Figli maggiorenni ed autosufficienza economica [1]
Il concetto di autosufficienza economia ed indipendenza dei figli è un concetto da tempo slegato dal dato anagrafico (18 anni), esso attiene alla capacità concreta – talune volte anche astratta – di mantenersi autonomamente, in modo stabile ed effettivo. Le ambizioni e i desideri dei figli in ordine al loro futuro in molte pronunce, allo scopo di stimolare tale autosufficienza, sono stati definiti persino velleitari. Oltre al rapporto di coniugio e dei genitori coi figli, la giurisprudenza recente[2] si è sempre più occupata della questione del mantenimento dei figli maggiorenni, attribuendogli una funzione educativa e come tale circoscrivendolo in termini di contenuto e durata, avendo riguardo al tempo occorrenteemediamente necessario per inserirli nella società, di generare rispetto verso i genitori, non chiedendo loro solo sacrifici sostitutivi di quelli propri.[3]
Ridimensionando la ricerca della occupazione si è però sottolineata la necessità di una formazione seria e professionalizzante, moderna ed adeguata, che può portare ad un reddito congruo e ad un tenore di vita degno da situazioni di assistenzialismo ma ragionevoli ed orientate a quella indipendenza di cui si parla.
Con questo orientamento assistiamo anche ad una inversione dell’onere della prova sul beneficiario[4] in luogo del genitore in precedenza gravato. Al figlio spetta quindi dimostrare il diritto al prolungamento del mantenimento o all’ulteriore mantenimento- spesso per ragioni di studio, così spostando il focus sulla capacità dei figli e non dei genitori di potersi rendere autonomi, sposarsi, creare una famiglia, avere la loro privacy, in altre parole di dimostrare di non essere ancora autoresponsabili.
Al giudice spetterà quindi la difficile valutazione sulla revisione della esistenza e/o persistenza del diritto al mantenimento, la scansione dei tempi, il controllo sulla gestione dell’eventuale vuoto economico tra periodi formativi, la questione delle spese straordinarie, del genitore collocatario. Potrebbero infatti verificarsi situazioni familiari di discriminazione e pregiudizio nel processo di autonomia ed emancipazione dei figli a seconda del conflitto familiare, delle divergenze di visioni tra genitori separati (o uniti, ma che si rivolgono all’autorità giudiziaria). Invero la lettura di questa ordinanza e la recente evoluzione sembrano auspicare ad una riduzione del contenzioso residuando solo quelle situazioni derivanti da contesti sociali ed economici dove il mercato del lavoro[5] e gli investimenti dei genitori sono significativi o del tutto carenti.
[1] Cass. Ordinanza 14 agosto 2020, n. 17183.
[2] Più risalenti si vedano sull’affido condiviso Cass. 2008/23411 e 2009/16593.
[3] Cass. 2014/18076 e 2016/12952.
[4] Contra vedi Cass. 2018/5088.
[5] Cass. 2011/1830.