L’intimante non può proporre in sede di memoria integrativa domande nuove (cfr. sentenze Trib. Roma sez. 6 n. 5706/2018; n. 10858/2018 e n. 23577/2017 e Cass. Sent. n. 8411/2003 salvo quelle scaturite dalle difese proposte dall’intimato o la c.d. reconventio reconventionis (Cass. Sent. n. 12247/13).
Va precisato che la domanda nuova ricorre, secondo la interpretazione pacifica della Suprema Corte (Cass. 11960/2010), quando gli elementi dedotti nel corso del giudizio comportano il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato e, quindi, della causa petendi modificando, attraverso l’introduzione di una pretesa, diversa, per la sua intrinseca essenza , da quella fatta valere con l’atto introduttivo (intimazione di sfratto per morosità) l’oggetto sostanziale dell’azione e i termini della controversia, oppure introducendo una causa petendi fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima e, particolarmente, su di un fatto costitutivo radicalmente differente, di modo che si ponga al giudice un nuovo tema d’indagine e si spostino i termini della controversia, con l’effetto di disorientare la difesa della controparte ed alterare il regolare svolgimento del processo.
E’ ammissibile, invece, la c.d. emendatio libelli, quando ad esempio si incida sul petitum, nel senso di ampliarlo o limitarlo per renderlo più idoneo al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta valere (Cass. 28.3.2007 n. 7579) come (Cass. N. 14961/2006) la domanda di pagamento dei canoni e degli oneri accessori maturati in corso di causa, , risolvendosi essa in un mero ampliamento della istanza originaria che, mantenendo inalterati i termini della contestazione, incide solo sul “petitum” mediato, relativo all’entità del bene da attribuire, e determina, quindi, soltanto una modifica, piuttosto che il mutamento dell’originaria domanda.
Avv. Federico Bocchini