La fiducia in una persona nasce da una valutazione complessiva dei suoi comportamenti.
I social network contribuiscono a diffondere il pensiero delle persone, al di là del contesto lavorativo.
Ci si affida ad un avvocato se è persona stimata, non solo sotto il profilo professionale.
Limitare la libertà di espressione di un professionista, e prima ancora di una persona, è atto gravissimo.
Eppure l’art. 35, comma 9, del codice deontologico forense, entrato in vigore il 15 dicembre 2014, dispone testualmente quanto segue:
“L’avvocato può utilizzare, a fini informativi, esclusivamente i siti web con domini propri senza reindirizzamento, direttamente riconducibili a sé, allo studio legale associato o alla società di avvocati alla quale partecipi, previa comunicazione al Consiglio dell’Ordine di appartenenza della forma e del contenuto del sito stesso“.
Orbene, secondo l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato
le “disposizioni dell’art. 35 del codice deontologico forense, entrato in vigore il 15 dicembre 2014, si pongono in contrasto con i principi e le valutazioni effettuate dall’Autorità nel provvedimento n. 25154 del 22 ottobre 2014; esse, pertanto, costituiscono una violazione di quanto disposto alla lettera c) del deliberato del provvedimento, con il quale l’Autorità diffidava il CNF dal porre in essere in futuro comportamenti analoghi a quello oggetto dell’infrazione accertata“.
Gli argomenti forniti dall’Autorià sono decisamente più tecnici delle riflessioni svolte più sopra, ma arrivano alla stessa conclusione.
Allgati: Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – Delibera n. 25466 del 15/6/2015
Vedi anche: Multa antitrust al Consiglio Nazionale Forense per aver ristretto concorrenza sui compensi