I limiti deontologici alla pubblicità professionale (dopo il c.d. Decreto Bersani).
I principi in tema di pubblicità di cui alla legge 248/2006 (c.d. Decreto Bersani), pur consentendo al professionista di fornire specifiche informazioni sull’attività e i servizi professionali offerti, non legittimano tuttavia una pubblicità indiscriminata avulsa dai dettami deontologici, giacché la peculiarità e la specificità della professione forense, in virtù della sua funzione sociale, impongono, conformemente alla normativa comunitaria e alla costante sua interpretazione da parte della Corte di Giustizia, le limitazioni connesse alla dignità ed al decoro della professione, la cui verifica è dall’Ordinamento affidata al potere – dovere dell’ordine professionale.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Savi), sentenza del 18 dicembre 2017, n. 208, Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Logrieco), sentenza del 24 novembre 2016, n. 349
NOTA: In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Marullo di Condojanni), sentenza del 8 aprile 2016, n. 55, Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Siotto), sentenza del 7 marzo 2016, n. 29, Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Pasqualin), sentenza del 11 novembre 2015, n. 163, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Salazar, rel. Sica), sentenza del 23 luglio 2015, n. 118, Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Damascelli), sentenza del 11 marzo 2015, n. 26, Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Salazar, Rel. Sica), sentenza del 13 marzo 2013, n. 37 Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Vermiglio, Rel. Tacchini), sentenza del 28 dicembre 2012, n. 204.
La “pubblicità” professionale non deve essere comparativa né autocelebrativa.
L’informazione sull’attività professionale, ai sensi degli artt. 17 e 35 ncdf (già artt. 17 e 17 bis cod. prev.), deve essere rispettosa della dignità e del decoro professionale e quindi di tipo semplicemente conoscitivo, potendo il professionista provvedere alla sola indicazione delle attività prevalenti o del proprio curriculum, ma non deve essere mai né comparativa né autocelebrativa (Nel caso di specie, il professionista aveva garantito il “pieno successo” degli incarichi affidatigli, peraltro anche in materie di cui non aveva alcuna competenza professionale).
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Iacona), sentenza del 9 marzo 2017, n. 8
L’informazione sull’attività professionale, ai sensi degli artt. 17 e 35 ncdf (già 17 e 17 bis cod. deont. previgente) deve essere rispettosa della dignità e del decoro professionale e quindi di tipo semplicemente conoscitivo, potendo il professionista provvedere alla sola indicazione delle attività prevalenti o del proprio curriculum, ma non deve essere mai né comparativa, né autocelebrativa (Nel caso di specie, in una pagina del proprio sito web, il professionista si definiva “specialista assoluto”, enfatizzando altresì le proprie doti professionali, implicitamente negate alla parte restante della categoria professionale).
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Picchioni), sentenza del 29 aprile 2017, n. 49
NOTA: In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Pasqualin), sentenza del 11 novembre 2015, n. 163, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Salazar, rel. Sica), sentenza del 19 dicembre 2014, n. 194, Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Vermiglio, Rel. Pasqualin), sentenza del 15 ottobre 2012, n. 152.
L’informazione sull’attività professionale, ai sensi degli artt. 17 e 35 codice deontologico (già artt. 17 e 17 bis codice previgente), deve essere rispettosa della dignità e del decoro professionale e quindi di tipo semplicemente conoscitivo, potendo il professionista provvedere alla sola indicazione delle attività prevalenti o del proprio curriculum, ma non deve essere mai né comparativa, né autocelebrativa (Nel caso di specie, il professionista pubblicava nel proprio sito internet un annuncio nel quale prometteva prestazioni professionali “senza anticipi, senza spese, senza rischi” e di definizione “entro 240 giorni invece di attendere i soliti 4-5-6 anni!”, normalmente occorrenti agli altri avvocati…).
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Vannucci), sentenza n. 23 del 23 aprile 2019
La Cassazione conferma la giurisprudenza del CNF: vietato “pubblicizzare” i nomi dei clienti dello studio.
In considerazione della forte valenza pubblicistica dell’attività forense, il rapporto tra cliente e avvocato non è soltanto un rapporto privato di carattere libero-professionale e non può perciò essere ricondotto puramente e semplicemente ad una logica di mercato, sicché anche a seguito del c.d. Decreto Bersani (D.L. n. 223/2006, convertito con L. n. 248/2006) che ha abrogato le disposizioni che non consentivano la pubblicità informativa relativamente alle attività professionali, permane il divieto, nelle informazioni al pubblico, di indicare il nominativo dei propri clienti o parti assistite, ancorché questi vi consentano (Nella specie, il professionista aveva pubblicato sul proprio sito web l’elenco dei principali clienti assistiti in via continuativa o per questioni particolari. In applicazione del principio di cui in massima, la Corte ha rigettato il ricorso avverso Consiglio Nazionale Forense – pres. f.f. Picchioni, rel. Marullo di Condojanni, sentenza dell’8 aprile 2016, n. 55).
Corte di Cassazione (pres. Amoroso, rel. Di Iasi), SS.UU, sentenza n. 9861 del 19 aprile 2017
Informazione professionale: illecito millantare una rete di collaboratori (ignari).
Integra violazione dell’art. 35 cdf il comportamento dell’avvocato che, nell’informazione sulla propria attività professionale, dichiari di avvalersi dell’ausilio di prestigiosi Colleghi, all’insaputa degli stessi (Nel caso di specie, gli asseriti collaboratori erano “altamente specializzati nei vari rami del diritto e domiciliati nell’intero arco del territorio italiano”).
Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Logrieco), sentenza del 24 novembre 2016, n. 349
Pubblicità informativa: vietato offrire prestazioni professionali verso compensi infimi o a forfait.
Pur a seguito dell’entrata in vigore della normativa nota come “Bersani”, la pubblicità informativa dell’avvocato deve essere svolta con modalità che non siano lesive della dignità e del decoro, sicché è da ritenersi deontologicamente vietata una pubblicità indiscriminata (ed in particolare quella comparativa ed elogiativa) così come una proposta commerciale che offra servizi professionali a costi molto bassi ovvero determinati forfettariamente senza alcuna proporzione all’attività svolta, a prescindere dalla corrispondenza o meno alle indicazioni tariffarie. Infatti, la peculiarità e la specificità della professione forense, in virtù della sua funzione sociale, impongono, conformemente alla normativa comunitaria e alla costante sua interpretazione da parte della Corte di Giustizia, le predette limitazioni connesse alla dignità ed al decoro della professione, la cui verifica è dall’ordinamento affidata al potere-dovere del giudice disciplinare (Nel caso di specie trattavasi di box pubblicitario in un quotidiano, con evidenza riservata in via pressoché esclusiva e palesemente suggestiva al costo della prestazione offerta, consistente in due pareri all’anno, per tre anni, verso un corrispettivo, invariabile e modesto, prefissato a forfait).
Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Logrieco), sentenza del 24 novembre 2016, n. 349
NOTA: In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Ferina), sentenza del 24 settembre 2015, n. 142, Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Damascelli), sentenza del 11 marzo 2015, n. 26, Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Salazar, Rel. Sica), sentenza del 13 marzo 2013, n. 37 Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Vermiglio, Rel. Tacchini), sentenza del 28 dicembre 2012, n. 204.
Processi e mass-media: illecito offrire assistenza legale gratuita in cambio di notorietà “da rimbalzo”.
Integra illecito disciplinare il comportamento dell’avvocato che, al fine di ricavarne una possibile notorietà, offra assistenza legale gratuita alle parti di un fatto di cronaca di grande clamore mediatico (Nel caso di specie, il professionista aveva scritto ai familiari delle vittime di un crimine molto noto ai mass-media, proponendosi come legale per la costituzione di parte civile, che -in caso di effettivo conferimento dell’incarico professionale- sarebbe stata totalmente gratuita. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della censura).
Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Marullo di Condojanni), sentenza del 30 dicembre 2016, n. 390
Informazione professionale: vietato recapitare brochure pubblicitarie al domicilio dei destinatari potenziali clienti.
La pubblicità informativa deve essere svolta con modalità che non siano lesive della dignità e del decoro propri di ogni pubblica manifestazione dell’avvocato ed in particolare di quelle manifestazioni dirette alla clientela reale o potenziale (Nel caso di specie, il professionista aveva pubblicizzato il proprio studio con offerta di prestazioni professionali, mediante volantini distribuiti in un condominio composto da circa cento unità).
Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Marullo di Condojanni), sentenza del 1° dicembre 2017, n. 203
L’offerta di assistenza legale: limiti deontologici.
Integra illecito disciplinare -perché assolutamente contrario ai doveri di correttezza e decoro- il comportamento dell’avvocato che, con il falso pretesto delle condoglianze, invii i propri recapiti di studio ai familiari della vittima di un incidente stradale, millantando una amicizia in realtà inesistente al solo fine di ricavarne un possibile incarico professionale (Nel caso di specie, pochi giorni dopo un omicidio stradale provocato da un automobilista in stato di ebbrezza alcolica, il professionista inviava un telegramma alla famiglia della vittima, nel quale manifestava cordoglio per la morte “dell’amico” ed offriva la propria assistenza legale. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della censura).
Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Logrieco), sentenza del 23 settembre 2017, n. 130