La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 12395 del 2024, è intervenuta in maniera impattante sulla possibilità di optare per l’imposta sostitutiva della cedolare secca nelle locazioni abitative, in caso di conduttore non persona fisica.
La questione trae origine dall’applicazione dell’art. 3 del D. Lgs 23/2011, che è stato fino ad oggi interpretato ed applicato da parte dell’Agenzia delle entrate in modo da non rendere possibile l’opzione cedolare secca in caso di contratto stipulato con conduttore non persona fisica.
Nel ricorso, il contribuente ha prospettato in relazione all’art. 360 c. 1 c.p.c. la violazione e la falsa applicazione dell’art. 3 c. 6 del suddetto D. Lgs 23/2011, per avere la CTR erroneamente equiparato i conduttori ai locatori, atteso che soltanto quest’ultimi, per poter usufruire del regime della cedolare secca, non devono agire nell’esercizio di un’impresa, arte o professione.
Deduce, altresì, che la formulazione del testo normativo non offre alcun argomento a supporto della interpretazione restrittiva fornita dall’Agenzia delle entrate, trattadosi di limite soggettivo riferibile esclusivamente ai locatori.
Proseguendo, i Giudici di legittimità, evidenziano come la norma attribuisca esclusivamente al locatore la possibilità di optare per il regime tributario della cedeolare secca, non potendo il conduttore incidere su tale scelta.
Dunque, l’esclusione deve essere riferita esclusivamente alle locazioni di unità immobiliari effettuate dal locatore nell’esercizio della sua attività di impresa o della sua arte/professione, restando irrilevante la qualità del conduttore.
La circostanza che il regime tributario in esame avvantaggia anche il conduttore, per il mancato pagamento di imposta di registro e imposta di bollo, oltra lla mancata possibilità di aggiornare il canone, non può giustificare una differente interpretazione dell’art. 3 c. 6 D- Lgs 23/2011.
Accogliendo il ricorso e cassando la sentenza impugnata, i Giudici hanno voluto ricordare come l’Amministrazione finanziaria non ha poteri discrezionali nella determinazione delle imposte, trovandosi di fronte alle norme tributarie essa ed il contribuente su un piano di parità, per cui la cosiddetta interpretazione ministeriale, sia essa contenuta in circolare o risoluzione, non costituisce mai fonte di diritto.
Avv. Federico Bocchini