E’ di questa settimana la notizia della scelta del Governo di non confermare la cedolare secca sulle locazioni commerciali per l’anno 2020. Tale decisione incide molto sui proprietari dei locali commerciali, i quali saranno assoggettati all’Irpef, all’addizionale regionale Irpef, all’addizionale comunale Irpef e all’imposta di registro, per un totale che supererà il 50% del canone di locazione. A tali somme va aggiunto il pagamento dell’IMU e della TASI, che porta ad un indotto di oltre 21 miliardi di euro. L’aliquota ridotta avrebbe favorito la locazione di locali sfitti da tempo e sarebbe servita a portare nuove entrate nelle casse dello Stato, favorendo il contrasto all’evasione, così come dimostrato dal successo della cedolare secca nelle locazioni abitative, la quale ha consentito di ridurre del 50,45 % l’evasione tributaria negli affitti ed indicato nella nota di aggiornamento al DEF. A tal proposito ha espresso quest’oggi la sua preoccupazione anche Armando Vitali, presidente dell’Ascom X Municipio e litorale romano, il quale ha dichiarato che: “a Roma oltre 1.000 attività commerciali rischiano di non aprire il prossimo anno: il mancato rinnovo della misura, anello di congiunzione tra mercato immobiliare e commercio su strada, comporterà un’ulteriore desertificazione delle nostre strade dove ci sono già oltre 10 mila negozi sfitti”. D’accordo con tale dichiarazione anche i rappresentanti di Federpreziosi, Fipe e Confcommercio. David Sermoneta, Presidente di Confcommercio ha dichiarato che “la proroga della cedolare secca sui locali commerciali avrebbe favorito la locazione degli immobili commerciali sfitti, rivitalizzando il tessuto sociale e imprenditoriale della città“.
Rimane la sensazione di aver iniziato un percorso concreto per andare incontro alla tassazione degli immobili, ma di averlo interrotto prima che questo percorso potesse portare degli effetti positivi sul nostro territorio e sulla quotidianità delle locazioni.
Avv. Federico Bocchini