Sulla gestione del credito mediante strumenti finanziari derivati
Cass., Sez. Un., 1 febbraio 2021, n.2157 (all. 1)
La Corte, ferma restando l’insindacabilità giurisdizionale delle scelte di gestione del debito pubblico, da parte degli organi governativi a ciò preposti, mediante ricorso a contratti in strumenti finanziari derivati, ha ritenuto rientrare, al contrario, nella giurisdizione contabile, in quanto attinente al vaglio dei parametri di legittimità e non di mera opportunità o convenienza dell’agire amministrativo, l’azione di responsabilità per danno erariale con la quale si faccia valere quale petitum sostanziale, la mala gestio alla quale i dirigenti del Ministero del Tesoro avrebbero dato corso, in concreto, nell’adozione di determinate modalità operative e nella pattuizione di specifiche condizioni relative a particolari contratti in tali strumenti, ribadendo spettare al Giudice contabile il vaglio di osservanza dei criteri di economicità ed efficacia, collocandosi essi all’interno della giurisdizione contabile, in quanto non diretti ad esprimere un sindacato del merito delle scelte discrezionali dell’amministrazione. In conclusione le Sezioni Unite hanno ribadito che occorre distinguere “la scelta di merito che non è sindacabile, dall’esercizio del potere discrezionale che è sempre sindacabile”.
Il termine per l’insinuazione al passivo dei crediti sorti nel corso della procedura
Cass., 2 febbraio 2021, n.2308 (all. n. 2)
La Corte nel pronunciare sulla insinuazione al passivo dei crediti sorti nel corso della procedura fallimentare ha affermato: i) non essere soggetto al termine di decadenza previsto dall’art.101 l.f., comma primo e quarto, richiamando a tal fine i precedenti in termini (Cass., 28799/2019; Cass., 18544/2019; Casss., 13461/2019; Cass., 1391/2019); ii) non essere possibile ritenere che i crediti sorti in pendenza del fallimento rimangano privi di adeguato spazio temporale per la presentazione dell’insinuazione, non potendo costituire rimedio adeguato l’opinione secondo cui “costituendo il carattere sopravvenuto del credito stesso ragione di non imputabilità del ritardo dell’insinuazione, ragione sufficiente per ritenere essa comunque ammissibile ai sensi dell’art.101 l.f., ultimo comma” (Cass., 16218/2015); iii) dover incontrare tuttavia l’insinuazione tardiva un limite temporale da individuarsi – in coerenza ed armonia con l’intero sistema attualmente in essere e sulla scorta dei principi costituzionali di parità di trattamento di cui all’art.3 Cost., e del diritto di azione di cui all’art.24 Cost. – nel termine di un anno decorrente “dal momento in cui si verificano le condizioni di partecipazione al passivo fallimentare ovvero dalla maturazione del credito” (Cass., 3872/2020; Cass., 18544/2019).
Sulla liquidazione delle spese procesuali
Cass., 7 gennaio 2021, n. 89 (all. n. 3)
In tema di liquidazione delle spese processuali successiva al d.m. n.55 del 2014 non trova fondamento normativo un vincolo alla determinazione secondo i valori medi ivi indicati, dovendo il Giudice solo quantificare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, a loro derogabili con apposita motivazione, la quale è doverosa allorquando si decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi perché siano controllabili le ragioni che hanno giustificato lo scostamento e la misura di questo.
La prededuzione nel concordato
Cass., 15 gennaio 2021, n.639 (all. n. 4)
L’art.111, comma secondo, l.f. nello stabilire che sono considerati prededucibili i crediti sorti “in funzione” di una procedura concorsuale, presuppone che una tale procedura sia stata aperta e non già la semplice presentazione di una domanda di concordato, che dà luogo unicamente ad un procedimento di verifica, volto al mero accertamento dell’ammissibilità della proposta. Il credito del professionista che abbia svolto l’attività di assistenza e consulenza ai fini della presentazione della domanda di concordato preventivo, dichiarata inammissibile o rinunciata, non è pertanto prededucibile nel fallimento, ancorchè la sentenza dichiarativa si fondi sulla medesima situazione di insolvenza rappresentata nella domanda.
Il tenore testuale dell’art.111, secondo comma, l.f., secondo cui “sono considerati crediti prededucibili…quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge” lascia ritenere che la natura prededucibile può essere riconosciuta solo nel caso di apertura della procedura, cui esso risulti collegato da un nesso cronologico o teologico, e deve ritenersi esclusa la possibilità di ampliare la nozione di “funzionalità” sino al punto di comprendervi qualsivoglia attività resa nel mero tentativo, poi risultato infruttuoso, di accedere ad una procedura poi rinunciata o dichiarata inammissibile.
In senso contrario
Cass., 28 gennaio 2021, n.1961 (all. n. 5)
Il riconoscimento della prededuzione costituisce un effetto automatico, ex art.161, comma sette, l.f, conseguente al fatto che il credito deriva da atti legalmente compiuti dall’imprenditore in pendenza del termine concesso per la predisposizione del piano, della proposta e dei relativi documenti, in quanto è proprio la legge che impone all’imprenditore di corredare la sua domanda concordataria anche con l’attestazione prevista dall’art.161, comma terzo l.f..
Non osta pertanto al riconoscimento della prededuzione il fatto che la procedura concordataria sia stata definita con un decreto di inammissibilità, pronunciato ai sensi dell’art.162, comma secondo, l.f., qualora il credito sia stato maturato, pendente il termine assegnato dal tribunale, a mente dell’art.161, comma sesto, l.f., per essere stato incaricato il professionista di redigere l’attestazione al fine della presentazione della domanda.
Fallimento ed espropriazione forzata presso terzi
Cass., 12 gennaio 2021, n. 272 (all. n. 6)
In tema di espropriazione forzata di crediti presso terzi, ove sopravvenga il fallimento del debitore pignorato – pur determinando l’art. 51 l.f., la improseguibilità del processo esecutivo sospeso – non consegue, tuttavia, l’improcedibilità del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo. Deve difatti escludersi, dopo la riforma introdotta dalla legge 24 dicembre 2012, n. 228, la possibilità di dare, ulteriore impulso all’accertamento endoesecutivo compiuto dallo stesso giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 549 cod. proc. civ., come modificato dall’art. 1, comma venti, n. 3, della legge n. 228/2012 e successivamente riformulato dall’art. 13, comma primo, lettera m) ter del decreto legge n. 83/2015, convertito con modificazioni nella legge 132 del 2015, ciò in quanto – come affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 10 luglio 2019, n. 172 – l’ordinanza emessa produce effetti ai soli fini del procedimento in corso e della esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione, ma non dà luogo alla formazione di un giudicato sull’an o sul quantum del debito del terzo nei confronti dell’esecutato.
Conformi: Cass., 12 febbraio 2019, n. 3987; Cass., 28 settembre 2018, n. 23631