Il Tar di Napoli, Sezione IV, con sentenza n. 774/2015 ha ribadito due oscillanti orientamenti giurisprudenziali.
Innanzi tutto, in tema di presentazione dell’istanza di accertamento di conformità ex art. 36 D.P.R. 380/2001 ha statuito che l’art. 36, comma 1, D.P.R. 380/01 (già art. 13 della l. 47/85), fa riferimento, ai fini della presentazione dell’istanza di sanatoria, ai termini indicati negli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, e 34, comma 1, del medesimo D.P.R., ovverosia ai termini concessi nell’ingiunzione di demolizione al responsabile dell’abuso per ridurre in pristino lo stato dei luoghi prima che l’ordinanza venga eseguita dal comune.
Tale termine, per gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, come quello in questione, sanzionati in base al citato art. 31 del medesimo D.P.R., è di novanta giorni dall’ingiunzione a demolire (T.A.R. Campania, Sez. IV, 25 febbraio 2011, n. 1166)
In sostanza il termine di 90 giorni dall’ingiunzione a demolire previsto ex art. 31, comma 3, D.P.R. 380/01 (già art. 7, comma 3, l. 28 febbraio 1985, n. 47) per la presentazione della domanda di sanatoria presenta carattere perentorio nei casi di intervento edilizio realizzato in difetto di concessione e per cui sia stata emessa ingiunzione di demolizione (T.A.R. Bari Puglia sez. II, 15 dicembre 1994, n. 1525; Cass. pen., sez. II, 21 febbraio 1990)
L’art. 36 D.P.R. 380/01 nel prevedere espressamente un termine per la presentazione dell’istanza di sanatoria successivamente all’irrogazione dell’ordinanza di demolizione pone, infatti, un termine di decadenza alla facoltà del privato di chiedere l’accertamento di conformità, a meno di non volerne sostenere l’assoluta irrilevanza, pur a fronte del chiaro tenore della norma e della sua coerenza con la rilevata esigenza di celere definizione degli abusi edilizi che si conclude o la conservazione di opere edili conformi alla disciplina urbanistica vigente, ovvero con l’applicazione delle sanzioni ripristinatorie (T.A.R. Sicilia Catania Sez. I, 7 luglio 2010, n. 2871).
L’istanza di sanatoria presentata dopo la scadenza dei suddetti termini si presenta come irricevibile e non è in grado di esplicare alcuna efficacia sull’ordine demolitorio (T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 12 dicembre 2014 n. 6598).
Invece, con riferimento all’aspetto sanzionatorio relativo all’inottemperanza all’ordine di demolizione, ha confermato l’orientamento maggioritario secondo cui il proprietario dell’area sulla quale è stato commesso l’abuso può evitare l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale solo ove dimostri la sua assoluta estraneità all’abuso edilizio e manifesti il suo attivo interessamento, con i mezzi consentitigli dall’ordinamento, per la rimozione dell’opera abusiva, (Consiglio di Stato, IV, 3.5.2011 , n. 2639).
Già la Corte costituzionale, con sentenza n. 345 del 1991, ha avuto modo di precisare che l’acquisizione gratuita non può operare nei confronti del proprietario dell’area quando risulti, in modo inequivocabile, la sua completa estraneità al compimento dell’opera abusiva o che, essendone egli venuto a conoscenza, si sia adoperato per impedirlo con gli strumenti offertigli dall’ordinamento (T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. II, 06-02-2014, n. 223; T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, 19-07-2013, n. 1924; T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. II, 16-06-2006, n. 1256).
L’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area di sedime su cui insiste l’abuso, in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione, si configura come una sanzione prevista per l’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione ed, in quanto tale, essa si riferisce esclusivamente al responsabile dell’abuso edilizio e non può operare nella sfera giuridica del proprietario che sia rimasto estraneo all’abuso sulla cosa locata dal conduttore, locatario o affittuario (T.A.R. Umbria Perugia, 1 giugno 2007 , n. 477; TAR Campania, Napoli, II, 19 ottobre 2006, n. 8673; TAR Emilia Romagna, Bologna, II, 13 settembre 2006, n. 2053; TAR Toscana, III, 29 gennaio 2003, n. 121; TAR Marche, 2 ottobre 2001, n. 1105; Cons. Stato, V, 1 ottobre 1999, n. 1228).