In materia di locazione di immobili adibiti ad uso abitativo, il Legislatore, con la legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), si è orientato verso un graduale ritorno alla libertà di contrattazione, aprendo in tal modo nuovi spazi all’autonomia privata. Secondo le prescrizioni dettate dall’art. 2 della predetta legge, le parti hanno facoltà di scegliere tra due diversi tipi contrattuali: nel primo, cd. “contratto libero”, la determinazione della misura del canone è rimessa ai contraenti, rimanendo stabilita dalla legge solo la durata minima della locazione (quattro anni); nel secondo, cd. “contratto concordato”, la durata minima fissata dalla legge è più breve (tre anni o superiore) e la misura del canone deve essere convenuta in conformità a quanto stabilito in appositi accordi definiti in sede locale tra organizzazioni della proprietà edilizia e organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative. Nel caso del comune di Roma, l’ultimo accordo è entrato in vigore in data 11 marzo 2019.
Per quanto riguarda invece la locazione degli immobili adibiti ad uso diverso dall’abitazione, la legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani) – la quale, prima della riforma operata nel ’98, conteneva la disciplina organica di tutta la materia delle locazioni di immobili urbani – fissa (art. 27) per i contratti di locazione aventi ad oggetto immobili adibiti ad attività industriali, commerciali o artigianali, di interesse turistico o destinati all’esercizio abituale e professionale di qualsiasi attività di lavoro autonomo una durata legale minima di sei anni. Tale durata è prevista almeno in nove anni per i contratti di locazione aventi ad oggetto immobili adibiti ad attività alberghiere o all’esercizio di attività teatrali.
Dentro tale cornice normativa si inserisce il diritto potestativo di diniego di rinnovo esercitabile dal locatore alla prima scadenza del contratto. Infatti, nonostante i richiamati testi normativi speciali prevedano entrambi la possibilità di rinnovazione del contratto stipulato alla scadenza del periodo di durata prefissato ex lege nei termini indicati, tale rinnovazione può aver luogo in quanto il locatore non abbia esercitato la potestà di diniego alla prima scadenza contrattuale. L’esercizio di tale potere non è tuttavia libero ed incondizionato, restando subordinato alla sussistenza di uno dei motivi specificamente e tassativamente elencati dal legislatore negli articoli 29 della legge n. 392/1978 e 3 della legge 431/1998.
Quanto al procedimento, l’ art. 30 della legge n. 392/1978 descrive dettagliatamente una procedura speciale diretta a permettere al locatore di riottenere la disponibilità dell’immobile locato, qualora lo stesso neghi il rinnovo del contratto di locazione alla prima scadenza. Si tratta di un procedimento applicabile nelle ipotesi previste dall’art. 29 della medesima legge per gli immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione e dall’art. 3 della legge n. 431/1998 per gli immobili adibiti ad uso abitativo. Inoltre, il medesimo procedimento trova applicazione nei casi di recesso previsti dalla disciplina transitoria di cui agli artt. 59, 67 e 71 della legge n. 392/1978; è altresì rimasto in vigore per i contratti in corso alla data del 30 dicembre 1998 se disdettati alla prima scadenza successiva, sub specie di patti in deroga, la cui disciplina è stata poi abrogata dalla legge n. 431/98.
Definito l’ambito applicativo della procedura per il rilascio dell’immobile a seguito di diniego di rinnovo esercitato dal locatore alla prima scadenza, esaminiamone brevemente le fasi salienti. In via preliminare, il locatore, a pena di decadenza, deve dichiarare la propria volontà di conseguire, alla scadenza del contratto, la disponibilità dell’immobile: tale dichiarazione deve essere effettuata a mezzo di lettera raccomandata, almeno dodici o diciotto mesi prima della scadenza, rispettivamente per gli immobili ad uso commerciale/produttivo e per quelli ad uso alberghiero (art. 29 della legge n. 392/1978), nonché almeno sei mesi prima della scadenza con riferimento alle locazioni di immobili adibiti ad uso abitativo (art. 3 della legge n. 431/1998). Nella comunicazione inviata al conduttore deve essere specificamente indicato, a pena di nullità, il motivo sul quale la disdetta è fondata: deve trattarsi di uno dei motivi tassativamente previsti dalla legge e specificati negli artt. 29 della legge n. 392/1978 e 3 della legge n. 431/1998. In caso di mancata osservanza di una delle prescrizioni indicate, il contratto si intende rinnovato alle medesime condizioni.
La comunicazione contenente il motivo specifico posto alla base dell’esercizio del diritto potestativo di diniego di rinnovo è chiamata disdetta motivata e costituisce la condizione fondamentale che legittima il locatore a convenire in giudizio il conduttore anche prima della data per la quale è richiesta la disponibilità dell’immobile, attivando in tal modo la procedura per il rilascio di cui all’art. 30 della legge n. 392/1978, diretta a verificare e controllare la serietà della disdetta motivata, dell’intenzione adibitoria, nonché la validità del ricorso introduttivo del giudizio. La competenza a conoscere il procedimento di rilascio ex art. 30 della legge n. 392/1978 è attribuita in capo al Giudice del luogo ove si trova l’immobile locato, il quale decide emettendo ordinanza di rilascio, analogamente a quanto avviene per la procedura di convalida di sfratto.