È stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale, il 29 aprile scorso, la Legge 24 aprile 2020, n. 27 che ha convertito il D.L. “Cura Italia”.
Tra le numerose modifiche apportate al D.L., spiccano quelle recepite nell’art. 88 bis, rubricato “Rimborso di titoli di viaggio, di soggiorno e di pacchetti turistici”. Tale norma chiarisce – almeno per il momento – alcuni aspetti in merito al funzionamento dei voucher turistici da emettere per il rimborso delle somme corrisposte per l’acquisto di titoli di viaggio o per il pagamento di soggiorni alberghieri cui gli acquirenti sono costretti a rinunciare a causa delle restrizioni imposte per il contenimento dell’epidemia del Covid-19.
I dubbi interpretativi in commento nascono dalla lettura dell’art. 28 del DL 2 marzo, n. 9, che ha introdotto lo strumento dei voucher per i rimborsi da annullamenti dovuti all’emergenza sanitaria Covid-19.
Tale disposizione, che ha il merito di chiarire, al comma 1, che la crisi sanitaria in corso rappresenta una circostanza che legittima la risoluzione del contratto di viaggio o di soggiorno da parte del consumatore per impossibilità sopravvenuta della prestazione, ai sensi dell’art. 1463 c.c., impone al vettore o all’albergatore di procedere “al rimborso del corrispettivo versato per il titolo di viaggio ovvero all’emissione di un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall’emissione” (comma 3).
Quello che la norma non chiarisce è se il vettore/albergatore abbia la facoltà di scegliere quale strumento di ristoro attivare (come una interpretazione letterale del testo sembra indicare) o se tale scelta spetti al consumatore/acquirente.
Tale impasse interpretativa è stata superata dall’art. 88 bis della legge di conversione del “Cura Italia”, la quale, nel confermare l’esistenza del doppio binario di tutela in favore del consumatore/acquirente (voucher o rimborso degli importi corrisposti), chiarisce, al comma 12, che “L’emissione dei voucher previsti dal presente articolo assolve i correlativi obblighi di rimborso e non richiede alcuna forma di accettazione da parte del destinatario.”.
Nessuna possibilità da parte del consumatore, quindi, di potere scegliere quale strumento attivare, con la conseguenza che gli operatori del settore, del tutto verosimilmente, risponderanno alle numerose richieste di indennizzo optando per l’emissione di voucher da utilizzare secondo le modalità previste dal medesimo articolo 88 bis.
Le ragioni del legislatore sono facilmente intuibili ed anche parzialmente condivisibili: evitare al comparto turistico di subire un ulteriore durissimo colpo, probabilmente letale per molte realtà, che l’integrale rimborso degli importi ai consumatori avrebbe comportato.
D’altro canto, non pare si siano tenute in debito conto l’esigenze dei consumatori i quali, da par loro, avrebbero certamente necessità di potere rientrare nella disponibilità di importi che oggi darebbero ossigeno a molte economie domestiche in preda ad una pericolosa asfissia.
Il legislatore, peraltro, sembra non avere compreso il potenziale pericolo – in termini di contenzioso – che l’emanazione di un provvedimento in aperto contrasto con la normativa europea potrebbe comportare.
Il Dlgs 79/2011 (Codice del turismo), che ha recepito la direttiva 2008/122/CE e a cui lo stesso DL 9/2020 fa riferimento all’articolo 41, stabilisce che in caso di impossibilità a effettuare il viaggio a causa di emergenze sanitarie il consumatore ha diritto al rimborso degli importi corrisposti senza penalità.
Pertanto, visto il principio di preferenza della legge comunitaria rispetto a quella nazionale, non è esclusa l’apertura di un rilevante contenzioso, da parte dei consumatori/acquirenti, per ottenere la disapplicazione della norma italiana, dettata dal legislatore di emergenza, in favore di quella comunitaria.
Avv. Andrea Volonnino