposti ex lege.

I criteri principe di tale calcolo sono i c.d. mq convenzionali, le caratteristiche dell’immobile, i valori della zona dove è sita l’unità immobiliare locata e, infine, i c.d. bonus/malus.

Alla luce di quanto osservato, nell’ipotesi nella quale l’importo richiesto a titolo di canone di locazione, in un contratto “a canone concordato”, sia superiore alla soglia massima stabilita dagli accordi territoriali, la norma prevede la possibilità per il conduttore, previo espletamento della mediazione ai sensi del D.Lgs. 28/2010 prevista quale condizione di procedibilità, di percorrere due strade:

  1. richiedere la restituzione delle somme indebitamente versate (c.d. restituzione) attraverso l’esperimento in giudizio di una azione ex art. 2033 c.c. (c.d. ripetizione dell’indebito);
  2. richiedere, sempre con azione proponibile dinanzi all’autorità giudiziaria, che la locazione venga ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto dal comma 1 dell’art. 2 ovvero del comma 3 dell’art. 2 (c.d. conformazione).

In entrambi i casi, nel corso del giudizio, l’assenza di una causa giustificativa del pagamento in eccesso risulterà provata dal mancato rispetto dei requisiti richiesti dall’art. 2, comma 3, L. 431/98, relativamente al mancato rispetto dei limiti di valore del canone imposti dalla normativa di riferimento richiamata e dagli accordi territoriali a cui consegue indebito arricchimento del locatore.

La differenza tra i due rimedi risiede sostanzialmente nell’interesse del conduttore a voler o poter proseguire o meno il rapporto di locazione; in caso di avvenuta restituzione dell’immobile è possibile che vi sia solo un interesse al recupero delle somme indebitamente versate mentre in caso di riconduzione potrà configurarsi chiaramente un interesse a proseguire il rapporto di locazione a condizioni ossequiose della normativa di riferimento.

Infine, deve ricordarsi che, nella sola ipotesi di c.d. restituzione, il conduttore, ai sensi dell’art. 13, comma 2 della L. 431/98, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell’immobile locato, può chiedere la restituzione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato.

La Legge, dunque, offre una tutela effettiva al conduttore in caso di applicazione di un canone “fuori soglia” nei contratti a canone concordato onerando, tuttavia, quest’ultimo ad esercitare nei confronti del locatore il relativo diritto alla restituzione delle somme versate in eccedenza, rispetto ai valori determinati nella scheda di determinazione del canone, entro il termine di sei mesi dalla riconsegna dell’unità immobiliare locata; in tale ottica il conduttore è tenuto a prestare particolare attenzione ai termini imposti dalla normativa di riferimento al fine di non vedersi preclusa la possibilità di recuperare le somme indebitamente versate.

Francesco Petitti

Federico Bocchini

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