Sull’annosa questione dei compensi per l’attività professionale degli avvocati, anche la Cassazione premia la tenacia del COA Roma, accogliendo la tesi sostenuta da tempo secondo cui è consentito seguire la via del procedimento monitorio per veder riconosciuto il proprio diritto, anziché quella lunga e onerosa del giudizio ordinario o del rito sommario di cognizione.
Merito della proficua e costante interlocuzione con gli uffici giudiziari e, in particolare, con il Procuratore Generale dott. Giovanni Salvi, ex Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Roma, che ha consentito di raggiungere una soluzione definitiva.
La Procura Generale presso la Cassazione si è fatta portavoce infatti dell’Istanza formulata dal Presidente Galletti per il COA Roma, chiedendo alle Sezioni Unite di enunciare il principio di diritto in forza del quale è stata riconosciuta all’Avvocato la tutela del proprio credito tramite decreto ingiuntivo per le parcelle accompagnate dal parere di congruità dell’Ordine.
Una strada anche tecnicamente coraggiosa, quella che già nel novembre del 2019 aveva spinto il Presidente del COA Antonino Galletti a rivolgersi alla Procura Generale, fondata sull’esperibilità del procedimento di cui all’art. 363 cpc (Principio di diritto nell’interesse della legge”) e solidamente argomentata da un punto di vista della dottrina dai pareri di insigni giuristi (quali i professori Vaccarella e Briguglio) già raccolti dal Consiglio a sostegno delle proprie ragioni.
Così il percorso seguito dal COA (v. punto 1.1. e 1.2. della sentenza n. 19427/21) ha convinto da ultimo anche la Suprema Corte.
“Una sentenza, questa, che ci rende orgogliosi – commenta il Presidente Galletti – perché vede il COA, anziché lasciarsi andare ad inutili e sterili proclami o lagnanze, indicare una strada giuridicamente corretta ed ottenere in pochi mesi un risultato concreto del quale beneficerà non soltanto la famiglia forense romana, ma l’intera avvocatura italiana”.